Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3280 del 03/02/2022

Cassazione civile sez. I, 03/02/2022, (ud. 04/11/2021, dep. 03/02/2022), n.3280

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32103/2020 proposto da:

E.B., elettivamente domiciliato in Mercato Saraceno (Fc)

Via dell’Orto 12, presso lo studio dell’Avv.to Valentina Graziani,

che lo rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’Interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1832/2020 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 29/06/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

04/11/2021 da Dott. MELONI MARINA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Bologna, con sentenza in data 29/6/2020, ha confermato l’ordinanza del Tribunale di Bologna che a sua volta aveva confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Forlì – Cesena in ordine alle istanze avanzate da E.B. nato in (OMISSIS), volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria e del diritto alla protezione umanitaria.

Il richiedente asilo aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di essere fuggito dal proprio paese per timore di essere arrestato dalla polizia o ucciso in quanto era omosessuale.

Avverso la sentenza E.B. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 comma 5, artt. 4,5,6,8,10,13,27; D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27, artt. 2 e 3 CEDU, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché la Corte di Appello ha ritenuto incoerente ed inattendibile il racconto e le dichiarazioni del ricorrente.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione ex art. 360, comma 1, n. 3), del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per mancato riconoscimento della protezione umanitaria per non avere il giudice di merito preso in considerazione tutti i profili di vulnerabilità e le condizioni di vita del ricorrente, trascurando di considerare l’integrazione e di svolgere il giudizio di comparazione.

Il ricorso è inammissibile.

I motivi proposti contengono una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione dalla Corte territoriale che, come tali, si palesano inammissibili, in quanto dirette a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato le statuizioni impugnate, esponendo le ragioni del proprio convincimento.

In ordine alla valutazione della credibilità la Corte ha ritenuto che il racconto reso era generico, incoerente, lacunoso e pertanto, stante la non credibilità della narrazione della vicenda personale resa dal ricorrente, doveva escludersi l’esistenza di una situazione di rischio di danno grave legata alla situazione individuale dell’istante.

A tal riguardo si osserva, da un lato, che tale valutazione si mostra in linea con i criteri previsti dall’art. 3, comma 5, lett. A) e C), dall’altro che essa costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve per l’appunto valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano circostanziate, coerenti e plausibili; e che tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito. (Cass. Sez. 1 n. 3340 del 05/02/2019). Tenendo peraltro presente che, una volta esclusa la credibilità intrinseca della narrazione offerta dal richiedente asilo alla luce di riscontrate lacune e incongruenze, non deve procedersi al controllo della credibilità estrinseca – che attiene alla concordanza delle dichiarazioni con il quadro culturale, sociale, religioso e politico del Paese di provenienza, desumibile dalla consultazione di fonti internazionali meritevoli di credito – poiché tale controllo assolverebbe alla funzione meramente teorica di accreditare la mera possibilità astratta di eventi non provati riferiti in modo assolutamente non convincente dal richiedente (Cass. Sez. 1 n. 24575/2020). Le doglianze espresse con il primo motivo, prima ancora che infondate alla stregua di tali considerazioni, si mostrano inammissibili essendo dirette piuttosto a chiedere a questa Corte di legittimità di rivedere le valutazioni in fatto, che il ricorrente si limita a non condividere. Del tutto generica, poi, in quanto priva dei necessari riferimenti specifici al contenuto degli atti del giudizio di merito richiesti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, si mostra la censura relativa alla mancanza di allegazione, rilevata dalla Corte d’appello, del rischio di un danno grave derivante da una situazione di violenza indiscriminata nel territorio di provenienza D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. C).

In ordine al rigetto della domanda di protezione umanitaria il motivo si rivela inammissibile, in quanto censura genericamente l’accertamento di merito compiuto dal giudice in ordine alla insussistenza di una integrazione sociale e lavorativa del ricorrente in Italia, valutazione in sé evidentemente non rivalutabile in questa sede, senza indicare quali circostanze di fatto comprovate in atti non siano state considerate. A ciò aggiungasi che la illustrazione del motivo include la nuova deduzione di un fatto – la nascita di un figlio in Italia dalla unione del ricorrente con una ragazza, come da certificato di nascita allegato al ricorso in violazione dell’art. 372 c.p.c. – che non risulta essere stato dedotto nel giudizio di merito e non è pertanto esaminabile per la prima volta in questo giudizio di legittimità.

Per quanto sopra il ricorso proposto deve essere dichiarato inammissibile. Nulla per le spese.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte di Cassazione, il 4 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2022

 

 

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