Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32856 del 13/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 13/12/2019, (ud. 09/10/2019, dep. 13/12/2019), n.32856

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – rel. Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4376-2013 proposto da:

HAMANA SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIALE CAMILLO SARATINI 150, presso

lo studio dell’avvocato ANTONIO CEPPARULO, rappresentato e difeso

dall’avvocato ANDREA AMATUCCI giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona dei Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DI AVELLINO, MINISTERO ECONOMIA E FINANZE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 31/2012 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

SALERNO, depositata il 20/02/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/10/2019 dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRANCESCO SALZANO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito per il controricorrente l’Avvocato VALENZANO che si riporta

agli atti.

Fatto

ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA

1. Hamana s.r.l. impugnava la cartella di pagamento con la quale l’agenzia delle entrate aveva provveduto al recupero delle somme ancora dovute a seguito di adesione alla definizione di cui alla L. n. 289 del 2002, artt. 8,9 e 14. La commissione tributaria provinciale di Avellino rigettava il ricorso con sentenza che era confermata dalla commissione tributaria regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, sul rilievo che l’eccezione relativa alla declaratoria di nullità del condono di cui alla L. n. 289 del 2002, artt. 8 e 9, per contrasto con la normativa comunitaria era infondata. Ciò in quanto la Corte di cassazione a Sezioni Unite, con le sentenze n. 3674 e 3676 del 17 febbraio 2010, aveva definito l’ampiezza degli effetti nell’ordinamento nazionale della sentenza della Corte di giustizia del 17 luglio 2008 nella causa C-132/06 che aveva sancito l’incompatibilità con il diritto comunitario della normativa di condono Iva. Sulla base del principio affermato dalle Sezioni Unite, l’incompatibilità con il diritto comunitario della L. n. 289 del 2002, artt. 8 e 9, doveva essere interpretata restrittivamente e non aveva effetti in ordine all’applicazione della legge medesima, art. 16, in quanto detta norma non concerne la definizione dell’imposta bensì la definizione di una lite in corso tra contribuente ed amministrazione in funzione della riduzione del contenzioso in atto. Rilevava, poi, la CTR che il motivo d’appello afferente il difetto di motivazione della sentenza impugnata era infondato.

2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione Hamana s.r.l. svolgendo tre motivi. L’agenzia delle entrate si è costituita in giudizio con controricorso.

Diritto

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo ed il secondo motivo la ricorrente deduce violazione di legge e contraddittorietà della motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in relazione al Trattato CE, art. 10, della VI direttiva Iva, artt. 2 e 22, da parte della L. n. 289 del 2000, artt. 8 e 9. Sostiene che la Corte di Giustizia CE, con la sentenza del 17 luglio 2008 nella causa C-132/06, sull’incompatibilità del condono in materia di Iva con il diritto comunitario, ha ritenuto violato il trattato CE, art. 10, poichè lo Stato membro non ha discrezione nell’osservanza dell’obbligo di assicurare il corretto adempimento delle prescrizioni del sistema comune dell’Iva e di garantirne la riscossione. I giudici comunitari hanno censurato la disciplina del condono di cui alla L. n. 289 del 2002, artt. 8 e 9, poichè tali misure si traducono in una rinuncia generalizzata all’esercizio dell’accertamento della pretesa fiscale. La Corte di cassazione, decidendo a sezioni unite con la sentenza n. 3676 del 17 febbraio 2010, si è pronunciata sui riflessi che la sentenza della Corte di Giustizia poteva avere sull’efficacia e sull’applicazione di un altro articolo della L. n. 289 del 2002, ovvero l’art. 16, che attiene alla chiusura delle liti fiscali pendenti e che è norma affatto diversa da quella di cui alla stessa legge, artt. 8 e 9. La definizione delle liti fiscali pendenti di cui all’art. 16 si distingue da quelle di cui agli artt. 8 e 9 in quanto, diversamente da queste, non determina un imponibile e costituisce strumento deflattivo del contenzioso tributario costituendo una forma di transazione giudiziale dell’imposta. Ne consegue che ha errato la CTR nel ritenere che la cartella impugnata, emessa ai sensi della L. n. 289 del 2002, artt. 8 e 9, fosse legittima in quanto emessa sulla base di norme ritenute compatibili con il Trattato Ce.

2. Con il terzo motivo deduce violazione di legge, omessa o insufficiente motivazione della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5. Sostiene che la CTR non ha adeguatamente motivato in ordine al dedotto difetto di motivazione della cartella impugnata.

3. Osserva la Corte che i primi due motivi di ricorso sono fondati. Ciò in quanto questa Corte di legittimità, con la sentenza n. 3676 del 17 febbraio 2010, ha affermato il principio secondo cui, in tema di condono fiscale, l’art. 12 della L. n. 289 del 2002, nella parte in cui consente di definire una cartella esattoriale con il pagamento del 25% dell’importo iscritto a ruolo, comporta una rinuncia definitiva dell’Amministrazione alla riscossione di un credito già definitivamente accertato, e va pertanto disapplicato, limitatamente ai crediti per IVA, per contrasto con la VI direttiva n. 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, alla stregua di un’interpretazione adeguatrice imposta dalla sentenza della Corte di Giustizia CE 17 luglio 2008, in causa C-132/06, con cui, in esito ad una procedura di infrazione promossa dalla Commissione Europea, è stata dichiarata l’incompatibilità con il diritto comunitario (in particolare con la VI direttiva cit., artt. 2 e 22) della medesima legge, artt. 8 e 9, nella parte in cui prevedono la condonabilità dell’IVA alle condizioni ivi indicate.

Ne consegue che la CTR ha fatto scorretta applicazione del principio enunciato dalla Corte di legittimità avendo fatto richiamo alla L. n. 289 del 2002, art. 16, sulla definizione delle liti pendenti – questo sì compatibile con il Trattato CE – che non attiene alla fattispecie che occupa che attiene, invece, alla definizione degli imponibili a norma della legge medesima, artt. 8 e 9.

4. Il terzo motivo è inammissibile per difetto del requisito dell’autosufficienza sancito dall’art. 366 c.p.c., avendo la ricorrente censurato la sentenza della commissione tributaria regionale in ordine alla motivazione della cartella senza riportarne il testo. Ciò facendo la ricorrente non ha consentito la verifica esclusivamente in base al ricorso medesimo, dovendosi considerare che la predetta cartella non è un atto processuale, bensì amministrativo, la cui legittimità è necessariamente integrata dalla motivazione dei presupposti di fatto e dalle ragioni giuridiche poste a suo fondamento (cfr. Cass. n. 9536 del 19/04/2013; Cass. n. 8312 del 04/04/2013).

5. L’impugnata decisione va, dunque, cassata in relazione ai motivi accolti e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con l’annullamento della cartella impugnata per la parte relativa all’Iva e la declaratoria di legittimità della cartella medesima per la parte relativa alle imposte dirette. Le spese dell’intero giudizio si compensano in considerazione della reciproca soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza d’appello; decidendo nel merito, annulla la cartella impugnata per la parte relativa all’Iva e dichiara la legittimità della cartella medesima per la parte relativa alle imposte dirette. Compensa le spese dell’intero giudizio giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2019

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