Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32835 del 13/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 13/12/2019, (ud. 09/10/2019, dep. 13/12/2019), n.32835

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20258-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

G.A., titolare della Ditta individuale Justmoment di

G.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1192/3/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE dell’ABRUZZO, depositata il 27/12/2017.

Fatto

RITENUTO

che:

L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR Abruzzo n. 1192/03/2017, depositata il 27.12.2017 che, in controversia su impugnazione di avviso di accertamento, emesso a seguito di verifica della GdF di Pescara – con cui l’Ufficio recuperava a tassazione redditi per ricavi non dichiarati, ai fini IRAP ed IVA per l’anno 2009, da G.A., svolgente attività di commercio elettronico al dettaglio- ha respinto l’appello dell’Ufficio, con compensazione delle spese.

La CTR, confermando la sentenza di primo grado, ha considerato annullabile l’avviso di accertamento per difetto di legittimazione passiva dell’accertato, non essendo risultato sufficientemente dimostrato che le vendite concluse tramite il portale “Ebay Europe S.a.r.l.” fossero effettivamente ricollegabili alla ditta del G. e non, piuttosto, ad altre ditte.

G.A. è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia lamenta l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per aver la CTR ritenuto il difetto di legittimazione passiva di controparte, omettendo di considerare gli elementi probatori forniti dall’Ufficio per dimostrare la riferibilità dei ricavi al contribuente.

Il ricorso è inammissibile.

Questa Corte, infatti, ha più volte ribadito che non è consentito alla parte censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali, contrapponendo una diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione dal parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito, sicchè le censure poste a fondamento del ricorso non possono risolversi nella sollecitazione di una lettura delle risultanze processuali differente da quella operata dal giudice di merito (Cass. n. 29404/2017; cass. n. 13954/2007).

Nella fattispecie in oggetto la CTR, a ben vedere, non ha confermato la decisione della CTP sul difetto di legittimazione passiva, bensì, ha compiuto un accertamento in fatto per escludere la riferibilità al contribuente delle operazioni contestate, in quanto non riconducibili, con precisione e certezza allo stesso, in relazione alle dichiarazioni rilasciate in sede di verifica fiscale ambigue e non significative, in quanto riferibili ad annualità diverse (2006 e 2007) da quella in contestazione.

L’Ufficio, pertanto, propone in realtà un riesame del merito della controversia laddove richiede una revisione della sentenza su una diversa lettura del materiale probatorio. Ciò, inammissibilmente, in quanto il giudizio di Cassazione è un giudizio a critica vincolata, nel quale le censure alla pronuncia di merito devono trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi, in quanto la Corte di Cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa (Cass. n. 6519/2019).

E’ infatti principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che, la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità, non il potere di riesaminare l’intera vicenda processuale, ma la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge. Ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione (Cass. n. 19547/2017); situazione, questa, non ricorrente nel caso in esame in cui la CTR ha vagliato il materiale probatorio e dato adeguata e coerente spiegazione della diversa ricostruzione operata rispetto a quella ipotizzata dall’Agenzia.

Nulla sulle spese in mancanza di costituzione dell’intimato.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2019

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