Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3278 del 12/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 3278 Anno 2014
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 12389-2012 proposto da:
AGENZIA DEL TERRITORIO 80416110585, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente contro
ISTITUTO SUORE CAPPUCCINE DI MADRE RUBATTO, in
persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, PIAZZA DELLE CINQUE GIORNATE 2,
presso lo studio dell’avvocato MERLINI PAOLO, che lo rappresenta
e difende unitamente all’avvocato MERLINI MASSIMO giusta
procura in calce al controricorso;

– controrkorrente –

Data pubblicazione: 12/02/2014

avverso la sentenza n. 105/67/2011 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di MILANO SEZIONE
DISTACCATA di BRESCIA del 7/03/2011, depositata il
06/04/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

CARACCIOLO.

Ric. 2012 n. 12389 sez. MT – ud. 23-01-2014
-2-

23/01/2014 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

Osserva:
La CTR di Milano ha respinto l’appello dell’Agenzia del Territorio -appello proposto
contro la sentenza n.41/12/2009 della CTP di Bergamo che aveva accolto il ricorso
della parte contribuente “Istituto Suore Cappuccine Madre Rubatto”- ed ha così
annullato l’avviso di classamento di unità immobiliare urbana notificato 1’11.7.2008,
recante aumento della rendita catastale (da € 85.322,00 ad € 196.240,00) di un
immobile sito in Bergamo e destinato a casa di cura, rendita che era stata proposta
dalla stessa parte contribuente con la denuncia di variazione DOCFA depositata il
12.06.2007, denuncia che faceva seguito (senza sostanziale variazione della rendita
proposta) ad altra presentata il 24.6.2005 per dare atto di una attività di ampliamento
e demolizione parziale.
La predetta CTR ha motivato la decisione nel senso di ritenere illegittimo il
provvedimento poiché modificativo del silenzio-assenso che si era formato per
effetto dell’omessa effettuazione di accertamento entro mesi 12 dalla presentazione
della denuncia; inoltre perché la stima effettiva (atteso il listino della camera di
commercio locale per il biennio considerato -1988/1999- compresa l’incidenza
dell’area e considerate le opportune riduzioni per vetustà, incidenza dell’area
edificabile e delle infrastrutture) “è assai prossima al valore di mercato accertato in
data 21.6.2006 dall’Ufficio, con attribuzione di rendita pari ad € 85.322,00”; infine
perché non poteva ritenersi osservato l’obbligo di motivazione, atteso che l’avviso di
classamento risultava argomentato con la mera indicazione dei dati oggettivi acclarati

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letti gli atti depositati

dall’UTE e dalla classe conseguentemente attribuita, elementi non idonei a consentire
al contribuente una giusta ed appropriata difesa.
L’Agenzia del territorio ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
La parte contribuente si è difesa con controricorso.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore- può essere

Ed invero, con il primo motivo di impugnazione (improntato alla violazione dell’art. I
comma 3 del Decreto n.701/1994, nonché dell’art.152 cpc) la parte ricorrente si duole
per avere il giudicante attribuito natura perentoria al termine previsto dal predetto
art.1 comma 3 circa la rettifica della rendita catastale proposta dalla parte
contribuente; con il secondo motivo (improntato alla violazione degli art.3 della legge
n.241/1990 e 7 della legge n.21212000), la parte ricorrente si duole che il giudicante
abbia ritenuto insufficiente la motivazione del provvedimento di classamento, per
quanto all’interno del prospetto di stima allegato al notificato atto di classamento
figurassero tutti gli elementi atti a mettere la parte in condizione di comprendere le
ragioni logico-estimali utilizzate per la rettifica della rendita proposta.
Entrambi i motivi, nella loro complessiva formulazione, appaiono inammissibilmente
proposti, atteso che con nessuno di essi la parte ricorrente impugna una delle tre
autonome ratio decidendi su cui si fonda la pronuncia impugnata, che è sostanziata —
nella sentenza del giudice di appello- nella ritenuta esorbitanza della stima effettuata
dall’Ufficio rispetto a quella effettiva desumibile dai listini camerali di cui il
giudicante mostra di avere cognizione precisa. In tal modo, infatti, il giudicante ha
superato le questioni propriamente attinenti all’illegittimità del provvedimento
impugnato, censurandolo anche per un aspetto di iniquità, aspetto a riferimento del
quale nessuna esplicita censura è stata formulata dalla parte ricorrente.
Trattandosi di argomento idoneo a supportare in piena autonomia la pronuncia del
giudice del merito, l’omessa impugnazione specifica di quello non può che costituire
ragione di inammissibilità degli altri motivi esplicitamente proposti, l’accoglimento
dei quali non consentirebbe comunque di cassare la sentenza impugnata.

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definito ai sensi dell’art.375 cpc.

In proposito la Corte Suprema ha avuto più volte modo di chiarire (per tutte Cass.Sez.
3, Sentenza n. 24540 del 20/11/2009) che: “Nel caso in cui la decisione impugnata sia
fondata su una pluralità di ragioni, tra di loro distinte e tutte autonomamente
sufficienti a sorreggerla sul piano logico-giuridico, è necessario, affinché si giunga
alla cassazione della pronuncia, che il ricorso si rivolga contro ciascuna di queste, in

ferma la decisione basata su di esse”.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
inammissibilità.
Roma, 5 maggio 2013

ritenuto inoltre:
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati
delle parti;
che la parte ricorrente, con atto di data 30.10.2013 ha comunicato di voler
“rinunciare” al ricorso iscritto come introduttivo della presente causa (alla luce
dell’orientamento ormai assunto dalla Suprema Corte sulla questione concernente,
come altre, anche la presente controversia);
che l’anzidetta dichiarazione di rinuncia, se pure non risulta notificato alle altre
parti del processo a mente del comma 3 dell’art.390 cpc, implica comunque una
dichiarazione di disinteresse all’esame dell’impugnazione proposta con il ricorso per
cassazione, sicchè il ricorso deve comunque dichiararsi estinto per sopravvenuta
carenza di interesse,
che le spese di lite possono essere regolate

secondo il criterio della

compensazione, atteso che l’atto di rinuncia è stato manifestamente determinato dal
consolidamento di un indirizzo giurisprudenziale contrario alle tesi della parte
pubblica conformatosi medio tempore

P.Q.M.
La Corte dichiara estinto il ricorso per carenza di interesse. Compensa tra le parti

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quanto, in caso contrario, le ragioni non censurate sortirebbero l’effetto di mantenere

le spese di lite.

Depositata in Cancelleria

Così deciso in Roma il 23 gennaio 2014

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