Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32852 del 19/12/2018

Cassazione civile sez. I, 19/12/2018, (ud. 24/10/2018, dep. 19/12/2018), n.32852

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

su ricorso n. 21624/2017 proposto da:

J.l., elettivamente domiciliato in Perugia Via Francesco

Briganti 85 presso lo studio dell’Avv.to Sergio Fifi che lo

rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore e

COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE

INTERNAZIONALE DI PERUGIA, domiciliati in Roma Via dei Portoghesi 12

presso l’Avvocatura Generale dello Stato che li rappresenta e

difende ex lege;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n.312/2017 emessa dalla Corte di Appello di

Perugia, in data 9/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/10/2018 dal consigliere MARINA MELONI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

Sorrentino Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato Marta Di Tullio con delega che

si riporta e chiede l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Perugia sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Perugia in ordine alle istanze avanzate da J.l., nato in (OMISSIS), volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, il riconoscimento del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il richiedente asilo proveniente dalla Nigeria, aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Perugia di essere fuggito dal proprio paese in quanto perseguitato dagli aderenti al gruppo terroristico (OMISSIS) per via della sua fede cristiana. Coinvolto in una spirale di minacce e violenze, dopo l’uccisione del fratello durante un attentato nella zona centrosettentrionale del paese, si era allontanato da casa per timore di ulteriori attentati contro la sua persona.

Avverso l’ordinanza del Tribunale di Perugia il ricorrente ha proposto ricorso in appello e successivamente ha impugnato la sentenza di secondo grado della Corte di Appello di Perugia davanti a questa Corte di Cassazione con ricorso affidato a tre motivi.

Il Ministero dell’Interno si è costituito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Collegio ha disposto la redazione della motivazione in forma semplificata.

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 3 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la Corte di Appello di Perugia avrebbe dovuto riconoscere la protezione sussidiaria al ricorrente a cagione degli atti di violenza fisica e psichica che egli potrebbe subire in caso di suo rimpatrio per la situazione di conflitto generalizzato in tutta la Nigeria, stato di provenienza del ricorrente.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, lett. a) e b) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la Corte di Appello di Perugia ha escluso i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria solo perchè la situazione di violenza in Nigeria era limitata ad una determinata area del paese, ed ha violato i criteri previsti dal D.Lgs. n. 251 del 2007 ritenendo non credibile la vicenda narrata dal ricorrente.

Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. C) ed art. 4 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la Corte di Appello di Perugia, nonostante la situazione di violenza indiscriminata per un conflitto armato in corso nel paese di origine non ha riconosciuto il diritto alla protezione sussidiaria al ricorrente.

Il ricorso è infondato e deve essere respinto in ordine a tutti i motivi proposti.

La Corte di Appello di Perugia ha confermato il provvedimento della Commissione Territoriale ritenendo che le affermazioni del ricorrente fossero comunque relative ad un fatto meramente privato e familiare (morte del fratello a causa di uno scontro armato) nonchè al generico timore di essere coinvolto in attentati che tuttavia non giustificava la richiesta di protezione internazionale.

In riferimento al primo motivo di ricorso relativo ai presupposti per la concessione della protezione sussidiaria il Giudice ha correttamente ritenuto con motivazione coerente ed esaustiva che le minacce a carattere meramente privatistico e l’assenza di situazioni di violenza indiscriminata e conflitto armato interno o internazionale nel paese d’origine escludano il diritto alla protezione sussidiaria richiesta. Ciò in quanto secondo il giudice territoriale non era presente nella regione di origine del ricorrente (Edo State) una situazione di conflitto armato interno o internazionale.

Il motivo di ricorso, pur rubricato sotto il solo profilo della violazione di legge (art. 360 c.p.c., n. 3), contiene in realtà una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione della corte territoriale che, come tali, si palesano inammissibili, in quanto dirette a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni del proprio convincimento circa l’inesistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria e l’assenza di un conflitto interno armato dal quale possa derivare una situazione di violenza indiscriminata.

In ordine al secondo motivo di ricorso non sussiste alcuna violazione dei criteri di valutazione delle dichiarazioni rese dal ricorrente di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, lett. a) e b) tanto più che la sentenza impugnata afferma l’inesistenza dei presupposti necessari all’accoglimento della domanda “senza entrare nel merito della credibilità del racconto” (pag. 4).

Nella specie, la Corte territoriale non ha violato nemmeno il dovere di cooperazione istruttoria officiosa che incombe sul giudice, così come previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 in ordine all’accertamento della situazione oggettiva relativa al Paese di origine, avendo semplicemente ritenuto, a monte, che i fatti lamentati non costituiscano un ostacolo al rimpatrio nè integrino una minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona nei casi previsti dall’art. 14, lett. C) e cioè “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, tenuto anche conto della concreta possibilità di accesso alla protezione interna da pericoli derivanti da soggetti non statuali, non risultando dimostrata la sua assenza e l’incapacità dello Stato di origine del ricorrente di offrire adeguata tutela e protezione ai suoi cittadini.

Altresì infondato è il terzo motivo di ricorso con il quale il ricorrente censura le affermazioni della Corte territoriale in ordine all’Insussistenza di un rischio oggettivo che correrebbe il ricorrente in caso di rimpatrio, sul presupposto di aver incontrovertibilmente dimostrato sulla base della documentazione versata in atti l’aggravarsi della situazione di conflitto esistente in Nigeria rispetto alla data della sua fuga dal paese. Infatti il motivo proposto, oltre a mancare di autosufficienza per non avere il ricorrente indicato a quale specifica documentazione intende far riferimento, si risolve in una generica critica, priva di specifici richiami di riscontro, del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta dì una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014).

Il ricorso deve pertanto essere respinto. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

Non ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13,comma 1 quater essendo il ricorrente stato ammesso al gratuito patrocinio a carico dello Stato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione nei confronti dei controricorrenti che si liquidano in Euro 2.200,00 oltre spad.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima della Corte di Cassazione, il 24 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2018

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