Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3289 del 03/02/2022

Cassazione civile sez. III, 03/02/2022, (ud. 02/11/2021, dep. 03/02/2022), n.3289

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

Dott. AMBROSI Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12404/2019 R.G. proposto da:

D.O., o D.F. e M.G., rappresentati e

difesi dagli Avv.ti Edore Campagnoli, Giuseppe Coliva, e Daniele

Coliva, domiciliati presso la Cancelleria della Corte Suprema di

Cassazione;

– ricorrenti –

contro

T.M., e G.M.;

e

Allianz s.p.a.;

– intimati –

avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna, depositata 8

febbraio 2019, n. 422, notificata il 9 febbraio 2019.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 2 novembre

2021 dal Consigliere Dott. Irene Ambrosi.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Bologna ha rigettato l’appello proposto da D.O. o D.F. e M.G. avverso la sentenza del tribunale di Bologna che, sulla base della eccezione sollevata dal convenuto ingegnere Ta.Ma. di intervenuta transazione tra gli attori e il proprio assicuratore Allianz S.P.A. – Compagnia Di Assicurazione chiamata in causa insieme all’architetto G.M. – aveva respinto per quanto ancora rileva, la domanda di accertamento della responsabilità professionale e di risarcimento dei danni proposta dai predetti nei confronti dell’architetto T., quale progettista e direttore dei lavori relativi ad un immobile di loro proprietà sito in (OMISSIS), con compensazione delle spese tra gli attori e la Allianz e condanna del convenuto T. a rifondere le spese di lite in favore dei terzi chiamati, G.M. e Allianz S.p.a..

Avverso la sentenza di appello, i soccombenti propongono ricorso per cassazione articolato in un unico motivo. Sebbene intimati, Ta.Ma., G.M. e Allianz S.p.a. non hanno svolto difese. La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1. Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni. Parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo i ricorrenti lamentano “Violazione ed errata applicazione degli artt. 1346,1362,1364,1366,1370,1428 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3” e censurano la decisione della Corte territoriale che, in conformità a quella di prime cure, ha respinto la domanda, affermando la fondatezza della eccezione di transazione formulata dal convenuto ingegnere Ta..

Premettono di aver conferito nel (OMISSIS) l’incarico di progettista e direttore dei lavori all’ingegnere Ta. di un fabbricato residenziale di loro proprietà sito in (OMISSIS) e che, all’esito dei lavori, si erano evidenziate fessurazioni la cui causa veniva individuata nella presenza di una falda acquifera nel terreno, non rilevata in precedenza; che l’ingegnere Ta. con dichiarazione del (OMISSIS) aveva dichiarato “di avere individuato le opere necessarie alla eliminazione dei vizi e dei difetti del fabbricato sopra indicato ed in particolare (descrizione opere) e conseguentemente di quantificare il costo delle stesse in Euro 30.000,00 (Euro trentamilavirgolazero), cifra che sarà corrisposta dalla Compagnia di assicurazione di mia fiducia e conseguentemente mi impegno…al proseguimento dell’incarico professionale di Direttore dei Lavori Strutturale conferitomi sino al completamento delle sopra indicate opere che dovrà avvenire entro e non oltre il giorno (OMISSIS) senza ulteriori spese aggiuntive”; che l’atto di quietanza sottoscritto in data 22 gennaio 2004 predisposto dall’allora RAS Ass.ni s.p.a., ora Allianz s.p.a., disponeva “Il sottoscritto D.F.O. – M.G. dichiara di ricevere dalla RAS, la quale paga per conto dell’assicurato per la responsabilità civile verso terzi con la polizza suddetta, la somma di Euro 30.000,00 (diconsi trentamila,00) in via transattiva e comunque definitiva, per ogni danno corporale ed alle proprie cose, a qualsiasi titolo, patrimoniale e non patrimoniale, diretto e indiretto, presente e futuro in conseguenza al sinistro avvenuto di cui sopra per OMNIA. Rilascia la presente ampia liberatoria di quietanza di saldo dichiarando di non aver più nulla a pretender dall’assicurato, né da eventuali coobbligati, ivi compresa la RAS, per tutti i titolari (sic) di danno, in esse comprese, quale danno emergente, tutte le spese, anche di patrocinio, e rinuncia quindi verso chiunque ad ogni azione di qualsiasi sede”.

