Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32937 del 20/12/2018

Cassazione civile sez. III, 20/12/2018, (ud. 18/09/2018, dep. 20/12/2018), n.32937

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9408-2016 proposto da:

EDILE 2000 SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore

BA.NE., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 9,

presso lo studio dell’avvocato GIORGIO DE ARCANGELIS, rappresentata

e difesa dall’avvocato ALESSANDRO GRACIS giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

D.V.G., DE.CO.VI., C.V.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 702/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 17/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/09/2018 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ALESSANDRO PEPE che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato ALESSANDRO GRACIS.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2006, De.Co.Vi. e C.V. convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Treviso, sezione distaccata di Conegliano, la società Edile 2000 S.r.l., B.L. e l’ing. D.V.G. al fine di ottenerne la condanna solidale al risarcimento dei danni subiti all’edificio di cui gli stessi attori erano assegnatari.

Esposero che la società convenuta, proprietaria di un lotto posto ad un livello inferiore rispetto a quello ove era posto l’edificio degli attori, aveva avviato la progettazione di due nuovi fabbricati; che nel corso della realizzazione del primo fabbricato, si era verificato un franamento del pendio che divideva i lotti; che a seguito di ciò era stata commissionata una perizia geologica da cui erano emersi problemi di stabilità del pendio e che aveva suggerito la realizzazione di idonei sistemi di prevenzione prima di iniziare le operazioni di scavo; che tuttavia la Edile 2000, avvalendosi della ditta appaltatrice B.L. e del progettista-direttore dei lavori ing. D.V., aveva iniziato la costruzione del secondo fabbricato senza adottare le misure precauzionali suggerite nella perizia, provocando nuovi franamenti e danni all’edificio degli attori.

Si costituì la Edile 2000, negando ogni responsabilità e rilevando di aver affidato l’esecuzione dell’opera all’impresa B.L., che aveva eseguito i lavori in piena autonomia.

Aggiunse che gli attori avevano ottenuto sequestro conservativo per la somma di Euro 180.000 sul patrimonio immobiliare della Edile 2000, arrecando a quest’ultima – la cui attività consisteva proprio nella compravendita di immobili – gravissimi danni, di cui chiese, in via riconvenzionale, il risarcimento.

In via subordinata, la società convenuta chiese di essere tenuta indenne da B.L. e D.V.G.d.t.l.s.c.l.d.s.s.c.a.p.a.a.e.d.e.r.d.s.d.d.p.a.s.d.s.c.

S.c.a.Dalla Val Giorgio ,.a.c.l.o.d.l.p.e.i.e.c.e.

L.Bernaus r.c.

3.G.i.i.Dalla Val Giorgio,.Bernaus Luigino,. D.C.V. e C.V. non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.1. Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta la “omessa motivazione sul perchè i numerosi danni determinati alla cliente dal sequestro conservativo in corso di causa promosso dai terzi danneggiati – quali le spese di trasferimento, riduzione e cancellazione del sequestro, le spese per consulenze del geologo, del notaio, del legale, il costo del denaro non rimborsato dalla banca, il lucro cessante da fermo di attività commerciale – non dovessero essere per la Corte di prossimità conseguenze normali del comportamento colposo del direttore dei lavori, mentre quelli consistiti nel costo del processo di cognizione patrocinato dagli stessi danneggiati (nel cui corso quel sequestro era stato concesso), erano stati considerati tali e posti a carico integrale dei professionisti inadempienti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4)”.

L’argomentazione utilizzata dalla Corte di merito per escludere il risarcimento dei danni determinati dal sequestro conservativo, secondo cui la cautela endoprocessuale sarebbe stato un accadimento successivo assolutamente imprevedibile o eccezionale rispetto all’inadempimento contrattuale dell’ingegnere e dell’appaltatore rispetto alla committente, sarebbe una mera petizione di principio.

Inoltre, l’argomentazione aggiuntiva secondo cui una simile conclusione si giustifica anche con la circostanza che la Edile 2000, con la propria condotta colposa nei confronti dei terzi danneggiati, avrebbe favorito il verificarsi dei danni, sarebbe incompatibile con la statuizione contenuta nella stessa sentenza circa l’integrale accoglimento della domanda di responsabilità contrattuale verso D.V. e B..

4.2. Con il secondo motivo, la società ricorrente si duole, con riferimento all’argomentazione che il sequestro conservativo era stato concesso in favore di terzi danneggiati anche sul presupposto di un comportamento colposo autonomo della committente Edile 2000, della violazione del giudicato interno (art. 2909 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), nonchè dell’art. 1227 c.c., comma 1 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.

