Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3281 del 11/02/2020

Cassazione civile sez. lav., 11/02/2020, (ud. 12/11/2019, dep. 11/02/2020), n.3281

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10999/2015 proposto da:

EQUITALIA NORD S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE QUATTRO

FONTANE 161, presso lo studio dell’avvocato SANTE RICCI,

rappresentata e difesa dagli avvocati GIUSEPPE PARENTE, MAURIZIO

CIMETTI;

– ricorrente –

contro

M.F., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato MARIAGRAZIA MARELLI, ANDREA CAPOBIANCO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 66/2015 del TRIBUNALE di ALESSANDRIA,

depositata il 10/02/2015 R.G.N. 402/14.

Fatto

RILEVATO

che:

Il Tribunale di Alessandria con sentenza n. 66 resa pubblica il 10/2/2015, accoglieva l’opposizione proposta da M.F. in proprio e quale titolare dello Studio Tributario Associato, avverso dodici intimazioni di pagamento della s.p.a. Equitalia Nord, volte a conseguire il pagamento della somma di Euro 12.161,39.

Deduceva il giudicante che ai sensi dell’art. 7 dello Statuto del Contribuente, gli atti della amministrazione finanziaria, motivati secondo quanto prescritto dalla L. n. 241 del 1990, art. 3, dovevano tassativamente indicare l’ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito all’atto notificato o comunicato e il responsabile del procedimento; dovevano altresì indicare l’organo o l’autorità amministrativa presso i quali è possibile promuovere un riesame anche nel merito dell’atto in sede di autotutela.

Nello specifico, diversamente da quanto riportato nei modelli previsti dal decreto ministeriale vigente, non era stato indicato l’ufficio cui rivolgersi per un eventuale contraddittorio, nè la sede di Equitalia Nord s.p.a., così come il calcolo nel dettaglio, degli interessi praticati con indicazione del tasso applicato.

Per la cassazione di tale pronuncia ricorre Equitalia Nord s.p.a. sulla base di quattro motivi ai quali resiste con controricorso la parte intimata.

Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo si denuncia nullità parziale della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Si deduce che il giudice di prima istanza sia incorso in palese violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato, avendo rilevato autonomamente la mancata indicazione del computo degli interessi e del metodo di calcolo impiegati, benchè l’opponente non avesse sollevato nella propria impugnazione, alcuna doglianza al riguardo.

2. Il motivo va disatteso.

La ricorrente ha, infatti omesso di trascrivere il contenuto degli atti processuali inerenti al giudizio di merito sui quali è fondata la doglianza onde consentire a questa Corte di effettuare, ex actis, il controllo del corretto svolgersi dell’iter processuale oggetto di censura.

Alla stregua dei consolidati approdi ai quali è pervenuta questa Corte, è stato chiarito come il riconoscere al giudice di legittimità il potere di cognizione piena e diretta del fatto processuale, non comporta il venir meno della necessità di rispettare le regole poste dal codice di rito per la proposizione e lo svolgimento di qualsiasi ricorso per cassazione, ivi compreso quello con cui si denuncino errores in procedendo.

Ciò vuoi dire non solo che i vizi del processo non rilevabili d’ufficio possono esser conosciuti dalla Corte di cassazione solo se, e nei limiti in cui, la parte interessata ne abbia fatto oggetto di specifico motivo di ricorso, ma anche che la proposizione di quel motivo resta soggetta alle regole di ammissibilità e di procedibilità stabilite dal codice di rito, in nulla derogate dall’estensione ai profili di fatto del potere cognitivo della corte. Nemmeno in quest’ipotesi viene meno, in altri termini, l’onere per la parte di rispettare il principio di autosufficienza del ricorso, da intendere come un corollario del requisito della specificità dei motivi d’impugnazione, ora tradotto nelle più definite e puntuali disposizioni contenute nell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (vedi ex plurimis, Cass. S.U. 22/5/2012 n. 8077; Cass. 30/9/2015 n. 19410, Cass. 5/8/2019 n. 20924).

Siffatto onere, nello specifico, non risulta adempiuto non avendo la società ricorrente riprodotto, neanche nelle sue parti essenziali, il contenuto del ricorso introduttivo del giudizio; onde, sotto tale profilo, la pronuncia resiste alla censura all’esame.

3. Con il secondo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50 e del D. Dirig. Direttore generale Dipartimento Entrate – Ministero delle Finanze 28 giugno 1999, art. 3.

