Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32870 del 13/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 13/12/2019, (ud. 22/05/2019, dep. 13/12/2019), n.32870

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAGDA Cristiano – Presidente –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. PUTATURO Maria Giulia – Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. MELE Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12928-2016 proposto da:

COMUNE DI CELANO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA FILIPPO

CORRIDONI 4, presso lo studio dell’avvocato MAZZUTI GIUSEPPE, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

TERMICA CELANO SPA, elettivamente domiciliato in ROMA VIA LUDOVISI

16, presso lo studio dell’avvocato ZAPPALA’ ANDREA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato NAPOLITANO ILARIA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 286/2016 della COMN. TRIB. REG. di L’AQUILA,

depositata il 18/03/201e;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/05/2019 dal Consigliere Dott. D’OVIDIO PAOLA.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con ricorso proposto alla Commissione tributaria provinciale de L’Aquila, la Termica Celano s.p.a. impugnava un avviso di accertamento ICI, notificatole dal Comune di Celano per l’anno 2008, relativo ad una centrale termoelettrica la cui rendita catastale risultava riferita solo ai fabbricati e non alla turbina ed ai restanti impianti, come invece previsto dal D.L. n. 44 del 2005, convertito nella L. n. 88 del 2005, e pertanto veniva rideterminata dallo stesso Comune.

In particolare, la società ricorrente eccepiva, come già aveva fatto con precedente ricorso proposto avverso analogo avviso relativo ad altra annualità d’imposta (2007), la nullità dell’avviso di accertamento impugnato in quanto il Comune aveva determinato d’ufficio il valore catastale di un impianto già accatastato, così appropriandosi di poteri riservati in via esclusiva all’Agenzia del Territorio (ora Agenzia delle Entrate).

Il Comune di Celano si costituiva contestando le avverse eccezioni e chiedendo il rigetto del ricorso.

2. Con sentenza n. 330/2015 la Commissione tributaria provinciale adita accoglieva il ricorso proposto dalla società osservando, in aderenza ad una pronuncia della CTR intervenuta tra le stesse parti ma relativa ad altra annualità (2007), che il Comune non aveva titolo per sostituirsi all’Agenzia del territorio, così come in effetti aveva fatto, unico ente competente a determinare la rendita catastale di un immobile.

3. Avverso tale pronuncia proponeva appello il Comune di Celano ribadendo le proprie contestazioni e precisando di non aver rideterminato la rendita catastale, ma di essersi limitato a determinare il valore dell’immobile.

La società appellata presentava controdeduzioni e concludeva per il rigetto dell’appello o, in subordinate per gli ulteriori motivi dedotti anche in via di appello incidentale condizionato

4. Con sentenza n. 286/1/16, depositata il 18 marzo 2016, la Commissione tributaria regionale de L’Aquila, respingeva l’appello e condannava l’appellante al pagamento delle spese processuali.

5. Avverso tale sentenza il Comune di Celano ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

Resiste con controricorso la Termica Celano s.p.a., che ha depositato anche successiva memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Preliminamente, deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del presente ricorso, sollevata dalla società controricorrente sostenendo che il giudicato intervenuto sulla sentenza n. 1442/1/2015, emessa dalla CTR de L’Aquila in altra controversia svoltasi tra le stesse parti e sui medesimi presupposti di fatto e di diritto del presente giudizio, ancorchè relativa ad annualità diversa del medesimo tributo (ICI 2007), spiegherebbe effetti preclusivi sulla controversia in corso, alla stregua dei principi enunciati dalle SS.UU. nella sentenza n. 13916 del 16/6/2006 (Rv. 589696 – 01), costantemente ribaditi dalla successiva giurisprudenza di legittimità.

La richiamata pronuncia delle Sezioni Unite ha invero affermato che, “qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza” preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il “petitum” del primo”, ed ha altresì precisato che “tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente”.

Ritiene tuttavia il Collegio che, in forza di tali principi, nella specie non può ravvisarsi una efficacia espansiva esterna del giudicato invocato dalla controricorrente tale da determinare una preclusione all’esame del presente ricorso e, conseguentemente, una declaratoria di inammissibilità dello stesso, tenuto conto che, ferma restando la preclusione ad un riesame in fatto ed in diritto del “punto fondamentale comune ad entrambe le cause”, resta impregiudicato l’esame di ulteriori questioni di diritto proposte in questa sede e non affrontate nella precedente pronuncia della CTR de L’Aquila, le quali involgono una ulteriore e consequenziale attività interpretativa delle norme di diritto, attività che nell’ordinamento processuale non può incontrare vincoli (salvo che la situazione giuridica accertata non sia soggettivamente ed oggettivamente identica, in tal caso prevalendo il principio del ne bis in idem, situazione tuttavia non riscontrabile nel caso in esame, ove si discorre di due diverse annualità d’imposta).

In particolare, va evidenziato che, nella specie, il giudicato si è formato sulla statuizione, contenuta nella sentenza della CTR de L’Aquila n. 1442/1/2015 (relativa all’ICI 2007), secondo cui ‘fondato risulta il motivo di ricorso relativo alla carena in capo al Comune del potere di rettificare d’ufficio la rendita catastale, essendo tale potere riservato alla Agenda del territorio, cui il Comune avrebbe dovuto rivolgere la relativa istanza, stante il comportamento omissivo della contribuente…”.

