Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32948 del 20/12/2018

Cassazione civile sez. III, 20/12/2018, (ud. 08/11/2018, dep. 20/12/2018), n.32948

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17927-2017 proposto da:

GENERALI ITALIA SPA, (OMISSIS), in persona dei legali rappresentanti

p.t., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE ROBERTO ARDIGO’

31, presso lo studio dell’avvocato ARCANGELO D’AMBROSIO,

rappresentata e difesa dall’avvocato CESARE RUFFILLI giusta procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

N.D., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DEL

BISCIONE, 95, presso lo studio dell’avvocato ANTONELLA ALTIERI,

rappresentato e difeso dagli avvocati ANGELO COPPOLA, PIETRO SEPE

giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

nonchè contro

N.A., A.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2071/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 12/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/11/2018 dal Consigliere Dott. PASQUALE GIANNITI.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

1. La Corte di appello di Napoli con sentenza n. 2071/2017 accogliendo l’appello già proposto da N.A. e A.L., quali genitori di D., nelle more divenuto maggiorenne ed intervenuto nel giudizio – ha riformato la sentenza n. 511/2012 del Tribunale di Avellino; e, per l’effetto – ritenuta la responsabilità esclusiva nella causazione del sinistro per cui era processo del conducente di un veicolo rimasto non identificato – ha condannato la Generali Assicurazione S.p.a. FGVS al pagamento della somma di Euro 64.942,80 a titolo di risarcimento del danno in favore dell’appellante N.D., oltre interessi al tasso legale sulla somma iniziale di Euro 49.199,09 (così devalutata alla data del sinistro la somma predetta) poi anno per anno rivalutata, in base agli indici ISTAT FOI, dal 13 settembre 2000 all’attualità ed oltre ulteriori interessi al tasso legale sul dovuto dalla pronuncia al saldo.

2. Era accaduto che nel novembre 2001 i coniugi N.A. e A.L., quali genitori esercenti la potestà genitoriale sul figlio minore D., avevano convenuto davanti al Tribunale di Avellino la compagnia assicuratrice Generali, deducendo che: a) in data (OMISSIS) alle ore 18:30 loro figlio minore, di nome D., mentre percorreva alla guida di una bicicletta la (OMISSIS), all’altezza di un incrocio, era stato travolto da un’autovettura, che, dopo averlo scaraventato a terra, si era data alla fuga; b) a causa dell’imprudenza e dell’imperizia del conducente del veicolo pirata, il loro figlio N.D., a seguito dell’urto, aveva riportato lesioni gravi. Sulla base delle suddette premesse fattuali, avevano chiesto la declaratoria di esclusiva responsabilità del conducente del veicolo investitore rimasto ignoto e la conseguente condanna della Generali Assicurazioni S.p.a., quale impresa designata in nome del F.G.V.S., al risarcimento dei danni subiti.

Si era costituita la Compagnia assicuratrice, contestando la domanda.

Il Tribunale di Avellino, espletata l’istruttoria (e, in particolare assunta la prova orale alle udienze del 8/10/2004 e 21/4/2005) con sentenza n. 511/2012 aveva rigettato la domanda compensando interamente le spese processuali tra le parti.

Avverso tale pronuncia avevano proposto appello i coniugi N.A. e A.L., che avevano contestato la decisione del primo giudice nella parte in cui, con una motivazione insufficiente e contraddittoria, aveva rigettato la domanda attorea, in quanto:

– aveva ritenuto la domanda non provata, a seguito della declaratoria di inutilizzabilità delle dichiarazioni testimoniali, in spregio alle disposizioni di cui all’art. 2967 c.c. ed alla L. n. 990 del 1969, art. 19 lett. A) della così incorrendo anche in vizio revocatorio;

– aveva ritenuto che la querela, da essi prodotta, non costituiva di per sè prova del fatto che il sinistro, occorso al loro figlio D., fosse avvenuto a causa di un veicolo sconosciuto;

– aveva ritenuto non operativa – nel caso disciplinato dalla L. n. 990 del 1969, art. 19, lett. A) – la presunzione di cui all’art. 2054 c.c., commi 1 e 2, e la presunzione di cui all’art. 116 c.p.c.;

– aveva ritenuto inutilizzabile, ai fini di cui alla L. n. 990 del 1969, art. 19, lett. A) la c.t.u. medico – legale espletata nel corso del giudizio, in violazione dell’art. 61 c.p.c., ed in spregio alla regola di giudizio di cui all’art. 2967 c.c. ed a quella di cui all’art. 116 c.p.c.;

– aveva omesso la valutazione della fondatezza della domanda giudiziale in ragione delle prove acquisite in atti, ai fini della sussistenza dei presupposti di cui alla L. n. 990 del 1969, art. 19, lett. Ae delle condizioni di cui agli artt. 2043-2054 C.c. e del principio di cui all’art. 116 c.p.c.