Tanto premesso, i ricorrenti osservano che la Corte di appello ha ritenuto che la transazione stipulata tra i ricorrenti e la RAS abbia effetto preclusivo della domanda di risarcimento danni proposta in questo giudizio, sulla base di un ragionamento errato che ha ricondotto il danno alla erronea “palificazione” derivante da responsabilità dell’ingegnere convenuto per non aver rilevato la presenza della falda acquifera, la cui insorgenza successiva alla transazione non risulta provata (pag. 6 della sentenza impugnata)”. In altri termini, il giudice di appello avrebbe erroneamente ritenuto che la volontà delle parti nella stipulazione della transazione avesse ad oggetto qualsiasi danno derivante dall’errore iniziale dell’ing. Ta.. Al contrario, deducono che due sono i profili di errore professionale rilevanti nel caso di specie: il primo è quello della errata “palificazione” e il secondo concerne l’errata “individuazione dello strumento tecnico di emenda”. Di conseguenza, l’attività professionale del professionista avrebbe dovuto quindi essere ricostruita in due momenti diversi, con separata rilevanza ai fini della responsabilità: la prima riguardava l’originaria progettazione e la seconda la valutazione tecnica circa le opere di sistemazione ed emenda e relativo costo. Al momento della transazione, le parti non potevano che transigere sulla prima parte con esclusione della seconda.

La Corte di appello avrebbe errato limitandosi a prendere in considerazione solo le espressioni totalmente abdicative, senza considerazione di quelle generiche e non pertinenti e limitare l’oggetto della transazione alla sola attività di progettazione dell’ingegnere che aveva dato luogo a difetti riscontrati in quel momento. Il giudizio instaurato in un secondo momento si riferiva ad altro punto ovvero l’errore nella individuazione del rimedio tecnicamente idoneo a rimuovere i vizi, punto controverso insorto successivamente alla stipulazione e con diverso oggetto. Affermano che l’errore nella individuazione del rimedio tecnico sarebbe insorto successivamente alla stipulazione della transazione ed è diverso da quello oggetto della transazione e in proposito si sarebbe formato giudicato (rinviano in proposito alla pag. 5 della sentenza di prime cure), tanto è che la Corte territoriale, pur avendo accertato che: “risulta altresì dagli atti di causa che il T. abbia errato nell’individuare le opere necessarie ad ovviare al sopra citato problema” non lo considera come punto controverso autonomo e fonte di una diversa pretesa risarcitoria, ulteriore rispetto a quella originariamente transatta, e illegittimamente ritiene che le espressioni generali riguardassero ogni danno futuro. Il criterio della interpretazione secondo buona fede della transazione avrebbe consentito di individuare la sola controversia possibile in quel momento, tenendo conto inoltre del criterio di interpretazione contra auctorem ai sensi dell’art. 1370 c.c., dal momento che l’atto di quietanza era stato predisposto unilateralmente dalla RAS. Infondata sarebbe anche l’affermazione della Corte di appello secondo cui si tratterebbe di un vizio del consenso mancante della domanda giudiziale.

2. Il motivo, nelle diverse censure in cui si struttura, è inammissibile.

I ricorrenti sostengono che la Corte di appello, come già il giudice di primo grado, abbia erroneamente ritenuto che la volontà delle parti nella stipulazione della transazione avesse ad oggetto qualsiasi danno derivante dall’errore iniziale dell’ing. Ta.; al contrario, l’attività del professionista avrebbe dovuto essere ricostruita in due momenti diversi, con separata rilevanza ai fini della responsabilità: il primo riguardava l’originaria progettazione concernete l’errata palificazione e il secondo la valutazione tecnica circa le opere di sistemazione ed emenda e relativo costo. Al momento della transazione le parti non potevano che transigere sulla prima parte con esclusione della seconda; da qui la necessità della domanda proposta con il presente giudizio. In proposito, ritengono violati i criteri di interpretazione secondo buona fede della transazione “che avrebbe consentito di individuare la sola controversia possibile in quel momento”, tenendo conto inoltre del criterio di cui all’art. 1370 c.c., dal momento che l’atto di quietanza era stato predisposto unilateralmente dalla RAS, e censurano come infondata l’affermazione della Corte di appello secondo cui si tratterebbe di un vizio del consenso mancante della domanda giudiziale.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, l’interpretazione del contratto, supponendo la ricerca e l’individuazione della comune volontà dei contraenti, è un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se non in presenza di vizi di motivazione o di un errore c.d. di sussunzione (tra tante, Cass. n. 13399 del 2005). Risulta evidente a tale stregua che nel denunziare i vizi della sentenza gravata, le deduzioni dei ricorrenti, lungi dall’individuare errori di diritto commessi nell’utilizzare i criteri ermeneutici evocati, si risolvono nell’inammissibile pretesa di una lettura delle risultanze probatorie diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito (v. Cass. 18/4/2006, n. 8932); è stato altresì precisato che le censure non possono risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione dei ricorrenti e quella accolta nella sentenza impugnata (cfr. Cass. 28/11/2017 n. 28319 Rv. 646649 – 01). Inoltre, posto che l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice di merito, il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 c.c. e segg., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata (da ultimo, tra tante, Cass. 09/04/2021 n. 9461 Rv. 661265 – 01).

