Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32981 del 20/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 20/12/2018, (ud. 15/11/2018, dep. 20/12/2018), n.32981

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege,

dall’Avvocatura Generale dello Stato, ed elettivamente domiciliata

presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;

– ricorrente –

contro

PROGETTO LEGNO S.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta a

margine del controricorso, dall’Avv. Stasi Alessandra, del Foro di

Foggia, la quale ha indicato recapito PEC, ed elettivamente

domiciliata presso lo studio dell’Avv. Marsico Luigi, al viale

Regina Margherita n. 262 in Roma;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 54, pronunciata dalla Commissione Tributaria

Regionale della Puglia, sez. distaccata di Foggia, il 20.01.2011, e

pubblicata il 09.03.2011;

ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal Consiglier

DI MARZIO Paolo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte osserva:

la controricorrente società Progetto Legno Srl riceveva, il 28.3.2007, notifica della Cartella di pagamento n. (OMISSIS), con la quale l’Agenzia delle Entrate richiedeva il pagamento di quanto dovuto in conseguenza di un avviso di accertamento, relativo ai redditi 2003 e notificato il 14.9.2006, per l’importo di Euro 19.803,70, nonchè della somma di Euro 148.932,50 (poi rettificata in corso di causa nell’importo di Euro 9.401,82), ancora in relazione ai redditi 2003, in relazione al controllo automatizzato di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, in conseguenza di indebita compensazione. La Commissione Tributaria Provinciale di Foggia accoglieva il ricorso, osservando che la notifica dell’avviso di accertamento doveva considerarsi mai avvenuta, in quanto effettuata a mani di persona che risulta indimostrato avesse alcun rapporto con la società. Inoltre, in riferimento alle somme richieste in conseguenza di indebita compensazione, riteneva la pretesa illegittima perchè non preceduta dalla comunicazione alla società della liquidazione della dichiarazione dei redditi, e comunque era mancata pure la notifica dell’avviso di recupero credito.

L’Ente impositore ricorreva innanzi alla Commissione Tributaria Regionale di Foggia. Nel costituirsi la società controricorrente lamentava comunque il vizio di motivazione della cartella esattoriale. Il giudice di secondo grado confermava la decisione dei primi giudici, osservando che l’avviso di accertamento doveva ritenersi “illegittimamente notificato in quanto la contribuente ha dimostrato, con produzione documentale già nel giudizio di primo grado (certificazioni Camera di Commercio e copia del libro matricola), che la persona alla quale è stata effettuata la notifica non aveva alcun rapporto con la società, così fornendo la prova contraria alla legittima presunzione di validità della notifica. Nessuna comunicazione risulta effettuata alla società nè della liquidazione della dichiarazione dei redditi nè dell’avviso di recupero credito”, e tanto “comporta, nella fattispecie specifica, comunque, il difetto di motivazione della cartella e quindi per ciò stesso la sua nullità, correttamente pronunciata dai primi Giudici” (sent. CTR, p. 2 s.).

Avverso la decisione adottata dalla Commissione Tributaria Regionale di Bari, sez. distaccata di Foggia, ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidandosi a due motivi di ricorso. Resiste con controricorso Progetto Legno Srl.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – L’Ente impositore censura con il suo primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la decisione dei giudici dell’appello per aver ritenuto raggiunta la prova dell’estraneità della persona che ha ricevuto la notifica dell’avviso di accertamento alla società destinataria della comunicazione, essendo attestato nella relata che la stessa si è qualificata come “impiegata, autorizzata al ritiro, che firma”.

1.2. – Con il suo secondo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate contesta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “l’abusiva relazione stabilita dalla sentenza tra l’omesso avviso bonario, D.P.R. n. 600 del 1972, ex art. 36-bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, e la motivazione della cartella”. La motivazione della cartella deve infatti contenere soltanto gli elementi indicati al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, tutti presenti nell’atto in questione, e l’avviso bonario non è previsto debba essere notificato. Peraltro, “nella specie …. una volta riconosciuto l’iniziale errore di fatto” in materia di importo, “il recupero è stato limitato alla differenza tra quanto compensato e quanto dichiarato, e dunque è stato meramente adeguato alla dichiarazione, non lasciando spazio ad alcuna incertezza o utilità di discussione”.

2.1. – Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate contesta la decisione adottata dalla Commissione Tributaria Regionale per aver ritenuto raggiunta la prova che la persona la quale aveva ricevuto la notificazione dell’avviso di accertamento per conto della società odierna controricorrente, e si era qualificata come dipendente addetta alla ricezione, fosse effettivamente del tutto estranea alla società.

La società controricorrente ha proposto una pluralità di censure riguardanti la modalità di redazione del motivo di ricorso da parte della impugnante, contestando l’introduzione di nuove inammissibili questioni nel giudizio di cassazione. Le critiche, peraltro quasi esclusivamente relative al merito del giudizio, non involgono però la specifica questione che la Corte deve esaminare.

