Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32964 del 20/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 20/12/2018, (ud. 26/09/2018, dep. 20/12/2018), n.32964

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8604-2013 proposto da:

T.G., elettivamente domiciliata in ROMA VIA DELLE

MEDAGLIE D’ORO 169, presso lo studio dell’avvocato ITALA MANNIAS,

rappresentata e difesa dagli avvocati UMBERTO DI GIOVANNI, MATILDE

DI GIOVANNI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI SIRACUSA UFFICIO

CONTROLLI in persona del Direttore pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 37/2012 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

SIRACUSA, depositata il 06/02/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/09/2018 dal Consigliere Dott. CAVALLARI DARIO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

In seguito all’avvenuta registrazione di un atto pubblico rogato il 15 novembre 2008 dal Notaio P.E. di Siracusa, l’Amministrazione finanziaria ha notificato al suddetto notaio avviso di liquidazione delle imposte di registro ed ipocatastali per recuperare tali imposte con aliquota ordinaria, in quanto l’acquirente aveva chiesto, senza che ne ricorressero i presupposti, l’applicazione del beneficio fiscale L. n. 168 del 1982, ex art. 5, che consentiva di versare i menzionati tributi in misura fissa.

Infatti, l’agevolazione in questione non spettava poichè il Piano Particolareggiato di Ortigia, Comune di Siracusa, posto a fondamento dell’istanza L. n. 168 del 1982, ex art. 5, era già scaduto all’epoca di registrazione del trasferimento.

T.G., acquirente dell’immobile, e P.E. hanno impugnato l’avviso in questione davanti alla Commissione tributaria provinciale di Siracusa.

La Commissione tributaria provinciale di Siracusa, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 109/02/2010, ha estromesso P.E. ed accolto il ricorso di T.G..

L’Agenzia delle Entrate ha proposto appello.

La Commissione tributaria regionale di Palermo, Sez. dist. di Siracusa, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 37/16/12, ha accolto l’appello.

T.G. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.

La sola ricorrente ha depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo ed il secondo motivo di ricorso, che vanno trattati congiuntamente stante la loro stretta connessione, la ricorrente lamenta la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione della L. n. 457 del 1978, artt. 27 e 34 e della L. n. 1150 del 1942, art. 17, nonchè l’omessa, falsa ed erronea applicazione della L. n. 168 del 1982, art. 5 e la violazione degli artt. 112,113 e 115 c.p.c. e dell’art. 12 preleggi e, infine, la carenza di motivazione circa il fatto decisivo e controverso della sussistenza, applicabilità ed efficacia del piano di recupero dell’isolato di Ortigia adottato ed approvato con Delib. n. 178 del Consiglio comunale di Siracusa del 23 novembre 1998.

Preliminarmente deve essere ricostruito il quadro normativo della vicenda.

La legge n. 168 del 1982, art. 5 (Misure fiscali per lo sviluppo dell’edilizia abitativa) dispone che “Nell’ambito dei piani di recupero di iniziativa pubblica, o di iniziativa privata purchè convenzionati, di cui alla L. 5 agosto 1978, n. 457, art. 27 e segg., ai trasferimenti di immobili nei confronti dei soggetti che attuano il recupero, si applicano le imposte di registro, catastali e ipotecarie in misura fissa. Nello stesso ambito le permute sono esenti dall’imposta sull’incremento del valore sugli immobili e sono soggette alle imposte di registro, catastale e ipotecaria in misura fissa”.

La legge n. 457 del 1978, recante Norme per l’edilizia residenziale, a sua volta, prescrive all’art. 28 (Piani di recupero del patrimonio edilizio esistente) che “I piani di recupero prevedono la disciplina per il recupero degli immobili, dei complessi edilizi, degli isolati e de/le aree di cui al precedente art. 27, comma 3, anche attraverso interventi di ristrutturazione urbanistica, individuando le unità minime di intervento.