La sentenza della Corte d’appello avrebbe errato nel fondare la pronuncia di rigetto della domanda intesa ad ottenere il riconoscimento dei danni derivanti dall’aver subito il sequestro conservativo (anche) sull’argomentazione che tale sequestro era stato la conseguenza di un comportamento colposo della propria cliente, a prescindere dalla condotta dei corresponsabili B. e D.V..

Infatti, nessuna rilevanza giuridica poteva avere, nella causa di regresso e di risarcimento danni contrattuali verso l’ingegnere, fondata sull’inadempimento di un’obbligazione contrattuale, la condotta della cliente, essendo già intervenuto l’accertamento definitivo della esclusiva responsabilità dei co-convenuti, con esclusione, nei rapporti interni, di qualsivoglia concorso causale della committente nella causazione non solo dei danni ai terzi, ma anche dei danni al patrimonio della stessa committente.

Inoltre, l’argomentazione violerebbe anche l’art. 1227 c.c., comma 1, in quanto il fatto colposo della creditrice non potrebbe consistere nella mancata vigilanza nel rispetto delle norme edilizie da parte del proprio ingegnere, essendo impredicabile un dovere della committente di supervisionare l’operato del professionista incaricato.

4.3. Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta “omesso esame di una domanda regolarmente versata in giudizio (art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4)”.

La sentenza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto che il Tribunale di Treviso si fosse pronunciato su tutte le domande.

In realtà, come ammette anche la Corte d’appello, il giudice di primo grado avrebbe escluso espressamente i soli danni da violazione dell’immagine e da lucro cessante. L’ulteriore domanda di risarcimento dei danni emergenti connessi al sequestro conservativo (in particolare il costo degli interessi passivi bancari) non sarebbe quindi stata scrutinata.

4.4. Con il quarto motivo, la Edile 2000 si duole, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, della “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1223 c.c. in relazione alla teoria della causalità adeguata, per non aver incluso tra le conseguenze normali dell’inadempimento dell’ing. D.V. alla diligenza del bravo professionista, anche il sequestro conservativo (richiesto dai terzi confinanti) ed eseguito a carico della di lui cliente e i danni che ne sono derivati al patrimonio della cliente stessa”.

Contrariamente a quanto affermato dalla Corte d’appello, applicando il criterio della causalità adeguata, i danni derivanti dall’avvenuta concessione del sequestro conservativo risulterebbero eziologicamente ricollegabili all’inadempimento del direttore dei lavori, senza il quale non vi sarebbe stato lo smottamento del terreno, nè il processo risarcitorio instaurato dai terzi ed il relativo sequestro.

Infatti, un professionista dotato di esperienza quantomeno ventennale nel settore edile non poteva non essere consapevole delle conseguenze giudiziali connesse ad eventuali dissesti cagionati agli immobili dei vicini, e in particolare, che un danneggiato da attività edilizia potesse ottenere un sequestro conservativo, in corso di causa, sulle proprietà della propria committente.

4.5. Con il quinto motivo, la ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la “violazione dell’art. 91 c.p.c. e art. 92 c.p.c., comma 1 per aver liquidato, con riferimento al primo grado processuale (celebratosi dal 2006 al 2010) ed al sistema tariffario dei diritti ed onorari di cui al D.M. n. 127 del 2004, i costi processuali di soccombenza dell’ing. D.V. nei confronti della propria committente Edile 2000, senza parametrarne il valore, specie per la fase della procedura cautelare, all’entità (Euro 180.000) del concesso sequestro in corso di causa e senza provvedere nella liquidazione delle spese al riconoscimento di quelle peritali di parte documentato in Euro 600”.

La sentenza di appello avrebbe liquidato le spese di primo grado in favore della Edile 2000 senza considerare la fase della sub procedura cautelare. L’importo liquidato, pari a Euro 3.800 per onorari, Euro 2.100 per diritti ed Euro 300 per spese, si giustificherebbe infatti solo con riferimento all’importo della condanna risarcitoria e non con riferimento alla complessa fase cautelare endoprocessuale, caratterizzata da una cospicua attività difensiva.

Inoltre, le spese indicate in nota (in particolare quella per il consulente di parte, indicata in Euro 600), avrebbero trovato, immotivatamente, solo parziale rimborso.

5. Per ragioni di ordine logico, occorre preliminarmente esaminare il terzo motivo di ricorso, il quale si appalesa inammissibile, non sussistendo l’interesse all’impugnazione.

