Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32827 del 13/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 13/12/2019, (ud. 09/10/2019, dep. 13/12/2019), n.32827

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24221-2018 proposto da:

DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– ricorrente –

contro

CANTIERI NAVALI BIMAR SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 655/18/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA SEZIONE DISTACCATA di LATINA, depositata il

06/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. RAGONESI

VITTORIO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Commissione tributaria provinciale di Latina, con sentenza n. 706/16,sez 3, accoglieva il ricorso proposto dalla Contieri Navali Bimar srl avverso l’avviso di accertamento (OMISSIS) per Ires, Iva ed Irap 2007 emesso per operazioni inesistenti.

Avverso detta decisione l’Agenzia delle entrate proponeva appello innanzi alla CTR Lazio, sez dist. Latina, che, con sentenza 655/18/2018, rigettava l’impugnazione confermando l’orientamento espresso dal giudice di primo grado.

Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate sulla base di un motivo.

La società contribuente non ha resistito con controricorso.

La causa è stata discussa in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate contesta la ritenuta tardività della notifica dell’atto di accertamento impugnato non potendo l’Amministrazione fruire del raddoppio dei termini dovuto all’obbligo di denuncia penale perchè la denuncia non era stata presentata entro lo scadere del termine originario.

Il motivo è fondato.

Va in linea di fatto precisato che l’avviso di accertamento relativo all’anno 2007 è stato notificato l’1/7/15 e la sentenza impugnata sostiene, invece, che lo stesso andava notificato entro il 31.12.12 e,cioè,nel termine di cinque anni di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 e D.P.R. n. 633 del 1997, art. 57 in assenza di avvenuta denuncia penale.

Va chiarito che alla fattispecie devono applicarsi i predetti articoli nella formulazione vigente catione temporis a seguito delle modifiche loro apportate dal D.L. n. 223 del 2006, art. 37, commi 24 e 25 che sono del seguente tenore:

24. Al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 43, dopo il comma 2 è inserito il seguente: “In caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 331 c.p.p. per uno dei reati previsti dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, i termini di cui ai commi precedenti sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione.”.

25. Al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 57, dopo il comma 2 è inserito il seguente: “In caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 331 c.p.p. per uno dei reati previsti dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, i termini di cui ai commi precedenti sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione.”.

Questi articoli sono stati oggetto di esame da parte della Corte Costituzionale che,in relazione alla questione oggetto del presente giudizio, ha ritenuto legittima costituzionalmente l’interpretazione delle norme in questione qualora si ritenga che “il raddoppio dei termini di accertamento si applichi: a) anche se la denuncia penale per i reati di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000 non sia stata presentata prima del decorso del termine ordinario di accertamento; b) anche alle annualità antecedenti all’anno 2006, nel quale sono entrate in vigore tali disposizioni.

Quanto al punto sub a), la non implausibilità dell’interpretazione discende dal fatto che il censurato D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, comma 3 (“In caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 331 c.p.p. per uno dei reati previsti dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, i termini di cui ai commi precedenti sono raddoppiati (..””) prevede, quale unica condizione per il raddoppio dei termini, la sussistenza dell’obbligo di denuncia penale, indipendentemente dal momento in cui tale obbligo sorga ed indipendentemente dal suo adempimento. A maggior ragione, la lettera della legge impedisce di interpretare le disposizioni denunciate nel senso che il raddoppio dei termini presuppone necessariamente un accertamento penale definitivo circa la sussistenza del reato..”(C. Cost. n. 247 del 2011).

Questa Corte ha successivamente avuto occasione di occuparsi della medesima questione che è stata oggetto di valutazione della Corte Costituzionale con la citata sentenza,affermando quanto di seguito riportato.

“Quando la disciplina è giunta all’esame della Consulta, la Corte (Corte Cost. 25 luglio 2011, n. 247) ha stabilito che il raddoppio dei termini di decadenza dal potere di accertamento come regolato dal D.L. 223/06 è cagionato da un fattore obiettivo, rinvenibile nell’obbligo di presentazione della denuncia penale, per cui non di raddoppio dei termini in senso proprio si tratta, bensì di un nuovo termine di decadenza, applicabile solo in presenza della circostanza citata. Per questo motivo, ha soggiunto la Corte, non ha rilievo il fatto che la denuncia sia stata compiuta in un momento in cui gli ordinari termini di decadenza erano oramai spirati. In questo contesto, ha ulteriormente precisato, l’obbligo di denuncia, da un lato, sussiste solo ove vi siano seri indizi di reato, il che è un dato obiettivo non lasciato alla discrezionalità del funzionario dell’ufficio tributario; dall’altro, non è escluso dalla configurabilità di una causa di estinzione del reato come la prescrizione.