Orbene, se è vero che tale affermazione in diritto è (oltre che assolutamente condivisibile) coperta dal pregresso giudicato, ciò non implica che da essa si debba trarre, quale ulteriore conseguenza, anche una preclusione all’esame della normativa tributaria al fine di verificare se il Comune potesse applicare dei criteri alternativi (rispetto a quello costituito dalla rettifica d’ufficio della rendita catastale) per la quantificazione provvisoria dell’imposta, trattandosi di questione interpretativa di norme giuridiche non affrontata nel precedente invocato e specificamente proposta con il presente ricorso.

L’eccezione in esame deve pertanto essere disattesa.

2 Con il primo motivo di ricorso si lamenta una “omissione dell’esame di un fatto decisivo per la controversia, in relnione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – Violazione e falsa applicatone del D.Lgs. n. 594 del 1992, art. 5 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.”.

Nell’illustrazione del motivo si censura la sentenza impugnata per non aver tenuto conto che, trattandosi di immobile parzialmente accatastato, e pertanto parzialmente privo di rendita (in quanto la rendita della centrale termoelettrica era stata determinata con riferimento al solo fabbricato, sulla base di disposizioni legislative precedenti all’introduzione del D.L. n. 44 del 2004, art. 1-quinquies, convertito in L. n. 88 del 2005, in virtù del quale deve tenersi conto dell’intero complesso produttivo, inclusi gli impianti e altre opere edili), si trattava sostanzialmente di immobile privo di rendita utilizzabile ai fini fiscali, risultanto conseguentemente corretta l’applicazione, da parte del comune del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3.

3. Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la “violcqione e falsa appliccqione del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 4 e 5 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Il ricorrente si duole in particolare del fatto che la CTR avrebbe erroneamente annullato l’atto impugnato sul presupposto che il Comune non aveva il potere di rettificare d’ufficio la rendita catastale, posto che, nella specie, trattandosi di immobile sprovvisto di rendita utilizzabile ai fini fiscali (in quanto determinata con criteri difformi da quelli legislativamente sopravvenuti), il medesimo Comune aveva comunque il potere di rideterminare l’imposta dovuta in forza della disposizione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3.

4. I due motivi, che possono essere trattati congiuntamente in quanto prospettano sotto diversi profili la medesima questione, sono fondati.

Occorre premettere che l’immobile oggetto dell’imposizione ICI di cui si discorre era stato accatastato con riferimento ai soli edifici che contenevano la centrale di produzione idroelettrica, mentre non risultavano accatasti gli impianti e gli immobili serventi la centrale.

In assenza di rendita attribuita sia pure provvisoriamente a detti impianti, il criterio utilizzabile per determinare la base imponibile dell’Ici con riferimento a tali beni era quello fondato sul valore di bilancio alla stregua del disposto dell’art. 5, comma 3, del D.Lgs. cit., secondo il quale la base imponibile Ici di immobili ad uso industriale, appartenenti al gruppo D, deve essere determinata attraverso il criterio del valore contabile, ossia sull’ammontare al lordo delle quote di ammortamento che risulta dalle scritture contabili.

Il Comune di Celano, dunque, nel rideterminare la base imponibile dei beni in questione, non si è affatto sostituito all’Agenzia del Territorio nel potere a questa spettante di attribuzione della nuova rendita all’intero complesso produttivo, ma, constatata la rilevanza catastale degli impianti non accatastati, si è mantenuto nell’esercizio dei suoi poteri di liquidazione e di accertamento dell’imposta, limitandosi a non riconoscere una sostanziale esenzione dei beni in questione (cfr. anche Cass. sez. 5, 11/04/2019, n. 10125, Rv. 653715 – 01, in motivazione).

Il Comune, infatti, fermo restando l’obbligo di richiedere all’Agenzia del Territorio l’attribuzione della nuova rendita, era facoltizzato ex lege a determinare provvisoriamente la base imponibile ai soli fini impositivi, applicando i criteri di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3, considerato che la disposizione che impone al Comune l’obbligo di richiedere all’ufficio competente l’attribuzione della rendita nell’ipotesi di negligenza del contribuente, non esclude il potere del medesimo ente locale di provvedere alla determinazione della rendita provvisoria ex art. 5 cit..

L’esercizio di tale potere non è neppure subordinato alla preventiva richiesta dell’atto di classamento all’Agenzia del Territorio (cfr. Cass. sez. 5, 30/06/2010, n. 15534, Rv. 613890 – 01).

Del resto, giova osservare che, diversamente interpretando le disposizioni normative in materia, l’omessa dichiarazione di taluni beni ed il loro mancato accatastamento determinerebbe il riconoscimento di una aprioristica (quanto irragionevole) esenzione dall’ICI, in contraddizione con il principio costituzionale che vuole che le imposte siano parametrate alla effettiva capacità contributiva.

5. Per le suesposte ragioni la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa rinviata per l’esame delle ulteriori questioni sollevate dalle parti dinanzi alla CTR de L’Aquila, in diversa composizione, la quale provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte:

– Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa dinanzi alla CTR de L’Aquila, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, dalla 5 sezione civile della Corte di cassazione, il 22 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2019

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