Tanto dedotto gli appellanti avevano concluso chiedendo che, in riforma della sentenza impugnata, fosse accertata e dichiarata l’esclusiva e/o concorrente responsabilità del conducente il veicolo rimasto sconosciuto, investitore del minore N.D. nelle circostanze di tempo e di luogo, di cui all’atto introduttivo del giudizio di primo grado; con conseguente condanna delle Generali Assicurazioni Spa – Gestione F.G.V.S. in Campania, per conto della Consap, al pagamento in loro favore della complessiva somma di Euro 126.000,00 (ovvero di quella ritenuta di giustizia), oltre interessi e rivalutazione come per legge dal fatto sino al soddisfo; vinte le spese del doppio grado di giudizio con attribuzione ai difensori antistatari.

Si era costituita anche nel giudizio di appello la Generali Assicurazione S.p.a., contestando i motivi dell’impugnazione e chiedendo: in via principale, di dichiarare con ordinanza l’inammissibilità del gravame con vittoria di spese; in via subordinata, di rigettare comunque il gravame e, per l’effetto, di confermare integralmente la sentenza impugnata, condannando gli attori/appellanti al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.

Nelle more del giudizio di appello era intervenuto volontariamente ex artt. 105 e 344 C.p.c., N.D., figlio dei coniugi N. – A., che, essendo nato il (OMISSIS), era divenuto maggiorenne nelle more del giudizio e si era sostituito definitivamente ai propri genitori, ratificando in tal modo l’attività processuale fino a questo momento posta a su vantaggio; nello specifico aveva fatto proprio l’atto di appello spiegato dagli originari appellanti e, contestando la decisione del primo giudice, aveva chiesto, previa declaratoria di ammissibilità del suo intervento, di riformare la sentenza impugnata e per l’effetto, acclarata l’esclusiva e/o concorrente responsabilità del conducente del veicolo investitore rimasto sconosciuto, di condannare le Generali Assicurazioni S.p.a. – Gestione F.G.V.S.- al pagamento in suo esclusivo favore della complessiva somma di Euro 126.000,00 ovvero della diversa somma, ritenuta di giustizia, oltre interessi e rivalutazione come per legge dal fatto sino al soddisfo; vinte le spese del doppio grado di giudizio con attribuzione.

La Corte di appello di Napoli, acquisito il fascicolo di primo grado, con la impugnata sentenza ha integralmente riformato la sentenza di primo grado nei termini sopra ricordati.

3. Avverso la sentenza della Corte territoriale ricorre la Compagnia Generali Italia s.p.a.

Resiste con controricorso N.D..

In vista dell’odierna adunanza, il contro ricorrente deposita memoria a sostegno del controricorso.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Il ricorso è affidato a 2 motivi.

Precisamente la compagnia Generali Italia s.p.a. – Gestione F.G.V.S. in Campania per conto di Consap, denuncia:

-con il primo motivo, articolato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5: violazione degli artt. 183 e 184 c.p.c.(nel regime processuale, di cui alla L. 26 novembre 1990, n. 353, prima delle modifiche introdotte dalla L. 14 maggio 2005, n. 80 e della L. 28 dicembre 2005, n. 263) nella parte in cui la Corte territoriale ha erroneamente ritenuto tempestiva l’indicazione a verbale, all’udienza del 22/1/2004, dei testi escussi in primo grado. Deduce che – anche a voler ritenere che la prova per testi poteva essere articolata a verbale prima della decorrenza dei termini di cui all’art. 184 c.p.c. nella formulazione all’epoca vigente, mentre erano intempestivi tutti i testi indicati dopo il 28/5/2003 – dai verbali, fedelmente trascritti in ricorso, si evince che gli unici testi, che potevano essere escussi, erano quelli indicati all’udienza del 28/3/2003 (e cioè C.R. e Am.Vi.); al contrario non potevano essere escussi i testi M. e A.N., in quanto indicati all’udienza del 22/1/2004 (e cioè oltre i termini di cui all’art. 184 c.p.c. e, quindi, tardivamente). In definitiva, secondo la compagnia ricorrente, la dichiarazione testimoniale resa da A.M. all’udienza del 8/10/2004 è stata erroneamente ritenuta utilizzabile, ragion per cui la sentenza emessa sulla base di detta testimonianza dovrebbe essere cassata ed il giudice di rinvio dovrebbe decidere la causa soltanto sulla base della testimonianza validamente assunta;

