Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32905 del 13/12/2019

Cassazione civile sez. I, 13/12/2019, (ud. 09/07/2019, dep. 13/12/2019), n.32905

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21239/2018 proposto da:

A.M., elettivamente domiciliato in Potenza, via Isca del

Pioppo, 67, presso l’Avv. Vito Mecca, che lo rappresenta e difende

per procura speciale allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

Commissione Territoriale Salerno – Ministero dell’Interno;

– intimati –

avverso il decreto del TRIBUNALE di POTENZA, depositata il

31/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/07/2019 da Dott. DE MARZO GIUSEPPE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

RENZIS LUISA, che ha concluso per il rinvio a nuovo ruolo in attesa

della decisione delle Sezioni Unite o, in subordine, per il rigetto

del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto depositato il 31 maggio 2018, il Tribunale di Potenza ha rigettato le domande di A.M., intese ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, la protezione internazionale o la protezione umanitaria.

2. Per quanto ancora rileva, il Tribunale ha osservato: a) che il racconto di A.M. era assolutamente inattendibile, per le contraddizioni legate alla identificazione del luogo di residenza, alla data e alle modalità del suo coinvolgimento nell’attentato alla moschea di (OMISSIS); b) che nello stato della Nigeria dal quale A.M. proveniva, non risulta l’esistenza di un conflitto armato interno o internazionale; c) che non emergeva, del pari, alcuna situazione di vulnerabilità del D., il quale aveva lasciato il suo Paese per l’incapacità di risolvere una questione sentimentale di carattere squisitamente privatistico, per trovare migliori condizioni di vita.

3. Avverso tale sentenza il A.M. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Parte intimata non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si lamenta violazione della Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, degli artt. 2, 3, 5, 6, 10 e 11 Cost. nonchè erroneo apprezzamento dei fatti e vizi motivazionali.

La doglianza è inammissibile, giacchè la critica è condotta, in termini generici, senza alcun confronto con le considerazioni dedicate dal Tribunale alle ragioni di assoluta inverosimiglianza del racconto del ricorrente e facendo riferimento, in generale, a non meglio precisati errori di tradizione, deficit mnemonici post- trauma ed erronee valutazioni dei giudicanti.

Per il resto, vengono in rilievo critiche che aspirano ad una rivalutazione delle risultanze istruttorie, preclusa in sede di legittimità.

2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge in relazione alla ritenuta insussistenza delle condizioni di riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria o umanitaria.

Anche in questo caso la doglianza è inammissibile, in quanto le deduzioni del ricorrente quanto alla compatibilità delle lesioni con il suo racconto non si confrontano con le aporie sottolineate dai giudici di merito; del tutto assertive sono infine le considerazioni sul proficuo processo di integrazione.

3. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile. Nulla per le spese, non avendo gli intimati svolto attività difensiva.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 9 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2019

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