I piani di recupero sono approvati con la deliberazione del consiglio comunale con la quale vengono decise le opposizioni presentate al piano, ed hanno efficacia dal momento in cui questa abbia riportato il visto di legittimità di cui alla L. 10 febbraio 1953, n. 62, art.59. Ove la deliberazione del consiglio comunale di cui al comma precedente non sia assunta, per ciascun piano di recupero, entro tre anni dalla individuazione di cui al precedente art. 27, comma 3, ovvero non sia divenuta esecutiva entro il termine di un anno dalla predetta scadenza, l’individuazione stessa decade ad ogni effetto. In tal caso, sono consentiti gli interventi edilizi previsti dal precedente art. 27, commi 4 e 5. Per quanto non stabilito dal presente titolo si applicano ai piani di recupero le disposizioni previste per i piani particolareggiati dalla vigente legislazione regionale e, in mancanza, da quella statale”.

Infine, la L. n. 1150 del 1942, art. 16, cd. L. urbanistica, disciplina il procedimento di approvazione dei piani particolareggiati, in proposito prevedendo, tra l’altro, in particolare, al comma 5, che “col decreto di approvazione sono decise le opposizioni e sono fissati il tempo, non maggiore di anni dieci, entro il quale il piano particolareggiato dovrà essere attuato e i termini entro cui dovranno essere compiute le relative espropriazioni”.

Delineato in tal modo il profilo normativo che rileva, il ricorso è da respingere.

La giurisprudenza di legittimità si è già occupata della vicenda del piano particolareggiato di Ortigia e degli acquisti avvenuti dopo la scadenza del relativo termine decennale di durata.

Le corti di merito hanno affermato, talvolta, che il decorso del termine stabilito per l’esecuzione del piano rende comunque fermo l’obbligo di osservare, nella costruzione di nuovi edifici o nella modificazioni di quelli esistenti, gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti dal piano particolareggiato. Secondo questo orientamento sarebbe, quindi, penalizzante e non in linea con i canoni ermeneutici sostenere che il piano particolareggiato di Ortigia, continuando a spiegare i suoi effetti per le prescrizioni normative in esso contenute, non altrettanto possa fare sul lato dei benefici fiscali per i soggetti che a esso si conformano.

Peraltro, questa Sezione ha ritenuto infondate simili argomentazioni in rapporto alla ratio della previsione agevolativa (Cass., Sez. 5, n. 2399 del 2017, non massimata; Cass., Sez. 5, n. 2398 del 2017, non massimata; Cass., Sez. 5, n. 18673 del 2016, non massimata; Cass., Sez. 5, n. 7046 del 2014, Rv. 629939 – 01).

Infatti, la L. n. 168 del 1982, art. 5, comma 1, dettato in materia di piani di recupero (di iniziativa pubblica, o di iniziativa privata purchè convenzionati) di cui alla L. n. 457 del 1978, artt. 27 ss., subordina l’agevolazione fiscale consistente nell’applicazione, agli atti di trasferimento di immobili, delle imposte di registro, ipotecarie e catastali in misura fissa all’esistenza di un duplice requisito.

Il primo ha carattere oggettivo, costituito dall’inserimento dell’immobile in un piano di recupero di iniziativa pubblica o privata convenzionato.

Il secondo è di natura soggettiva, rappresentato dall’essere l’acquirente uno dei soggetti che attuano il recupero.

Da questa prospettiva, in coerenza con le finalità perseguite dal legislatore, discende che il beneficio spetta soltanto quando si realizzano tutti gli elementi che integrano la fattispecie normativa e che l’agevolazione è correlata alla effettiva attuazione del piano di recupero previsto all’atto del trasferimento dell’immobile. Perciò, ne resta giustificata la revoca ove si accerti la insussistenza dei prescritti requisiti, persino qualora la mancata attuazione in concreto del detto piano non sia imputabile a comportamento omissivo del contribuente (Cass., Sez. 5, n. 11786 del 12 maggio 2008, Rv. 603039 – 01).

In base ai citati parametri e tenuto conto che l’art. 5 de quo pone una norma di natura eccezionale, da interpretarsi restrittivamente con riferimento alla finalità perseguita dal legislatore di agevolare, sul piano tributario, lo sviluppo dell’edilizia abitativa, ritiene il collegio che i motivi di impugnazione siano infondati.

Infatti, è pacifico che, all’atto della vendita (2008), l’immobile compravenduto non era inserito in un piano di recupero vigente, dal momento che quello relativo al quartiere di Ortigia, risalente al 1990, era scaduto nel 2000.