Infatti, l’eventuale accoglimento della censura non porterebbe alcun risultato utile per la ricorrente, avendo la Corte d’appello integrato la pronuncia di rigetto di primo grado – effettivamente limitata ai soli danni da lesione dell’immagine e da lucro cessante – riferendosi genericamente a tutti i danni lamentati dalla Edile 2000 quale conseguenza del sequestro immobiliare.

6. Il primo, il secondo ed il quarto motivo possono essere esaminati congiuntamente, avendo ad oggetto, sotto diversi profili, il medesimo capo della pronuncia di appello. I motivi sono infondati.

Nel respingere la domanda, proposta dalla Edile 2000 nei confronti del B. e del D.V., di risarcimento dei danni derivanti dal sequestro ottenuto dagli originari attori a carico della stessa Edile 2000, la Corte territoriale ha inteso applicare il principio di diritto secondo cui “l’ambito del danno risarcibile per inadempimento contrattuale è circoscritto dal criterio della cosiddetta regolarità causale, nel senso che sono risarcibili i danni diretti ed immediati, ed inoltre i danni mediati ed indiretti che rientrano nella serie delle conseguenze normali del fatto, in base ad un giudizio di probabile verificazione rapportato all’apprezzamento dell’uomo di ordinaria diligenza. L’accertamento di tale nesso di causalità è riservato al giudice del merito, il cui apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi” (Cass. civ. Sez. 2, Sent. n. 24850 del 09/12/2015; Sez. L, Sent. n. 2009 del 06/03/1997; Sez. 1, Sent. n. 26042 del 23/12/2010).

Nella specie, la Corte di merito ha ritenuto che i costi sopportati dalla Edile 2000 per effetto dell’esecuzione del sequestro cautelare disposto in corso di causa non fossero da ricondurre eziologicamente all’inadempimento contrattuale del professionista e dell’impresa che aveva realizzato i lavori, non potendosi reputare conseguenze normali di un simile inadempimento. Peraltro si tratta di una valutazione di merito, insindacabile in questa sede.

La Corte di Appello, seppur con una motivazione sintetica, ma comunque sufficiente, evidenzia l’esistenza di un concorso di colpa della ricorrente nella produzione dei danni in questione, consistente nella stessa condotta che è il presupposto della condanna della Edile 2000, in solido con gli altri convenuti, nei confronti dei terzi danneggiati (ovvero il non aver vigilato sull’adozione delle misure precauzionali indicate nella perizia geologica redatta in epoca antecedente all’inizio dei lavori).

Di conseguenza con motivazione congrua e scevra da qualsivoglia vizio logico giuridico, il giudice dell’appello ha escluso che i danni subiti dalla società ricorrente a causa del sequestro possano essere considerati effetto normale, seppur indiretto e mediato, dell’inadempimento contrattuale degli altri convenuti secondo il principio della cosiddetta regolarità causale, tenendo conto della definitiva ripartizione della responsabilità nei rapporti interni tra i convenuti.

7. Il quinto motivo di ricorso è inammissibile nella parte in cui si lamenta che la Corte d’appello, nel liquidare le spese di lite di primo grado in favore della ricorrente a carico del D.V. e del B., non avrebbe tenuto conto del subprocedimento cautelare.

Dalle conclusioni formulate dinanzi alla Corte d’appello e riportate nel ricorso (p. 22), nonchè nella sentenza impugnata foglio di precisazione delle conclusioni nell’interesse della Edile 2000), risulta, infatti, che l’odierna ricorrente abbia censurato la sentenza impugnata solo per l’omessa liquidazione delle spese di lite relative al primo grado di giudizio, senza fare alcun riferimento a quelle sostenute nell’ambito del procedimento di sequestro conservativo.

In ogni caso, la censura è infondata, non potendosi ritenere che, in relazione a tale subprocedimento vi sia stata soccombenza del D.V. e del B. nei confronti della Edile 2000.

E’ infondata anche l’ulteriore doglianza articolata nel motivo.

E’ vero, infatti, con riferimento alle spese sostenute per la consulenza tecnica di parte, la quale ha natura di allegazione difensiva tecnica che esse rientrano tra quelle che la parte vittoriosa ha diritto di vedersi rimborsate, a meno che il giudice non si avvalga, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 1, della facoltà di escluderle dalla ripetizione ritenendole eccessive o superflue (Cass. civ., Sez. Lav., 25 novembre 1975, n. 3946; Cass. civ., Sez. 3, 16 giugno 1990, n. 6956; Cass. civ. Sez. 2, 03-012013, n. 84). Ma nel caso di specie tali spese non sono provate nel rispetto dell’art. 366 c.p.c., n. 6 come richiesto dalla copiosa giurisprudenza di questa Corte. Infatti non risulta documentato avvenuto pagamento.

8. In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 18 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2018

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