Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3282 del 07/02/2017
Cassazione civile, sez. VI, 07/02/2017, (ud. 22/12/2016, dep.07/02/2017), n. 3282
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –
Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3618-2016 proposto da:
P.R., in proprio e nella qualità di accomandatario
della SAN LUIGI SAS SOCIETA’ AGRICOLA DI P.R. &
C., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la
CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato LORETO MASCI giusta
procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
CONDOTTE SRL, P.L.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 235/2014 del TRIBUNALE DI ROVIGO del
17/06/2014, depositata il 23/06/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 22/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. DELL’UTRI
MARCO.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con sentenza resa in data 23/6/2014, il Tribunale di Rovigo, in accoglimento della domanda proposta ex art. 2901 c.c., dalla Condotte s.r.l., ha dichiarato l’inopponibilità, nei confronti di quest’ultima, di una serie di atti di disposizione patrimoniale compiuti da P.L. (debitore della Condotte s.r.l.) in favore di P.R. e della San Luigi s.a.s. società agricola di P.R. & C., siccome posti in essere allo specifico scopo di pregiudicare la soddisfazione delle ragioni creditori della Condotte s.r.l..
2. Dichiarata l’inammissibilità ex art. 348 – bis c.p.c., dell’appello proposto da P.R. e dalla società agricola San Luigi, queste ultime hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado sulla base di due motivi di impugnazione.
3. La Condotte s.r.l. e P.L. non hanno svolto difese in questa sede.
4. A seguito della fissazione della camera di consiglio, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380 – bis c.p.c., le parti non hanno presentato memorie.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
5. Con il primo motivo, le ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione degli artt. 2729 e 2901 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere il tribunale dedotto la sussistenza della consapevolezza, da parte del terzo, del danno arrecato ai creditori, sulla base di elementi presuntivi privi dei necessari requisiti di gravità, precisione e concordanza.
6. Con il secondo motivo, le ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione dell’art. 2901 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere il tribunale ritenuto che gli atti di disposizione compiuti da P.L. avessero comportato una variazione qualitativa dannosa del patrimonio del debitore omettendo di valutare le caratteristiche dei beni presenti nel suddetto patrimonio.
7. Entrambi i motivi sono inammissibili.
Con i motivi in esame, le ricorrente – lungi dal denunciare l’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge – allegano un’erronea ricognizione, da parte del giudice a quo, della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa: operazione che non attiene all’esatta interpretazione della norma di legge, inerendo bensì alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, unicamente sotto l’aspetto del vizio di motivazione (cfr., ex plurimis, Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612745; Sez. 5, Sentenza n. 26110 del 30/12/2015, Rv. 638171).
Nel caso di specie, al di là del formale richiamo, contenuto nell’epigrafe dei motivi d’impugnazione in esame, al vizio di violazione e falsa applicazione di legge, l’ubi consistam delle censure sollevate dalle odierne ricorrenti deve piuttosto individuarsi nella negata congruità dell’interpretazione fornita dalla corte territoriale del contenuto rappresentativo degli elementi di prova complessivamente acquisiti, dei fatti di causa o dei rapporti tra le parti ritenuti rilevanti.
Si tratta, come appare manifesto, di un’argomentazione critica con evidenza diretta a censurare una (tipica) erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa; e pertanto di una tipica censura diretta a denunciare il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato.
Ciò posto, i motivi d’impugnazione così formulati devono ritenersi inammissibili, non essendo consentito alla parte censurare come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante, sul quale la sentenza doveva pronunciarsi (Sez. 3, Sentenza n. 10385 del 18/05/2005, Rv. 581564; Sez. 5, Sentenza n. 9185 del 21/04/2011, Rv. 616892).
8. Non vi è luogo all’adozione di alcun provvedimento in ordine alla regolazione delle spese nel presente giudizio di legittimità, non avendo nessuno degli intimati svolto difese in questa sede.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso.
Nulla sulle spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 22 dicembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2017