La ricorrente prospetta la conformità degli avvisi inviati al M. al modello approvato con decreto del Ministero delle Finanze e dal menzionato Decreto 28 giugno 1999, osservando che nè la legge nè il modello ministeriale richiedono di inserire le indicazioni menzionate dal primo giudice nella pronuncia gravata.

4. La terza censura prospetta violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 21 octies, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si deduce che, in conformità ai dettami della citata disposizione, non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

Nella specie, era indubbio che l’intimazione di pagamento fosse un atto soggetto a vincolo sul quale l’Agente di riscossione non ha il potere di incidere mediante integrazione delle indicazioni in esso contenute, in tal senso palesandosi, quindi, l’errore in cui era incorso il giudice del merito.

5. I motivi, che possono congiuntamente trattarsi per presupporre la soluzione di questioni giuridiche connesse, non sono meritevoli di accoglimento.

Al di là di ogni questione inerente alla conformità degli atti di intimazione di pagamento ai modelli previsti dal D.M. vigente, che appare quale argomentazione ad abundantiam spesa dal Tribunale adito a sostegno della decisione e per la quale non si palesa un esplicito interesse della ricorrente alla impugnazione (vedi ex multis, Cass. 22/10/2014 n. 22380), si osserva che le suddette critiche non si confrontano adeguatamente con quello che è il nucleo essenziale del tessuto motivazionale che innerva l’impugnata sentenza.

Questo va individuato nel principio di garanzia di trasparenza della attività amministrativa, della piena informazione e del diritto di difesa trasfuso nella L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 2 (Statuto del Contribuente) in base al quale gli atti dell’amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione devono tassativamente indicare: a) l’ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito all’atto notificato o comunicato e il responsabile del procedimento; b) l’organo o l’autorità amministrativa presso i quali è possibile promuovere un riesame anche nel merito dell’atto in sede di autotutela; c) le modalità, il termine, l’organo giurisdizionale o l’autorità amministrativa cui è possibile ricorrere in caso di atti impugnabili.

Si tratta di disposizione che sancisce il carattere tassativo della nullità degli atti (vedi in motivazione Cass. 28/6/2016 n. 13322), bene posto in rilievo dal giudice del merito, il quale ha rimarcato la carente indicazione dell’ufficio competente cui rivolgersi ai fini di un eventuale contraddittorio, delle modalità per esperire un eventuale ricorso per impugnazione, della sede di Equitalia Nord s.p.a. così come della indicazione nel dettaglio, del computo degli interessi con riferimento al tasso applicato ed al metodo di calcolo adottato. Indicazioni che non risultano specificamente recate in atti e non appaiono diversamente sanabili (ad esempio, con l’indicazione del numero verde di Equitalia Nord per le informazioni in tema di ufficio competente e sede cui rivolgersi per eventuale contraddittorio), perchè attinenti a diritti fondamentali del contribuente al contraddittorio e alla difesa, sanciti dallo Statuto del contribuente.

6. Con l’ultimo motivo la ricorrente denuncia contraddittoria decisione su un punto decisivo della controversia che ha formato oggetto di discussione fra le parti in relazione al contenuto delle intimazioni di pagamento ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si stigmatizza la insufficienza, incongruenza ed illogicità della motivazione che sostiene la sentenza impugnata, nella parte in cui ha affermato che le intimazioni di pagamento sarebbero carenti delle indicazioni relative all’ufficio competente e alla sede di Equitalia Nord cui rivolgersi per un eventuale contraddittorio, al calcolo degli interessi e alle modalità per proporre ricorso, deduce che invece, l’atto conteneva tutte le suddette indicazioni descritte.

7. Il motivo è inammissibile.

Secondo i principi affermati da questa Corte, in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv. con modif. in L. n. 134 del 2012, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si concretizza nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, quale ipotesi che non rende percepibile l’iter logico seguito per la formazione del convincimento e, di conseguenza, non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice (vedi per tutte, Cass. 17/5/2018 n. 12096).

E tali presupposti non sono certamente ravvisabili nella fattispecie in cui il giudice del merito ha articolato il proprio iter motivazionale secondo le descritte modalità, specificamente enunciando le ragioni di nullità che connotavano l’atto di intimazione di pagamento, secondo modalità non rispondenti alle ipotesi di assoluta omissione o irredimibile contraddittorietà che avrebbero giustificato un sindacato in questa sede di legittimità.

In definitiva, alla stregua delle superiori argomentazioni, il ricorso è respinto.

La regolazione delle spese inerenti al presente giudizio, segue il regime della soccombenza, nella misura in dispositivo liquidata.

Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1 quater) – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 12 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2020

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