Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32897 del 19/12/2018

Cassazione civile sez. II, 19/12/2018, (ud. 23/05/2018, dep. 19/12/2018), n.32897

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2659-2014 proposto da:

G.G., G.L., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

ANDREA FERRARA 12, presso lo studio dell’avvocato ERASMO

COLARUOTOLO, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

B.G.M., rappresentata difesa dall’avvocato DOMENICO

ANGELINI;

– controricorrente –

e contro

B.E.S., B.P.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3316/2013 cella CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 05/06/203;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/05/2018 dal Consigliere ROSSANA GIANNACCARI.

Fatto

RILEVATO

che:

– la vicenda oggetto del giudizio trae origine dalla domanda proposta da L. e G.G. nei confronti di M.G., S. e B.P.M., con cui gli attori, proprietari di un immobile confinante con quello dei convenuti, chiedevano la regolarizzazione di alcune luci irregolari;

– a conclusione dei giudizi di merito, la Corte di Appello di Roma con sentenza depositata il 5.6.2013, confermava la sentenza di primo grado, che aveva rigettato la domanda degli attori ritenendo, sulla base della prova testimoniale e della CTU, che le aperture, esistenti da tempo immemorabile, erano vedute e non luci;

– avverso la sentenza di appello hanno proposto ricorso per cassazione G. e G.L. sulla base di un motivo;

– B.G.M. ha resistito con controricorso mentre E.S. e P.M. non hanno svolto attività difensiva;

– in prossimità dell’udienza le parti hanno depositato memorie illustrative.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con l’unico motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, i ricorrenti si dolgono dell’omessa motivazione sulla non conformità delle aperture ai requisiti prescritti dall’art. 901 c.p.c. per le luci e sulla conseguente omessa pronuncia sulla loro regolarizzazione, rilevando altresì come la natura di luci e non di vedute sarebbe emerso dalle risultanze della CTU;

– il motivo è inammissibile, in quanto non coglie la ratio decidendi, costituita dall’accertamento da parte dei giudici di merito che le aperture non costituivano luci irregolari, ma vedute e che esse esistevano da tempo immemorabile;

– la corte territoriale è giunta a tale conclusione sulla base della valutazione delle prove testimoniali e della risultanze della CTU, da cui era emerso che la facciata dell’edificio dei convenuti non aveva subito modifiche e che le aperture, aventi le caratteristiche di vedute e non di luci, si trovavano nelle medesime condizioni da oltre un ventennio;

– non ricorre, pertanto, il vizio di omessa motivazione, censurabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, come modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, avendo il giudice spiegato in motivazione l’iter logico della decisione con riferimento alle risultanze processuali, che il ricorrente ha censurato attraverso un diverso apprezzamento delle circostanze di fatto e dell’attendibilità dei testi, inammissibile in sede di legittimità;

– la memoria depositata dal difensore non offre argomenti nuovi rispetto ai motivi di ricorso, limitandosi a sostenere che, anche in caso di erronea indicazione del motivo di ricorso, spetta al giudice qualificare la censura sulla base del principio iura novit curia e della conservazione degli atti processuali, richiamando la decisione di questa Corte a Sezioni Unite del 24.7.20013 n. 17931;

– il richiamo non è pertinente, in quanto la decisione richiamata non esclude certo l’inammissibilità del ricorso per difetto di specificità dei motivi o per mancata correlazione con la ratio decidendi;

– il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo;

– ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (applicabile ratione temporis, essendo stato il ricorso proposto dopo il 30 gennaio 2013) per il raddoppio del versamento del contributo unificato.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 23 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2018

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