Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3285 del 12/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 3285 Anno 2018
Presidente: IACOBELLIS MARCELLO
Relatore: CARBONE ENRICO

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5897/2017 R.G. proposto da
Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura
generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma alla via dei
Portoghesi n. 12 è domiciliata;
– ricorrente contro
Carriero Teresina;
– intimata avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della
Basilicata n. 313/2/16 depositata il 26 agosto 2016.
Udita la relazione svolta dal Consigliere Enrico Carbone
nell’adunanza ex art. 380-bis c.p.c. del 10 gennaio 2018.
ATTESO CHE
– Circa l’avviso di accertamento notificato a Teresina Carriero
(commerciante al dettaglio di confezioni di abbigliamento) per
ripresa a tassazione di costi sull’anno d’imposta 2008, l’Agenzia
clelle ntrate impugna por cassazione il rigettO dell’appello
erariale contro l’annullamento di primo grado.
Il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata.

Data pubblicazione: 12/02/2018

Il ricorso denuncia violazione dell’art. 109 d.P.R. 917/1986, art.
38 d.P.R. 602/1973, art. 21 d.P.R. 633/1972, art. 2697 c.c. e
art. 115 c.p.c., per aver il giudice d’appello dichiarato inerenti i
costi ripresi a tassazione.
Il ricorso è fondato: spetta al contribuente provare l’esistenza,
l’inerenza e, ove contestata dall’amministrazione, la coerenza
economica dei costi deducibili, essendo a tal fine insufficiente che

una documentazione di supporto da cui ricavare la ragione e la
coerenza economica della stessa (Cass. 13300/2017 Rv.
644248), a guisa che osta alla deducibilità del costo la genericità
della fattura di supporto (Cass. 21184/2014 Rv. 632824),
giacché la fattura che non identifichi l’oggetto della prestazione
tramite specificazione di natura, qualità e quantità, non risponde
alle finalità di trasparenza e conoscibilità di cui all’art. 21 d.P.R.
633/1972, funzionali alle attività di controllo e verifica (Cass.
21980/2015 Rv. 637197); nella specie, assumendo che la
generica indicazione dell’oggetto di fattura (come «stock di
abbigliamento», senza identificazione di marca e modello dei
capi) fosse idonea a provare l’inerenza della spesa di acquisto, il
giudice d’appello ha violato i superiori princìpi di diritto, con
alterazione dell’onere probatorio relativo alla deducibilità dei
costi.
Il ricorso va accolto e la sentenza cassata, con rinvio per nuovo
esame e regolamento delle spese.
P. Q. M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza e rinvia alla Commissione
tributaria regionale della Basilicata in diversa composizione, anche
per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2018.

la spesa sia stata contabilizzata, occorrendo anche che esista

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