Ciò si è verificato, nella specie, tenuto conto che i ricorrenti insistono nel prospettare, sostanzialmente negli stessi termini, quanto già denunciato con l’atto di appello con cui avevano impugnato il capo della sentenza di prime cure con cui era stata respinta la domanda di accertamento della responsabilità professionale.

La Corte territoriale al riguardo ha debitamente dato conto, con coerenza e rigore logico, delle ragioni per le quali ha interpretato la transazione avente ad oggetto il sinistro del (OMISSIS) come intervenuta e riferita a tutti i danni conseguenti all’errore professionale in cui era incorso il professionista, consistito pacificamente nello spostamento dell’edificio, con conseguenti fessurazioni, causato dall’omesso rilevamento da parte del professionista ingegnere della presenza di una falda acquifera e nella necessità di palificare il terreno mediante apposizione di pali di lunghezza adeguata. In proposito, dal tenore della transazione la Corte ha ritenuto che avendo gli attuali ricorrenti accettato la somma di Euro 30.000,00 “in via transattiva e comunque definitiva, per ogni danno corporale ed alle proprie cose, a qualsiasi titolo, patrimoniale e non patrimoniale, diretto e indiretto, presente e futuro in conseguenza al sinistro avvenuto in data di cui sopra, rilasciando la presente ampia liberatoria di quietanza di saldo dichiarando di non aver più nulla a pretender dall’assicurato, né da eventuali con obbligati”, non potranno vedersi corrispondere ulteriori somme rispetto a quelle già percepite.

La Corte felsinea ha aggiunto che “il fatto poi che l’ingegnere abbia erroneamente indicato la somma necessaria ad ovviare ai danni conseguenti al proprio errore, non modifica la circostanza che il risarcimento sia avvenuto a titolo esaustivo per tutti i danni conseguenti al sinistro”. In proposito, ha affermato che “la erronea indicazione circa le modalità di risoluzione della problematica non costituisce danno nuovo, ma mero errore valutativo in merito alla congruità della somma offerta e accettata a titolo transattivo” e che “evidentemente la richiesta di accertamento della presenza di un errore e dal conseguente annullamento della transazione per vizio della volontà avrebbe dovuto essere oggetto di apposita domanda giudiziale”.

Sulla doglianza relativa al profilo del danno futuro ritenuto “rinunciato a seguito della transazione”, sulla quale insistono i ricorrenti nella memoria, è sufficiente rilevare che, derivando il danno dalla mancata esatta percezione dei luoghi e, dunque, dall’adozione in relazione ad essa delle misure costruttive (lunghezza dei pali) necessarie ed adeguate, è fuori luogo discutere su di essi, soprattutto poiché è la stessa corte territoriale che lo ha escluso, ritenendo, come veduto, necessaria una domanda giudiziale ad hoc avente ad oggetto la validità della transazione, sotto il profilo del vizio della volontà.

Pertanto, osserva il Collegio che le questioni prospettate dai ricorrenti attengono, non alla individuazione di errori in diritto commessi dalla Corte d’appello nell’utilizzare un criterio ermeneutico al di fuori dei limiti d’impiego previsti dalle norme, ovvero nel ricercare il significato del contenuto del negozio svolgendo la indagine su elementi non considerati dalle norme come oggetto della indagine ermeneutica, ma si pongono come possibile soluzione ermeneutica alternativa al risultato raggiunto dalla Corte d’appello, laddove dalla motivazione della sentenza impugnata emerge chiaramente come, quegli stessi elementi indicati dai ricorrenti, hanno trovato – alla stregua dei criteri interpretativi applicati – una diversa giustificazione anch’essa del tutto adeguata a sorreggere la differente conclusione raggiunta.

Ne consegue l’inammissibilità del ricorso.

Non si fa luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore della parte intimata, non avendo la medesima svolto attività difensiva.

L’inammissibilità del ricorso comporta la dichiarazione di sussistenza, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 2 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2022

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