Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32900 del 19/12/2018

Cassazione civile sez. II, 19/12/2018, (ud. 28/06/2018, dep. 19/12/2018), n.32900

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2660-2014 proposto da:

P.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA C MACCARI 123,

presso lo studio dell’avvocato VINCENZO PORFIDIA, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato DOMENICO PORFIDIA;

– ricorrente –

contro

P.G., rappresentato e difeso dall’avvocato VINCENZO

ADINOLFI;

– controricorrente –

e contro

F.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4043/2012 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 10/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/06/2018 dal Consigliere ANTONIO ORICCHIO.

Fatto

RILEVATO

che:

è stata impugnata da P.E. la sentenza n. 4043/2012 della Corte di Appello di Napoli con ricorso fondato su cinque ordini di motivi e resistito con controricorso della parte intimata P.G..

Non ha svolto attività difensiva F.G..

Per una migliore comprensione della fattispecie in giudizio va riepilogato, in brevè e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.

L’impugnata sentenza ha rigettato l’appello interposto dalla odierna ricorrente, parte intervenuta ne giudizio promosso dal P.G. nei confronti di F.G. al fine di sentir dichiarare che quest’ultimo non aveva alcun diritto sul fondo in atti individuato e che lo stesso andava condannato – alla restituzione di parte del fondo occupato assommante a ca. mq. 1000 (ovvero di ca. mq. 13mila così come si evince dalla sentenza gravata a p. 8 della stessa).

La domanda dell’attore era stata accolta dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, all’esito dello svolto giudizio di primo grado nel corso del quale era intervenuta l’odierna ricorrente, assumendo che, ella, quale coerede, aveva autorizzato il F. ad occupare a titolo di comodato il fondo per cui è causa.

Il ricorso viene deciso ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. con ordinanza in camera di consiglio non essendo stata rilevata la particolare rilevanza delle questioni di diritto in ordine alle quali la Corte deve pronunciare.

Parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di violazione e falsa applicazione di legge ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè illogica e contraddittoria motivazione.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di violazione e falsa applicazione di legge ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè illogica e contraddittoria motivazione.

3.- Con il terzo motivo si prospetta il vizio di violazione e falsa applicazione di legge ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3;

4.- Con il quarto motivo del ricorso si deduce il vizio di violazione e falsa applicazione di legge ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 nonchè illogica e, contraddittoria motivazione.

5.- Con il quinto motivo del ricorso si deduce il vizio di violazione e falsa applicazione di legge ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè illogica e contraddittoria motivazione.

6.- Gli esposti motivi possono essere trattati, per ragioni di opportunità, congiuntamente.

Le varie svolte censure relative alle pretese carenze motivazionali sono del tutto inammissibili.

Tanto in quanto per le censure relative alla pretese lamentate carenze motivazionali della gravata decisione i motivi sono inammissibili poichè presuppongono come ancora esistente (ed applicabile nella concreta fattispecie) il controllo di legittimità sulla motivazione della sentenza nei termini in cui esso era possibile prima della modifica dell’art. 360 c.p.c., n. 5 apportata dal D.L. n. 83 del 2012, convertito nella L. n. 134 del 2012, essendo viceversa denunciabile soltanto l’omesso esame di uno specifico fatto decisivo che sia stato oggetto di discussione tra le parti, rimanendo – alla stregua della detta novella legislativa – esclusa qualunque rilevarla del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. civ., SS.UU., Sent. n. 8053/2014).

In ordine alle rimanenti prospettate violazioni di norme di legge deve osservarsi quanto segue.

Quanto alla prospettata violazione di legge di cui al primo motivo la svolta censura adduce una pretesa intervenuta illegittima mutatio libelli e la conseguente disapplicazione del principio del contraddittorio.

La questione oggi riproposta e qui in esame risulta essere già stata affrontata e correttamente decisa dalla Corte territoriale.

Quest’ultima ha giustamente rilevato, concordando in punto con la qualificazione (rivendica) data dal giudice di prime cure, come “la richiesta di accertamento del proprio diritto reale da parte dell’attore (odierno contro ricorrente) deve ritenersi insita nella domanda di rilascio così come dallo stesso formulata, in quanto ne costituisce il presupposto essenziale”.

Il tutto, giova ancora ricordare, alla stregua di noto e consolidato orientamento giurisprudenziale in tema di distinzione e diversa natura fra azione di restituzione ed azione di rivendica (Cass. n.ri 23086/2004 e 4416/2007).

In ogni caso il medesimo motivo, al pari dei successivi secondo e terzo motivo e relativamente alle addotte violazioni di legge, deve -tuttavia ritenersi inammissibile. L’odierna ricorrente è, infatti, intervenuta in giudizio quale possessore mediato, per il tramite del convenuto detentore F., del fondo per cui è controversia sorta a seguito dell’azione interposta da altro coerede per l’accertamento della assenza di diritti di quest’ultimo su un fondo con restituzione dello stesso.

Orbene dal ricorso in esame non è dato evincere quale sia il concreto interesse di cui era ed (ancor più oggi) portatrice la ricorrente.

Tanto in quanto l’assenza in giudizio e la sostanziale acquiescenza del F. alle precedenti decisioni dei Giudici del merito hanno consolidato gli effetti conseguiti a seguito del giudizio dal coerede come tale e non individualmente jure proprio.

Dalla stessa esposizione dei motivi del ricorso non si evincono altri interessi tali da pregiudicare la posizione di coerede della originaria intervenuta ed odierna controricorrente specie in relazione all’aspetto del giudicato inerente l’obbligo di restituzione di una cosa comune.

Deve, al riguardo, osservarsi decisivamente che la detta carenza di interesse rinviene indiscutibile fondamento nel fatto che l’accertamento sugli assetti ereditari di cui alla decisione gravata e che coinvolgevano i germani P. sono stati compiuti senza efficacia di giudicato in applicazione dell’art. 34 c.p.c..

Il quarto motivo solleva, in difetto di ogni dovuto interesse della odierna parte contro ricorrente, questione in ordine alla “ingiusta condanna del comodatario F.”.

Il quinto motivo, di non semplice intellegibilità, comunque non coglie la ratio delle gravata decisione.

Anche tali ultimi due motivi sono, quindi, inammissibili.

7.- Il ricorso deve, dunque e nel suo complesso, essere dichiarato inammissibile.

8.- Le spese seguono la soccombenza e si determinano così come in dispositivo.

9.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

LA CORTE

dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 4.200,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 28 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2018

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