Sostiene la ricorrente che, però, il giudice di secondo grado non avrebbe rilevato che, con Delib. del Consiglio comunale del 23 novembre 1998, poi confermata con Delib. del medesimo organo del 10 maggio 2005, il Comune di Siracusa aveva attribuito al piano particolareggiato in questione valore di piano particolareggiato di recupero convenzionato, ai sensi della L. n. 457 del 1978, artt. 27 ss., consentendo ai proprietari che attuavano il recupero le agevolazioni fiscali previste dalla legge cd. Formica (la menzionata L. n. 168 del 1982).

L’argomentazione è priva di pregio.

Preliminarmente si sottolinea che, come sopra evidenziato, l’agevolazione oggetto del contendere spetta agli atti di trasferimento con riferimento agli strumenti urbanistici con riguardo ai quali è espressamente richiesta e che, dunque, vanno indicati nell’atto di vendita.

Nella specie, come accertato dal giudice di merito e non contestato nella presente sede, all’epoca della cessione la detta agevolazione è stata domandata con riferimento al piano di recupero di Ortigia di cui alla L.R. n. 70 del 1976 e alla L.R. n. 34 del 1985.

Tali leggi, però, sono quelle in base alle quali è stato adottato il piano particolareggiato del 1990 e non riguardano, al contrario, direttamente le Delib. comunali del 1998 e del 2005, le quali sono fondate sulla L. n. 457 del 1978, art. 34.

Se ne ricava che lo strumento urbanistico che doveva essere in vigore al tempo della cessione era il piano particolareggiato del 1990, scaduto, però, nel 2000.

Inoltre, si osserva che la L. n. 457 del 1978, art. 34, stabiliva che ai piani particolareggiati già approvati alla data della sua entrata in vigore, e finalizzati al risanamento del patrimonio edilizio esistente, i comuni potevano attribuire, con delibera del consiglio comunale, il valore di piani di recupero, con conseguente applicazione delle disposizioni del relativo titolo.

Peraltro, queste delibere non potevano servire a fare decorrere nuovamente dall’inizio il termine di efficacia del piano particolareggiato, ma solo a rendere efficace la normativa di cui alla L. n. 457 del 1978, artt. 27 ss..

Perciò, non può condividersi che, con delibere del consiglio comunale L. n. 457 del 1978, ex art. 34, il beneficio fiscale oggetto di discussione sia stato esteso oltre il termine di durata massimo di legge, fissato in 10 anni, del piano particolareggiato in relazione al quale è stato richiesto.

Infine, si sottolinea che, come sopra precisato, la L. n. 168 del 1982, art. 5, nel prevedere l’applicazione dell’imposta di registro in misura fissa per gli atti di trasferimento di immobili compresi nei piani di recupero di cui alla L. n. 457 del 1978, art. 27, pone una norma (istitutiva dell’agevolazione in esame) di natura eccezionale, da interpretarsi restrittivamente.

L’equipollenza tra piano di recupero e piano particolareggiato non può intendersi, allora, generalizzata, ma va limitata, come stabilito dalla L. n. 457 del 1978, art. 34, ai piani particolareggiati già approvati alla data di entrata in vigore della legge e finalizzati al risanamento del piano edilizio esistente (Cass., Sez. 5, n. 2397 del 31 gennaio 2017, Rv. 642535 – 01; Cass., Sez. 2, n. 9175 dell’11 luglio 2000, Rv. 538365 – 01).

Nella specie, però, il piano particolareggiato è del 1990 e, quindi, successivo alla legge in questione.

Ne consegue il rigetto dei motivi di gravame.

2. Il ricorso va, pertanto, respinto.

3. Le spese di lite seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e sono liquidate come in dispositivo.

Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 30 maggio 2002, art. 13, il comma 1-quater, dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata, trattandosi di ricorso per cassazione la cui notifica si è perfezionata successivamente alla data del 30 gennaio 2013 (Cass., Sez. 6 – 3, sentenza n. 14515 del 10 luglio 2015).

P.Q.M.

La Corte,

rigetta il ricorso;

condanna la ricorrente a rifondere le spese di lite alla parte controricorrente, che liquida in complessivi Euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art.1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 26 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2018

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