Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32792 del 13/12/2019

Cassazione civile sez. III, 13/12/2019, (ud. 15/10/2019, dep. 13/12/2019), n.32792

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22590/2017 proposto da:

G.S., A.F., A.A.,

A.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE, 108,

presso lo studio dell’avvocato PATRIZIA BISOGNO, rappresentati

difesi dall’avvocato GIOVANNI CONCILIO;

– ricorrenti –

contro

N.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SEBASTIANO VENIERO

8, presso lo studio dell’avvocato SAVERIO SINISCALCHI, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

GENERALI ITALIA SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1135/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 13/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/10/2019 dal Consigliere Dott. PASQUALE GIANNITI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato GERARDI ALESSANDRO per delega;

udito l’Avvocato FIERMONTE GRAZIA per delega.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Napoli con sentenza n. 1135/2017 accogliendo parzialmente l’impugnazione proposta da A.F., G.S., A.G. e A.A. nei confronti di N.R. e della compagnia Generali Italia Assicurazioni S.p.A., quale Impresa designata per la Regione Campania alla gestione dei sinistri a carico del Fondo di Garanzia delle Vittime della strada – ha riformato la sentenza n. 2570/2010 del Tribunale di Nola in punto di quantificazione del danno morale; e, per l’effetto, ha condannato la compagnia assicurativa al pagamento in favore degli eredi di ulteriori somme (precisamente: in favore di A.F. e di G.S. dell’ulteriore somma di Euro 23.832 e in favore di A.G. e di A.A. dell’ulteriore somma di Euro 11.056,81, oltre accessori) a titolo di risarcimento danni in relazione al sinistro occorso in data (OMISSIS), in conseguenza del quale aveva perso la vita il loro congiunto A.V.; confermando nel resto la sentenza di primo grado e, per quanto qui interessa, nella parte in cui il Tribunale di Nola aveva dichiarato l’improponibilità della domanda risarcitoria da essi proposta nei confronti di N.R..

2. Era accaduto che nel 2002 i predetti A.F., G.S., A.G. e A.A., avevano convenuto in giudizio innanzi al Tribunale di Nola N.R. e la Generali Assicurazioni S.p.A., nella suddetta qualità, per ottenere il risarcimento dei danni subiti a causa della morte del loro congiunto A.V.. A fondamento della loro domanda avevano dedotto che: in data (OMISSIS) alle ore 2200 circa in (OMISSIS), lungo la via (OMISSIS), N.R., alla guida dell’autovettura Lancia Y10, tg. (OMISSIS), di proprietà di S.P., aveva avviato l’autovettura dalla stessa condotta, accelerando nonostante fosse ad essa aggrappato A.V., il quale, a causa di ciò, era rovinato al suolo; che in tale frangente, quest’ultimo, quando ancora si trovava sul manto stradale, era stato investito da un autoveicolo proveniente dal senso opposto di marcia che, dopo l’impatto, aveva proseguito senza prestargli soccorso; a causa delle descritte e concorrenti condotte A.V., era deceduto; sul luogo del sinistro erano intervenuti i c.c. di Palma Campania; il procedimento penale instaurato nei confronti di N.R. si era concluso con la sentenza n. 752/2001 pronunciata ex art. 444 c.p.p.; la responsabilità del sinistro mortale occorso al loro congiunto doveva ascriversi al concorso delle condotte gravemente colpose poste in essere sia da N.R. che dal conducente del veicolo non identificato.

Si era costituita N.R., la quale: aveva chiesto il rigetto della domanda attorea, essendo stata determinata la condotta ascrittale dagli attori come causalmente concorrente nella produzione del sinistro de quo dall’aver agito per legittima difesa (stante la necessità di sottrarsi all’aggressione posta in essere dall’ A. nei confronti suoi e di S.P., trasportato sull’auto da lei condotta, negli attimi immediatamente precedenti l’investimento); aveva evidenziato altresì che sotto il profilo eziologico la condotta imprudente tenuta dall’ A., e cioè l’essersi quest’ultimo aggrappato alla vettura da lei condotta, doveva ritenersi la causa esclusiva del suo successivo investimento; in via subordinata, aveva chiesto in via riconvenzionale l’accertamento delle rispettive responsabilità di tutti i soggetti coinvolti nel sinistro.