Il giudice tributario, in definitiva, deve vagliare la sola presenza dell’elemento idoneo a comportare la proroga, quindi verificare la sussistenza di seri indizi di reati utili a determinare l’insorgenza dell’obbligo di presentazione della denuncia, senza estendere l’esame all’accertamento del reato. (Cass. 16728/16).

L’intervenuta archiviazione della denuncia, per quanto fulminea, non è di per se stessa d’impedimento all’applicazione del più lungo termine per l’accertamento, proprio perchè non rilevano nè l’esercizio dell’azione penale da parte del p.m., ai sensi dell’art. 405 c.p.p., mediante la formulazione dell’imputazione, nè la successiva emanazione di una sentenza di condanna o di assoluzione da parte del giudice penale, anche in considerazione del doppio binario tra giudizio penale e procedimento e processo tributario (in termini, Cass. 15 maggio 2015, n. 9974). (Cass. 16728/16).

La medesima sentenza ha altresì rilevato che:

Su tale assetto non è destinata a dispiegare effetti la sequenza di modifiche che hanno riguardato la disciplina dei termini prescritti per l’accertamento rispettivamente dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57. Con la L. 28 dicembre 2015, n. 208, art. 1, commi da 130 a 132, infatti il legislatore ha dettato una nuova disciplina dei termini di accertamento, disponendo la sostituzione dei suddetti D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43….(omissis).

Il legislatore ha peraltro dettato anche una disciplina transitoria, sia pure affidata ad una combinazione di rimandi….. (omissis) che è articolata su due piani:

A.- qualora gli avvisi di accertamento, sia pure relativi a periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016, non siano stati ancora notificati, si applica la disciplina dettata dalla L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 132;

b.- qualora, invece, gli avvisi di accertamento relativi a periodo d’imposta precedenti a quello in corso alla data 31 dicembre 2016 siano stati già notificati, si applica la disciplina dettata dal D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 2. (che stabilisce che “Sono comunque fatti salvi gli effetti degli avvisi di accertamento, dei provvedimenti che irrogano sanzioni amministrative tributarie e degli altri atti impugnabili con i quali l’Agenzia delle entrate fa valere una pretesa impositiva o sanzionatoria, notificati alla data di entrata in vigore del presente decreto” ndr).

La salvezza contemplata da quest’ultima da quest’ultima norma, riferendosi senza distinzione agli effetti degli avvisi, non può che riguardare l’intero corredo disciplinare, sul piano delle conseguenze, scaturente dal diritto vivente, dinanzi sunteggiato, al cospetto del quale è destinata a cedere l’applicabilità immediata delle norme introdotte nel 2015 in tema di raddoppio dei termini, derivante dalla loro natura procedimentale. (Cass. 16728/16)

Alla luce della giurisprudenza di questa Corte sulla questione appena citata deve concludersi che, essendo il D.Lgs. n. 128 del 2015 entrato in vigore il 2/9/15 ed essendo stato l’avviso di accertamento per cui è causa notificato l’1/7/15, al caso in esame deve applicarsi la normativa di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 e D.P.R. n. 633 del 1997, art. 57 nella formulazione vigente catione temporis a seguito delle modifiche loro apportate dal D.L. n. 223 del 2006, art. 37, commi 24 e 25 senza che trovi invece applicazione la successiva normativa di cui alla L. 28 dicembre 2015, n. 208.

Da ciò consegue che, come affermato dalla sentenza della Corte Costituzionale 247/2011 e confermato dalla citata sentenza di questa Corte, ben poteva l’Agenzia delle Entrate notificare l’avviso di accertamento sulla base dell’avvenuto raddoppio dei termini anche in assenza di una preventiva denuncia penale.

Il ricorso va in conclusione accolto nei termini di cui sopra, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla CTR Lazio sez dist. Latina, in diversa composizione, per nuovo giudizio e per la liquidazione delle spese del presente grado.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR Lazio sez dist Latina, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese della presente fase.

Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2019.

Depositato in cancelleria il 13 dicembre 2019

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