Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3294 del 08/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 08/02/2017, (ud. 09/12/2016, dep.08/02/2017),  n. 3294

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19250-2015 proposto da:

BANCA VALSABBINA SCPA, in persona del Direttore Generale,

elettivamente domiciliata in ROMA, P.ZA CAIROLI 6, presso lo studio

dell’avvocato GUIDO ALFA, che la rappresenta e difende giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

STEFANA SPA;

– intimata –

avverso il Decreto n. R.G. 105/2015 della CORTe D’APPELLO di BRESCIA

del 13/05/2015, depositato il 29/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GENOVESE FRANCESCO

ANTONIO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che il consigliere designato ha depositato, in data 20 luglio 2015, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380 – bis c.p.c.:

“Con decreto pubblicato in data 29 maggio 2015, la Corte di appello di Brescia ha dichiarato inammissibile il reclamo L.Fall., ex art. 26, proposto dalla Banca Valsabbina Spa avverso i provvedimenti del Tribunale di Brescia autorizzativi della sospensione dei contratti bancari richiesti, ai sensi della L.Fall. art. 169 bis, dalla Stefana Spa. La Corte di merito ha rilevato che, stante l’avvenuta comunicazione dei provvedimenti alla banca da parte della società tramite PEC, il reclamo era stato depositato oltre il termine di 10 giorni dalla comunicazione L.Fall., ex art. 26, comma 3.

Avverso il decreto ha proposto ricorso per cassazione la Banca Valsabbina con atto notificato il 28 luglio 2015, sulla base di un unico motivo, con il quale lamenta violazione e falsa applicazione della L.Fall., art. 26. La ricorrente ha argomentato per l’inidoneità della comunicazione tramite PEC dei provvedimenti reclamati effettuata dalla società Stefana ai fini del decorso del termine breve di impugnazione di cui alla L.Fall., art. 26, non essendo siffatta comunicazione equiparabile al potere attribuito dalla L.Fall., art. 26, comma 3, al curatore di provvedere direttamente alla comunicazione degli atti. La ricorrente ha poi soggiunto che, pur essendo contraddittore necessario, non era stata chiamata a partecipare al procedimento svoltosi innanzi al Tribunale, in violazione dei principi del contraddittorio e del giusto processo, e che nessuna formalità pubblicitaria dei provvedimenti emessi era stata disposta dal Tribunale.

La società Stefana non ha svolto difese.

Il ricorso appare manifestamente infondato, in quanto il ragionamento svolto dal ricorrente pur suggestivamente incentrato sulla peculiare connotazione della figura del curatore nel contesto precettivo di cui alla L.Fall., art. 26, comma 3, non è in armonia con quanto già affermato da questa Corte (Cass., Sez. 1, sentenza n. 4698 del 2011) in tema di reclamo L.Fall., ex art. 26, e cioè che, con le modifiche apportate alla norma dal D.Lgs. n. 5 del 2006 e dai successivi provvedimenti normativi, il legislatore ha in gran parte recepito l’orientamento che già da un ventennio si era formato nella giurisprudenza di questa Corte, a seguito dei noti interventi operati sulla norma dalla Corte Costituzionale: nucleo essenziale di tale orientamento, che il Collegio condivide, è che la comunicazione del decreto del Giudice delegato, dalla quale inizia a decorrere il termine per proporre reclamo, deve effettuarsi ai sensi dell’art. 136 c.p.c. e ss., ovvero in forme equipollenti, “dovendo in ogni caso risultare in modo certo la effettiva presa di conoscenza dell’integrale contenuto del provvedimento da parte dell’interessato, e la data in cui questa è avvenuta” (in tal senso si v. anche Cass., sentenza n. 12732 del 2011), sicchè solo in assenza di tali riscontri opera il termine lungo per la proposizione del reclamo (in tal senso anche Cass., Sez. 1, sentenza n. 4783 del 2010, richiamata dalla Corte di appello).

D’altro canto, diversamente da quanto argomentato dalla ricorrente circa la specialità della L.Fall., art. 26, comma 3, (come tale, in tesi, insuscettibile di interpretazione estensiva o analogica), deve ritenersi (Cass., Sez. 1, sentenza n. 13565 del 2012, in tema di applicabilità della L.Fall., art. 26, anche al ricorso per cassazione) che l’espressa previsione della decorrenza del termine per impugnare dalla comunicazione o dalla notificazione del provvedimento, in linea con l’analoga disciplina delle impugnazioni allo stato passivo (L.Fall., art. 99), non costituisce deroga ad una regola generale (come tale, soggetta al canone di stretta interpretazione), bensì “espressione di un principio informatore della lex specialis, consentaneo con la natura concorsuale dei diritti fatti valere”, caratterizzati da esigenze di speditezza delle relative procedure.

In definitiva, l’avvenuta integrale comunicazione tramite PEC del provvedimento alla ricorrente appare idonea ad escludere, in ragione delle peculiari esigenze di speditezza delle procedure concorsuali, la denunciata lesione del principio del contraddittorio e del giusto processo.

Va pertanto disposto il giudizio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., e 375 c.p.c., n. 5″.

Considerato che la ricorrente Banca Valsabbina ha depositato memoria con la quale, limitandosi a ripetere le argomentazioni svolte nel ricorso ex art. 111 Cost.,non ha offerto elementi di giudizio suscettibili di superare le considerazioni contenute nella proposta di definizione del giudizio;

che il Collegio, nondimeno, deve preliminarmente rilevare come nei provvedimenti impugnati non possano ravvisarsi i caratteri della definitività e decisorietà che consentano di equipararli (ai fini dell’applicazione della norma costituzionale e quindi della ricorribilità in Cassazione) alle sentenze;

che, infatti, deve essere ribadito il principio di diritto (Cass. Sez. 6-1, Ord. n. 4176 del 2016)secondo cui “in tema di concordato preventivo con riserva, è inammissibile il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., avverso il decreto con il quale il tribunale, nell’assegnare il termine per la presentazione della proposta, del piano e della documentazione, abbia altresì autorizzato, ai sensi della L.Fall., art. 169 bis, la sospensione di contratti (nella specie, bancari per anticipazione su effetti) in corso di esecuzione, trattandosi di provvedimento privo dei requisiti della decisorietà e della definitività”, a cui deve essere data continuità in questa sede;

che, pertanto, il ricorso per cassazione così proposto deve essere dichiarato inammissibile con le conseguenze che ne derivano in ordine al raddoppio del contributo unificato (non anche in ordine alle spese id lite, non avendo l’intimata svolto attività difensiva, in questa sede).

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 6-1 sezione civile della Corte di cassazione, il 9 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2017

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