Si erano altresì costituite le Generali Assicurazioni, nella suddetta qualità, le quali aveva contestato la domanda, sostenendo in particolare il difetto di legittimazione attiva degli istanti; l’assenza di responsabilità in capo al conducente il veicolo non identificato (dovendosi ascrivere la produzione del sinistro esclusivamente alla condotta di guida tenuta dall’altra convenuta N.R.); il concorso di colpa della vittima del sinistro e l’eccessivo ammontare della spiegata pretesa risarcitoria. Tanto premesso, la compagnia aveva chiesto che fosse dichiarata l’esclusiva responsabilità della convenuta N. ovvero, in subordine, il concorso di colpa tra quest’ultima e lo stesso A.V. e che, in ogni caso, nell’eventualità in cui fosse riconosciuta una sia pur minima responsabilità del conducente li veicolo non identificato, la condanna fosse contenuta nei limiti del massimale di legge.

A causa del decesso del procuratore della N., il giudizio era stato dichiarato interrotto, ma, a seguito della sua riassunzione ad opera degli attori, la predetta era rimasta contumace.

Il Giudice di primo grado, espletata istruttoria documentale:

– da un lato, aveva dichiarato l’improponibilità della domanda nei confronti di N.R., dichiarando interamente compensate le spese di lite in ordine al rapporto processuale tra gli attori e la convenuta;

– dall’altro, aveva dichiarato il concorso di colpa nella misura del 30% del conducente del veicolo sconosciuto nella causazione dell’evento dannoso ed aveva condannato la compagnia Generali Assicurazioni S.p.A., nella qualità di impresa designata, al pagamento in favore di A.F. e G.S., genitori del defunto A.V., della somma di Euro 48.000,00 ciascuno, oltre interessi sulla somma originaria di Euro 38.137,46, rivalutata di anno in anno secondo gli indici Istat Foi dalla data del fatto (23/5/1998) alla data di pubblicazione della sentenza e da tale data, sulla somma interamente rivalutata ed al tasso legale annuo, fino al soddisfo; nonchè al pagamento di Euro 6.513,318 in favore di A.G. e A., oltre interessi sulla somma originaria di Euro 5.175,02, rivalutata di anno in anno secondo gli indici Istat Foi dalla data del fatto (23/5/1998) alla data di pubblicazione della sentenza e da tale data, sulla somma interamente rivalutata ed al tasso legale annuo, fino al soddisfo; ed aveva condannato la Generali Assicurazioni S.p.A. nella suddetta qualità, al pagamento di un terzo delle spese processuali, con attribuzione al procuratore antistatario, dichiarandole compensate per la restante parte.

Avverso tale sentenza avevano proposto appello A.F., G.S., A.G. e A.A., i quali: in primo luogo, avevano contestato la dichiarazione di improponibilità della domanda nei confronti di N.R., in quanto frutto di manifesta erronea qualificazione della domanda esercitata come azione ex art. 2054 c.c., laddove nel caso di specie la domanda doveva essere correttamente inquadrata nella previsione normativa dell’art. 2043 cc.; quindi, avevano contestato l’erronea applicazione della L. n. 990 del 1969, art. 22, e la violazione dell’art. 72 c.p. e ss.; avevano altresì censurato la erronea applicazione degli artt. 40 e 41 c.p., in ordine alla valutazione del nesso di causalità tra le condotte e l’evento, nonchè la violazione dell’art. 1227 c.c., in ordine alla determinazione del grado di colpa con contestuale omessa pronuncia sul grado di colpa attribuita alla N.R. e alla stessa Vittima; infine avevano sostenuto la erronea liquidazione del danno non patrimoniale.

Si era costituita l’appellata Generali Assicurazioni, la quale, riportandosi alle precedenti difese, aveva contestato l’appello e ne aveva chiesto il rigetto con conferma dell’impugnata sentenza.