In materia di notifica di un atto giudiziario ad una persona giuridica, invero, questa Corte ha già avuto occasione di precisare, come compiutamente evidenziato da Cass. sez. 5, 12.11.2010, n. 22993, richiamata dalla ricorrente, che “il disciplinare le modalità di ricezione degli atti in maniera che essi siano consegnati ad una persona fisica all’uopo incaricata, costituisce un onere del legale rappresentante della persona giuridica, che va adempiuto non con disposizioni meramente interne, ma in maniera tale da richiamare in modo chiaro ed immediato l’attenzione dell’ufficiale giudiziario” (Cass., sez. 5, 20.7.2007 n. 16103). Inoltre, “in caso di notifica a persone giuridiche, con consegna ad una delle persone indicate nell’art. 145 c.p.c., comma 1, la legittimazione alla ricezione si presume per il solo fatto della presenza del soggetto nella sede sociale e dell’avvenuta accettazione dell’atto, mentre incombe sul destinatario l’onere della prova contraria” (Cass. sez. 5, 6.8.2002 n. 11804). Questi principi sono stati confermati e specificati anche dalla più recente giurisprudenza di legittimità in materia, la quale ha affermato che: “ai fini della regolarità della notificazione di atti a persona giuridica mediante consegna a persona addetta alla sede (art. 145 c.p.c., comma 1), senza che consti la previa infruttuosa ricerca del legale rappresentante e, successivamente, della persona incaricata di ricevere le notificazioni, è sufficiente che il consegnatario si trovi presso la sede della persona giuridica destinataria non occasionalmente ma in virtù di un particolare rapporto che, non dovendo essere necessariamente di prestazione lavorativa, può risultare anche dall’incarico, pur se provvisorio e precario, di ricevere le notificazioni per conto della persona giuridica. Ne consegue che, qualora dalla relazione dell’ufficiale giudiziario risulti la presenza di una persona che si trovava nei locali della sede, è da presumere che tale persona fosse addetta alla ricezione degli atti diretti alla persona giuridica, anche se da questa non dipendente, laddove la società, per vincere la presunzione in parola, ha l’onere di provare che la stessa persona, oltre a non essere una sua dipendente, non era neppure addetta alla sede per non averne mai ricevuto incarico alcuno”, Cass. sez. 6-5, 20.11.2017, n. 27420.

Nel caso di specie la Commissione Tributaria Regionale si è limitata a rilevare che la persona la quale aveva ricevuto la notifica dell’avviso di accertamento presso I de della società odierna controricorrente, e che si era qualificata come un’impiegata addetta alla ricezione, non era in realtà una lavoratrice dipendente della Progetto Legno Srl. Alla luce della giurisprudenza richiamata, che propone un orientamento consolidato e condivisibile, ed al quale si intende pertanto assicurare continuità, la valutazione operata dalla Commissione Tributaria regionale impugnata appare incompleta, ed il motivo di ricorso deve pertanto essere accolto.

2.2. – Con il secondo motivo di impugnazione, il ricorrente Ente impositore contesta la decisione assunta dalla Commissione Tributaria Regionale per aver stimato necessaria la comunicazione di un atto prodromico, prima di procedere alla notifica di cartella esattoriale, in relazione a controllo automatizzato della dichiarazione dei redditi effettuata ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, e comunque per aver ritenuto che la motivazione della cartella risultasse insufficiente, sebbene la stessa fosse stata redatta in modo conforme rispetto alla normativa vigente.

La Commissione Tributaria Regionale ha invero fondato la propria decisione su una duplice ratio, ed ha rilevato innanzitutto che il contribuente non aveva ricevuto, prima di risultare destinatario della cartella di pagamento, redatta ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, alcun atto prodromico. In proposito, questa Corte ha già precisato che “in tema di controlli delle dichiarazioni tributarie, l’attività dell’Ufficio accertatore, correlata alla contestazione di detrazioni e crediti indicati dal contribuente, qualora nasca da una verifica di dati indicati da quest’ultimo e dalle incongruenze dagli stessi risultanti, non implica valutazioni, sicchè è legittima l’iscrizione a ruolo della maggiore imposta ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, non essendo necessario un previo avviso di recupero”, Cass. sez. 6-5, 20.2.2017, n. 4360 (conforme, Cass. sez. 5, 22.3.2017, n. 7291). Tanto premesso, in relazione alla seconda ratio decidendi adottata dal giudice impugnato, e relativa al vizio di insufficiente motivazione della cartella esattoriale, questa Corte ha avuto modo di precisare che “in tema di riscossione delle imposte, sebbene in via generale la cartella esattoriale, che non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma costituisca il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria, debba essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo, tale obbligo di motivazione deve essere differenziato a seconda del contenuto prescritto per ciascuno tipo di atto, sicchè, nel caso in cui la cartella di pagamento sia stata emessa in seguito a liquidazione effettuata in base alle dichiarazioni rese dal contribuente ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, l’obbligo di motivazione può essere assolto mediante il mero richiamo a tali dichiarazioni perchè, essendo il contribuente già a conoscenza delle medesime, non è necessario che siano indicati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa”, Cass. sez. 5, 20.9.2017, n. 21804 (conforme, tra le altre, Cass. sez. 6-5, 7.6.2017). La Commissione Tributaria Regionale avrebbe dovuto evidenziare, pertanto, per quale ragione, nel caso di specie, il mero richiamo alla dichiarazione dei redditi da lei presentata non consentisse alla contribuente di comprendere esattamente i termini della pretesa tributaria.

Anche il secondo motivo di ricorso risulta pertanto fondato, e deve essere accolto.

Alla luce di quanto esposto devono essere, pertanto, accolti sia il primo sia il secondo motivo di ricorso/ con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Puglia, Sez. Foggia, in diversa composizione, procederà a nuovo giudizio nel rispetto dei principi innanzi esposti, provvedendo pure a disciplinare le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, cassa la decisione impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale di Puglia, Sez. Foggia, in diversa composizione, provvederà alla rinnovazione del giudizio, nel rispetto dei principi innanzi esposti, e disciplinerà anche le spese di lite del presente ricorso per cassazione.

Così deciso in Roma, il 15 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2018

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