Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32797 del 13/12/2019

Cassazione civile sez. III, 13/12/2019, (ud. 30/10/2019, dep. 13/12/2019), n.32797

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6036-2018 proposto da:

F.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA, 2,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO AMERICO, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

C.O.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 797/2017 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 22/08/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/10/2019 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE Alessandro, che ha concluso per l’accoglimento del 1 motivo di

ricorso assorbiti gli altri;

udito l’Avvocato MUGGIA STEFANO per delega orale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. F.R. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Pesaro C.O. chiedendo la condanna al pagamento di Euro 17.532,00, pari a trentasei mensilità dell’ultimo canone corrisposto, a titolo risarcitorio ai sensi della L. n. 431 del 1998, art. 3, commi 3 e 5, per non avere la convenuta, in qualità di proprietaria dell’immobile locato all’attore, venduto l’immobile nei dodici mesi previsti dalla legge nonostante la mancata rinnovazione del rapporto per la volontà della C. di procedere alla vendita. Si costituì la parte convenuta chiedendo il rigetto della domanda.

2. Il Tribunale adito rigettò la domanda, motivando nel senso che il termine di dodici mesi decorreva dall’esaurimento della procedura di sfratto.

3. Avverso detta sentenza propose appello il F.. Si costituì la parte appellata chiedendo il rigetto dell’appello.

4. Con sentenza di data 22 agosto la Corte d’appello di Ancona dichiarò l’improcedibilità della domanda. Osservò la corte territoriale che il F. aveva omesso ingiustificatamente di partecipare personalmente alla procedura di mediazione di cui al D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 8 e che non era precluso al giudice di appello rilevare la nullità della sentenza per il difetto di rituale mediazione non rilevato dal giudice di primo grado.

5. Ha proposto ricorso per cassazione F.R. sulla base di tre motivi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, commi 1 e 1 bis, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva il ricorrente che l’improcedibilità della domanda per mancato esperimento del procedimento di mediazione deve essere eccepita dal convenuto a pena di decadenza o rilevata d’ufficio dal giudice non oltre la prima udienza e che nè controporte, nè tanto meno il giudice di primo grado, avevano sollevato alcuna eccezione sul punto.

2. Con il secondo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 1 bis, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva il ricorrente che nessuna disposizione normativa impone la presenza personale della parte alla procedura di mediazione e che la volontà delle parti nella procedura era stata espressa per il tramite dei difensori delegati.

3. Con il terzo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 2, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva il ricorrente che il giudice di appello, nel caso ravvisi un’ipotesi di improcedibilità della domanda per mancato e/o errato esperimento della mediazione, ha facoltà di sanare il vizio rinviando le parti alla mediazione e comunque deve indagare sulla possibilità di consentire nuovamente la mediazione tenendo conto della natura della causa, dello stato dell’istruzione e del comportamento delle parti.

4. Il primo ed il terzo motivo, da valutare unitariamente in quanto connessi, sono fondati.

Il D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 1-bis, prevede quanto segue: “chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto, assistito dall’avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero i procedimenti previsti dal D.Lgs. 8 ottobre 2007, n. 179, e dai rispettivi regolamenti di attuazione ovvero il procedimento istituito in attuazione dell’art. 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell’art. 187-ter del Codice delle assicurazioni private di cui al D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, per le materie ivi regolate. L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. A decorrere dall’anno 2018, il Ministro della giustizia riferisce annualmente alle Camere sugli effetti prodotti e sui risultati conseguiti dall’applicazione delle disposizioni del presente comma. L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’art. 6. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. Il presente comma non si applica alle azioni previste dagli artt. 37,140 e 140-bis del codice del consumo di cui al D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni”.

Come risulta evidente dalla disposizione, l’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza del giudizio di primo grado. In tal senso è l’orientamento di questa Corte (Cass. 13 novembre 2018, n. 29017; 13 aprile 2017, n. 9557; 2 febbraio 2017, n. 2703). In mancanza della tempestiva eccezione del convenuto, ove il giudice di primo grado non abbia provveduto al relativo rilievo d’ufficio, è pertanto precluso al giudice di appello rilevare l’improcedbilità della domanda. Nel caso di specie sono mancati alla prima udienza del giudizio di primo grado sia l’eccezione della parte che il rilievo d’ufficio da parte del giudice.

Come affermato da Cass. 30 ottobre 2018 n. 27433, nello stadio d’appello è prevista solo una facoltà del giudice di creare la condizione di procedibilità alla luce di una valutazione discrezionale. Viene infatti stabilito dall’art. 5, comma 2 che “il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti, può disporre l’esperimento del procedimento di mediazione; in tal caso, l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello”.

5. L’accoglimento di primo e terzo motivo determina l’assorbimento del secondo motivo.

P.Q.M.

accoglie il primo ed il terzo motivo del ricorso con assorbimento del secondo motivo; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti; rinvia alla Corte di appello di Ancona in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 30 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2019

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