Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32794 del 19/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 19/12/2018, (ud. 28/06/2018, dep. 19/12/2018), n.32794

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28908/2011 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato.

– ricorrente –

contro

S.S.;

– resistente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania, sezione n. 51, n. 208/51/10, pronunciata il 22 ottobre

2010, depositata il 5 novembre 2010.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 28 giugno

2018 dal Consigliere Riccardo Guida.

Fatto

FATTI DI CAUSA

In seguito alla sentenza della Commissione tributaria regionale campana (hinc: CTR) che dichiarò legittimo l’avviso di accertamento, relativo all’anno di imposta 1993, nei confronti di S.S. e C.L., per maggiore reddito d’impresa, per contributi sanitari, sanzioni ed interessi, venne notificata ai contribuenti una cartella di pagamento conseguente all’iscrizione al ruolo dei tributi e degli accessori, prima del passaggio in giudicato della sentenza.

I contribuenti, allora, impugnarono la cartella allegando la violazione delle norme che vietano la riscossione delle sanzioni in pendenza del giudizio d’impugnazione dell’avviso di accertamento.

Il ricorso fu rigettato dal giudice di primo grado, mentre la CTR, con la sentenza in epigrafe, in riforma di quella decisione, accolse la domanda dei ricorrenti e dichiarò non dovute le sanzioni iscritte a ruolo, richiamando il D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 19, a causa della pendenza del giudizio relativo all’impugnazione dell’avviso di accertamento.

Per la cassazione ha proposto ricorso, con un motivo, l’Agenzia delle entrate nei confronti dello S., non costituito.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Unico motivo del ricorso: “Violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68 e del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 19, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

Si denuncia l’errore di diritto della sentenza impugnata che ha negato che, in pendenza del ricorso per cassazione avverso l’atto impositivo recante sanzioni a carico del contribuente, queste ultime possano essere iscritte a ruolo, trascurando che, in virtù delle norme appena richiamate, dopo la sentenza della CTR che respinge l’appello del contribuente, le sanzioni vanno interamente pagate.

1.1. Il motivo è fondato.

E’ opportuno comporre il quadro normativo di riferimento.

Il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 68, comma 3, prevedeva: “3. Le imposte suppletive e le sanzioni pecuniarie debbono essere corrisposte dopo l’ultima sentenza non impugnata o impugnabile solo con ricorso in cassazione.”.

Il D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 29, in vigore dal 1^ aprile 1998, ha abrogato (comma 1, lett. d)) le parole “e le sanzioni pecuniarie”.

Il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 19, nel riordinare tutte le norme in materia di sanzioni per violazioni di norme tributarie, al primo comma dispone che: “In caso di ricorso alle commissioni tributarie si applicano le disposizioni dettate dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 68, commi 1 e 2, recante disposizioni sul processo tributario.”.

La generica menzione delle commissioni tributarie, in relazione sia al precedente che all’attuale ordinamento, e l’abrogazione, con il D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 37, del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15, comma 2, che regolava la riscossione frazionata secondo il precedente sistema normativo, fanno sì che l’art. 68 cit. sia divenuto la regola generale in tema di riscossione frazionata nella fase relativa alla pendenza del processo tributario (Cass. 12/11/2010, n. 22997; 10/06/2011, n. 12791).

Il tema del decidere è regolato dal principio di diritto secondo cui, con riferimento alla riscossione frazionata di sanzioni, a norma del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, commi 1 e 2, nella formulazione vigente dal 1^ aprile 1998, a seguito dell’intervento abrogativo del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 29, riguardante proprio le sanzioni pecuniarie, l’applicazione delle medesime, in caso di esecuzione frazionata, può avvenire anche antecedentemente al passaggio in giudicato della sentenza che ad esse si riferisca.

Tale regula iuris, applicabile alla fattispecie concreta in esame, consente la riscossione (frazionata) anche delle sanzioni antecedentemente al passaggio in giudicato della sentenza che statuisca su di esse (Cass. 4/12/2013, n. 27201; 11/10/2017, n. 23784).

La CTR, nell’affermare l’antigiuridicità della riscossione delle sanzioni, nelle more del passaggio in giudicato della sentenza d’appello dichiarativa della legittimità dell’atto impositivo (presupposto), non ha fatto corretta applicazione del principio di diritto appena enunciato.

2. L’accoglimento del motivo comporta la cassazione della sentenza; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, come stabilito dall’art. 384 c.p.c., comma 2, seconda parte, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.

3. Le spese dei due gradi di merito vanno compensate, tra le parti, mentre quelle del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

accoglie il ricorso;

cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo;

compensa, tra le parti, le spese dei gradi di merito e condanna il contribuente a pagare le spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.000,00, a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 28 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2018

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