Non si era costituita N.R., benchè regolarmente citata, restando, pertanto, contumace.

E la Corte territoriale con la impugnata sentenza ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado nei termini sopra indicati.

3. Avverso la sentenza della Corte territoriale avevano proposto ricorso gli originari attori, articolando due motivi

Aveva resistito con controricorso N.R.. Ed i ricorrenti, in vista dell’adunanza di sesta che si sarebbe svolta in data 12 aprile 2019, avevano depositato memoria a sostegno del ricorso.

Questa Corte, ad esito della suddetta adunanza, ha disposto il rinvio della causa alla trattazione in pubblica udienza sul presupposto che “taluni degli argomenti agitati dalle parti” potevano avere rilevanza nomofilattica.

In vista dell’odierna udienza pubblica, N.R. ha depositato memoria a sostegno del controricorso.

All’odierna udienza pubblica il Procuratore Generale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso, mentre i difensori delle parti hanno insistito nell’accoglimento delle rispettive già articolate richieste.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. A.F., G.S., A.G. e A.A. censurano la sentenza impugnata per due motivi.

1.1. Con il primo motivo, articolato in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, denunciano violazione e/o falsa applicazione della L. n. 990 del 1969, art. 22, e degli artt. 2043 e 2054 c.c., nella parte in cui la Corte territoriale ha dichiarato a sua volta improponibile la domanda risarcitoria da essi formulata nei confronti di N.R.. Rilevano che detta domanda era stata erroneamente qualificata ex art. 2054 c.c., costituendo invece – come espressamente indicato fin dall’atto introduttivo del giudizio di primo grado – riproposizione della azione civile di risarcimento del danno, che era stata proposta mediante costituzione di parte civile nel procedimento penale a carico della N. (conclusosi con sentenza n. 752/01 del Tribunale di Nola, che aveva applicato alla N. la pena richiesta, condannandola alla rifusione delle spese di costituzione e rappresentanza sostenute dalla parte civile). Richiamando precedente di questa Corte (e in particolare la sentenza n. 3278/1997), sostengono che, in caso di condanna con sentenza penale irrevocabile del danneggiante, la vittima dell’illecito può azionare la pretesa risarcitoria in sede civile anche senza preventivo espletamento delle formalità previste dalla L. n. 990 del 1969, art. 22, (formale costituzione in mora, con invio preventivo di richiesta di risarcimento danni in sede stragiudiziale ed attesa del correlato spatium deliberandi). Deducono che al più l’azione da essi proposta avrebbe dovuto essere qualificata come richiesta di risarcimento danni ex art. 2043 c.c..

1.2. Con il secondo ed ultimo motivo, articolato in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, denunciano violazione dell’art. 112 c.p.c., con omesso esame del fatto controverso e decisivo costituito dal fatto che essi, quali eredi del congiunto A.V., avevano inteso riproporre, dinanzi al giudice civile, l’azione già esperita in sede penale, al fine di ottenere il risarcimento dei danni, a seguito di una sentenza ex art. 444 c.p.p., divenuta irrevocabile. Si dolgono che la corte territoriale ha dichiarato l’improponibilità della domanda nonostante che essi avevano espressamente indicato a più riprese nell’atto di appello che non era necessario il preventivo espletamento delle formalità di cui alla L. n. 990 del 1990, art. 2, (per le ragioni sopra indicate).

2. I motivi – che vengono qui trattati congiuntamente, in quanto entrambi diretti ad affermare che la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere improponibile la domanda nei confronti di N.R. – sono entrambi infondati.