-con il secondo motivo, articolato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4: omesso esame dei seguenti fatti decisivi e controversi tra le parti: il fatto che le dichiarazioni rese in sede di libero interrogatorio, da N.A. all’udienza dell’8/10/2004 svoltesi davanti al Tribunale di Avellino, supportate da riscontri oggettivi (e conformi a quelle rese nell’immediatezza del fatto al drappello di PS presso l’Ospedale (OMISSIS)), erano in contrasto con le dichiarazioni dei testi A.M. e C.R.; il fatto che le dichiarazioni rese da N.A. in punto di assenza della moglie al momento del ricovero del figlio erano in contrasto con quanto indicato nella lettera di messa in mora inviata dal legale dei coniugi. In definitiva, secondo la compagnia ricorrente, nel caso di specie, come peraltro indicato nell’anamnesi patologica riportata nella cartella ospedaliera, sì sarebbe trattato di una mera caduta accidentale in conseguenza della quale N.D., all’epoca minore, si sarebbe procurato le lamentate lesioni. E la Corte di appello, se avesse considerato tutti i suddetti fatti, avrebbe ritenuto inattendibili i testi escussi e sarebbe pervenuta a una diversa decisione della controversia.

2. Il ricorso è inammissibile.

2.1. Inammissibile è il primo motivo.

Invero – premesso e ribadito che, per consolidato orientamento di questa Corte le nullità, relative all’ammissione ed all’espletamento della prova testimoniale devono essere fatte valere nella prima difesa successiva al loro verificarsi o a quando la controparte ne viene a conoscenza – occorre rilevare che la Compagnia ricorrente sostiene che il procuratore delle Generali s.p.a. si sarebbe opposto all’ammissione della prova ex adverso richiesta e, in particolare, avrebbe più volte reiterato l’eccezione della irrituale indicazione del testimone A.M., ma incorre nella violazione del disposto di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, laddove: a) non riporta integralmente il contenuto del processo verbale dell’udienza del 22 gennaio 2004; b) omette di trascrivere il contenuto dell’ordinanza ammissiva di prova testimoniale e della successiva ordinanza di revoca; c) non allega al ricorso i verbali richiamati dai quali dovrebbe risultare, in particolare, la specifica contestazione dell’irrituale escussione del teste A.M..

D’altronde la compagnia deduce di essersi lamentata in atto di appello della correttezza della sentenza di primo grado in punto di inutilizzabilità della prova espletata in primo grado, ma dimentica di non aver onerato la Corte territoriale dello scrutinio del rilievo dell’intempestività dell’indicazione dei testi alla citata udienza del 22 gennaio 2014. E, così facendo, finisce inammissibilmente con il porre a questa Corte questioni nuove, già coperte da giudicato interno.

2.2. Parimenti inammissibile è il secondo motivo.

Invero, la Compagnia, nell’illustrare in ricorso il motivo in esame, fa riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito (in particolare, alla comparsa conclusionale di primo grado, nonchè alla comparsa di costituzione e comparsa conclusionale del giudizio di appello), che tuttavia, sempre in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, non riproduce e non indica e, così facendo, non pone questa Corte nelle condizioni di poter verificare il fondamento del ricorso sulla base delle sole deduzioni in esso contenute.

D’altronde, la Corte territoriale ha ampiamente spiegato (cfr. pp. 7-11) le ragioni per le quali ha ritenuto provato che la responsabilità dell’evento dannoso per cui è processo si era verificato esclusivamente per responsabilità del conducente del veicolo, rimasto ignoto, argomentando: oltre che sulle dichiarazioni del teste A.M. e C.R., anche sulle risultanze dell’intero fascicolo del procedimento penale – ed in particolare sulle dichiarazioni rese dal minore infortunato pochi giorni dopo l’incidente – nonchè sulle risultanze dell’espletata ctu (che aveva collegato le riscontrate lesioni a causa violente, fortuita ed esterna, quale per l’appunto è l’impatto con un veicolo).

E la compagnia ricorrente, a fronte di detta ampia e congrua motivazione, pur denunciando formalmente il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo e controverso, nella sostanza sollecita un riesame nel merito dell’intera vicenda processuale, riesame che, come è noto, è inammissibile in sede di legittimità.

3. Per le ragioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue che parte ricorrente deve essere condannata alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla controparte, nonchè al pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge e pure indicato in dispositivo.

PQM

La Corte:

– dichiara inammissibile il ricorso;

– condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, sostenute da N.D. spese che liquida in Euro 7.200, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera della compagnia ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 8 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2018

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