Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32831 del 13/12/2019
Cassazione civile sez. VI, 13/12/2019, (ud. 09/10/2019, dep. 13/12/2019), n.32831
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –
Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere –
Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11174-2017 proposto da:
P.U., titolare dello studio professionale dentistico,
elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la
CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato ANGELO FLACCAVENTO;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende, ope legis;
– controricorrente –
Fatto
RITENUTO
che:
P.U. ricorre per l’annullamento della sentenza della CTR della Toscana, n. 1801/35/2016 dep. 17 ottobre 2016, che in controversia su impugnazione di avviso di accertamento per Irpef Irap anno 2009 ne ha rigettato l’appello dell’Ufficio. La CTR ha ritenuto valida la sottoscrizione dell’accertamento del Dott. G.F., dirigente che al momento della emissione dell’atto non aveva la qualifica di capo ufficio controlli, acquisita successivamente, in quanto l’invio del provvedimento fiscale era avvenuto successivamente al conferimento della delega, non incidendo sulla sua legittimità, e “sanandosi così, ove fosse occorso, tutto il procedimento”.
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
Diritto
CONSIDERATO
che:
Con l’unico motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 111 Cost., del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42.
Il motivo è fondato.
Va premesso che il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, che disciplina l’accertamento delle imposte dirette, richiede, a pena di nullità, la sottoscrizione del Capo dell’Ufficio, ovvero del Direttore Provinciale, o del Funzionario della carriera direttiva da lui delegato. Questa Corte (da ultimo Cass. n. 27871 del 31/10/2018) ha ribadito che l’avviso di accertamento è nullo se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato e, nel caso in cui la sottoscrizione non sia quella del capo dell’ufficio titolare, in caso di contestazione, incombe sull’Amministrazione dimostrare il corretto esercizio del potere.
Deve altresì ribadirsi che se l’avviso di accertamento non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio “incombe all’Amministrazione dimostrare, in caso di contestazione, l’esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega del titolare dell’ufficio” (Cass., nn. 14626/00, 14195/00; 17044/13, 12781/16; cfr. Cass. sez. 6-5, nn. 19742/12, 332/16; 12781/16; 14877/16; 15781/17; 5200/18), poichè il solo possesso della qualifica non abilita il funzionario della carriera direttiva alla sottoscrizione, dovendo il potere di organizzazione essere in concreto riferibile al capo dell’ufficio (Cass. n. 17400 del 2012).
E’ stato quindi precisato che la sottoscrizione dell’avviso di accertamento da parte di funzionario diverso da quello istituzionalmente competente a sottoscriverlo, ovvero da parte di un soggetto da detto funzionario non validamente ed efficacemente delegato – come nel caso in esame – non soddisfa il requisito di sottoscrizione previsto, a pena di nullità, dal citato D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, commi 1 e 3 (Cass., 2 dicembre 2015, n. 24492, in cui l’onere probatorio facente capo all’Amministrazione, in caso di contestazione, viene giustificato anche con riferimento a principi di leale collaborazione e di vicinanza della prova).
Nella fattispecie l’atto di ingiunzione risultava sottoscritto dal funzionario non avente poteri al momento della emissione dell’atto, in quanto delegato in forza di provvedimento recante data successiva rispetto a quella di apposizione della firma. L’atto tributario, firmato da soggetto privo del potere di firma al momento della sua emissione, è pertanto nullo. Nè può ritenersi sanata l’originaria nullità dell’atto per il conferimento successivo dei poteri di delega.
La sentenza impugnata va pertanto cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamento in fatto, la causa può essere decisa nel merito, con l’accoglimento del ricorso introduttivo del contribuente. Le spese dei gradi di merito vanno compensate. Le spese del presente giudizio di legittimità vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso e decidendo nel merito accoglie il ricorso introduttivo del contribuente. Compensa le spese del merito; condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese, liquidate in Euro 4.000,00, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15% e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2019.
Depositato in cancelleria il 13 dicembre 2019