La Corte territoriale nella impugnata sentenza ha confermato la sentenza di primo grado nella parte in cui il Tribunale di Nola aveva inquadrato la domanda risarcitoria proposta dagli attori nell’ambito della previsione normativa di cui all’art. 2054 c.c., sulla base delle seguenti argomentazioni:

-gli attori avevano indirizzato la loro pretesa risarcitoria nei confronti della N., quale conducente del veicolo Lancia Y10 di proprietà di S.P., sostenendone la responsabilità attraverso la descrizione della condotta dalla stessa tenuta nell’occasione (laddove aveva avviato la vettura ed aveva accelerato la marcia, nonostante l’ A. si fosse aggrappato alla portiera, in tal modo provocandone la caduta lungo la via di circumvallazione);

-il sinistro era quindi connesso con la circolazione del veicolo condotto dalla N., trovandosi lo stesso al momento del verificarsi dell’evento dannoso, su una strada di uso pubblico o su area a questa equiparata, in una condizione riconducibile ad una fase della circolazione, presupposto dell’operatività dell’art. 2054 c.c..

Così inquadrata la domanda, la Corte territoriale ha correttamente ritenuto gli attori onerati della preventiva richiesta con raccomandata di cui alla L. n. 990 del 1969, art. 22, nei confronti dell’assicuratore del veicolo condotto dalla N., in quanto:

-tale condizione di proponibilità opera non solo nel caso di azione diretta ai sensi dell’art. 18, della legge suddetta ma anche di azione di responsabilità aquiliana a norma dell’art. 2054 c.c.; ed è posta dalla legge senza distinzione tra le persone contro cui venga proposta, cumulativamente o singolarmente, per cui è improponibile anche la domanda ex art. 2054 c.c., promossa contro il proprietario o il conducente del veicolo, qualora la domanda non sia stata proposta oltre il termine di 60 giorni dalla richiesta di risarcimento all’assicuratore r.c.a.;

-il principio dell’improponibilità dell’azione di risarcimento da parte del danneggiato, prima che siano decorsi 60 giorni dalla relativa richiesta avanzata per mezzo di raccomandata, non trova applicazione esclusivamente nel caso in cui il danneggiato sia stato nell’incolpevole impossibilità di identificare l’assicuratore e di provvedere al detto adempimento, in base al principio “ad impossibilia nemo tenetur”; ma tale incolpevole impossibilità ricorre quando il responsabile civile abbia rifiutato di indicare l’assicuratore al danneggiato che glielo abbia richiesto con lettera raccomandata, mentre nel caso di specie non vi era prova che gli attori, prima intraprendere il giudizio, avessero inviato lettera di messa in mora alla impresa che assicurava per la RCA la vettura, nè che avessero richiesto l’indicazione dell’assicuratore di questa, senza averne risposta;

– la costituzione di parte civile nel processo penale non poteva essere considerata equipollente alla preventiva richiesta, in quanto al processo penale non aveva partecipato la compagnia assicuratrice quale responsabile civile.

I ricorrenti, a sostegno del loro assunto, evocano il principio affermato da questa Corte con sentenza n. 3278 del 16/4/1997, ma trascurano che la fattispecie sottesa a quel precedente concerneva un processo penale, definito con sentenza penale di condanna passata in giudicato, nel quale era stata parte la compagnia assicuratrice, mentre la fattispecie sottesa al ricorso in esame concerne un procedimento penale definito con sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, nella quale la compagnia assicuratrice non è stata parte.

Ne consegue che i ricorrenti – poichè (non hanno proseguito in sede civile una domanda risarcitoria già compiutamente esercitata in sede penale, ma) hanno proposto una domanda ex art. 2054 c.c., nei confronti della N. ed ex L. n. 990 del 1969, nei confronti del Fondo di Garanzia – avrebbero dovuto far precedere detta domanda dal previo esperimento delle formalità previste dall’art. 22 della citata legge speciale.

Poichè ciò non è avvenuto, la domanda risarcitoria proposta in sede civile nei confronti della N. correttamente è stata ritenuta improponibile da entrambi i giudici di merito.

Il ricorso pertanto va rigettato.

3. Nonostante il rigetto del ricorso, avuto riguardo alla disposizione dell’art. 91 c.p.c., nella formulazione vigente al momento di introduzione del giudizio di merito (giugno 2002), si ravvisano giusti motivi per dichiarare integralmente compensate tra le parti le spese relative al presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e dichiara integralmente compensate tra le parti le spese processuali relative al giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera di parte ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2019

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