Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32866 del 19/12/2018

Cassazione civile sez. I, 19/12/2018, (ud. 16/11/2018, dep. 19/12/2018), n.32866

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso nr.11031/2018 proposto da:

M.L., elettivamente domiciliato in Roma Viale Angelico 38

presso lo studio dell’Avv.to Roberto Maiorana che lo rappresenta e

difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore

domiciliati in Roma Via dei Portoghesi 12 presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che li rappresenta e difende ex lege;

– resistente –

avverso la sentenza nr.58/2018 emessa dalla Corte di Appello di

Perugia, in data 25/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16 novembre 2018 dal Consigliere Marina Meloni.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Perugia con sentenza nr. 58 in data 25/01/2018, ha confermato l’ordinanza emessa dal Tribunale di Perugia in data 25/11/2016 che a sua volta rigettava le istanze avanzate da M.L. nato in (OMISSIS), volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento del diritto dello status di rifugiato, alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il ricorrente, aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Perugia di essere fuggito dal proprio paese in quanto minacciato di morte perchè aveva assistito ad una rapina nel cantiere dove dormiva.

Avverso la sentenza della Corte di Appello di Perugia il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. Il Ministero dell’Interno si è costituito al solo fine di partecipare all’udienza di discussione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia omesso esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente davanti alla Commissione Territoriale e delle allegazioni portate in giudizio per la valutazione della condizione personale del ricorrente ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. C, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il Tribunale e poi la Corte di Appello di Perugia senza adempiere al dovere di cooperazione istruttoria hanno negato la protezione sussidiaria nonostante la situazione di violenza generalizzata derivante da un conflitto armato esistente nel paese di origine. Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e 19 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il giudice territoriale avrebbe dovuto riconoscere la protezione umanitaria al ricorrente a cagione degli atti di violenza fisica e psichica che egli potrebbe subire in caso di suo rimpatrio in quanto le autorità statuali non erano in grado di offrire adeguata protezione al ricorrente.

Il ricorso è infondato e deve essere respinto in ordine a tutti i motivi proposti.

I motivi di ricorso contengono tutti una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione della corte territoriale che, come tali, si palesano inammissibili, in quanto dirette a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni del proprio convincimento.

In ordine al primo motivo di ricorso, occorre osservare che la sentenza impugnata riporta estesamente le dichiarazioni rese dal ricorrente e pertanto del tutto infondato il primo motivo di ricorso che lamenta l’omesso esame delle dichiarazioni del ricorrente. La Corte proprio alla luce delle dichiarazioni rese ha piuttosto ritenuto che il ricorrente abbia lasciato il proprio paese per scelta personale e non perchè costretto dalla situazione di violenza ivi presente.

In riferimento ai presupposti per la concessione della protezione sussidiaria il Giudice ha ritenuto, con motivazione coerente ed esaustiva, l’assenza di situazioni di violenza indiscriminata e di una situazione di conflitto armato o di violenza generalizzata nella zona di provenienza del ricorrente, escludendo così il diritto alla protezione sussidiaria. La censura si risolve quindi in una generica critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014).

In riferimento poi alla protezione umanitaria ed al principio di non – refoulement, – al pari di quanto avviene per il giudizio di riconoscimento dello status di rifugiato politico e della protezione sussidiaria – incombe sul giudice il dovere di cooperazione istruttoria officiosa, così come previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 in ordine all’accertamento della situazione oggettiva relativa al Paese di origine.

Nella specie, la Corte territoriale non ha violato il suddetto principio nè è venuta meno al dovere di cooperazione istruttoria, avendo semplicemente ritenuto, a monte, che i fatti lamentati non costituiscano un ostacolo al rimpatrio nè integrino un’esposizione seria alla lesione dei diritti umani fondamentali, tenuto anche conto della concreta possibilità di accesso alla protezione interna da pericoli derivanti da soggetti non statuali, non risultando dimostrata l’assenza di una tale tutela e tantomeno che il ricorrente si sia rivolto alle autorità del suo paese, vanamente.

Il ricorso deve pertanto essere respinto. Non ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater essendo il ricorrente stato ammesso al gratuito a carico dello Stato.

Nulla per le spese non avendo il Ministero svolto attività difensiva.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Nulla spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima della Corte di Cassazione, il 16 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2018

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