Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32773 del 19/12/2018

Cassazione civile sez. un., 19/12/2018, (ud. 23/10/2018, dep. 19/12/2018), n.32773

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –

Dott. CURZIO Pietro – Presidente di sez. –

Dott. DI IASI Camilla – Presidente di sez. –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8156-2017 proposto da:

LEGHE LEGGERE CAMPANELLA S.R.L., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO

EMANUELE II 154/3DE, presso lo studio dell’avvocato DANIELE GRANARA,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNI GERBI;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO ASSISTENZA NAUTICA DEL PORTO DI GENOVA S.R.L., SOCIETA’

AMICO & CO S.R.L., GATTI S.R.L., GENOA SEA SERVICE S.R.L., in

persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore,

elettivamente domiciliate in ROMA, LUNGOTEVERE DELLE NAVI 30, presso

lo studio dell’avvocato FEDERICO SORRENTINO, che le rappresenta e

difende unitamente all’avvocato FRANCESCO MUNARI;

– controricorrenti –

e contro

AUTORITA’ DI SISTEMA PORTUALE DEL MAR LIGURE OCCIDENTALE (già

AUTORITA’ PORTUALE DI GENOVA);

– intimata –

avverso la sentenza n. 688/2017 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il

16/02/2017.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/10/2018 dal Consigliere ANDREA SCALDAFERRI.

Fatto

RILEVATO

che:

la Leghe Leggere Campanella s.r.l. (LLC), cessionaria di ramo d’azienda della fallita (OMISSIS) s.r.l. ((OMISSIS)) titolare di concessioni pluriennali di demanio portuale all’interno del Porto di Genova, adiva con più ricorsi il Tribunale Amministrativo della Liguria;

una prima impugnazione aveva ad oggetto gli atti con i quali l’Autorità portuale di Genova aveva autorizzato la società ricorrente, ai sensi dell’art. 46 c.n., al subingresso solo in via temporanea nelle concessioni suddette (aventi ad oggetto un compendio immobiliare per l’esercizio di attività di manutenzione, rimessaggio e ormeggio di imbarcazioni), nei limiti della scadenza naturale e dando atto che era pendente una concorrente istanza di concessione formulata da altro operatore concorrente, il raggruppamento di imprese formato da s.r.l. Amico & Co., Gatti, Genoa Sea Service e Consorzio Assistenza Nautica del Porto di Genova;

una seconda impugnazione aveva ad oggetto l’ultimo rinnovo delle concessioni – rilasciato solo nei limiti della scadenza dei titoli originari ed ai fini dello sgombero e messa in pristino delle aree – nonchè gli esiti della selezione comparativa tra le due proposte, risoltasi a favore del raggruppamento di imprese concorrente; con motivi aggiunti venivano inoltre impugnate le successive determinazioni con le quali la LLC era conseguentemente richiesta di sgomberare le aree ed era revocata la licenza di subingresso nell’originaria concessione;

con le sentenze nn. 6574/16 e 6575/16 il T.A.R. respingeva i ricorsi della LLC, così come i ricorsi incidentali delle società Amico & Co., Gatti, Genoa Sea Service e Consorzio Assistenza Nautica del Porto di Genova, che avevano a loro volta contestato i titoli rilasciati in favore della ricorrente principale.

con la sentenza in epigrafe indicata, il Consiglio di Stato, riuniti gli appelli proposti in via principale dalla LLC ed in via incidentale dalle società controinteressate, nella resistenza della Autorità portuale di Genova, ha respinto i ricorsi principali e dichiarato improcedibili, per carenza di interesse, i ricorsi incidentali;

per la cassazione di tale sentenza LLC s.r.l. propone ricorso, articolato su tre motivi, cui resistono con controricorso le s.r.l. Amico & Co., Gatti, Genoa Sea Service e Consorzio Assistenza Nautica del Porto di Genova; l’intimata Autorità portuale non ha svolto difese;

fissata, ex art. 380 bis.1, adunanza camerale del giorno 23/10/2018, sono state depositate memorie da entrambe le parti nonchè requisitoria scritta dal P.M., con richiesta (condivisa dalla ricorrente nella memoria) di fissazione di udienza pubblica in riferimento alla istanza, formulata in via subordinata dalla ricorrente, di disporre rinvio pregiudiziale ex art. 267 T.F.U.E. alla Corte di giustizia della Unione Europea;

Diritto

CONSIDERATO

che:

con i tre motivi di ricorso la ricorrente denuncia l’omesso esercizio e/o il rifiuto di giurisdizione, lamentando che il Consiglio di Stato avrebbe: a)interpretato il disposto dell’art. 37 c.n. in contrasto con i principi Europei di par condicio e trasparenza, con particolare riferimento alla omessa predeterminazione, da parte della Autorità portuale, dei criteri di valutazione delle richieste concorrenti; b)omesso di considerare, con riferimento alla preferenza che, contrariamente a quanto affermato nella sentenza, sarebbe stata accordata dall’Autorità portuale alle società controinteressate in considerazione della maggior dimensione della società Amico, i principi Europei di valorizzazione delle piccole e medie imprese (artt.153, 173,179 TFUE), peraltro con carenza istruttoria e motivazionale, e con ulteriore violazione degli artt. 15 e 16 della Carta dei diritti fondamentali U.E. che tutelano il lavoro e l’attività di impresa; c) omesso di considerare il principio Europeo di precauzione in materia ambientale, avendo la sentenza erroneamente ritenuto meramente affermato da LLC il contrasto con la normativa urbanistico-ambientale dell’inserimento nel contesto in cui sono collocate le aree oggetto di causa della attività di trattamento di grandi imbarcazioni che la Amico srl intenderebbe trasferirvi;

in via subordinata, nella denegata ipotesi in cui questa Corte ritenga che la sentenza impugnata non sia, in base alla propria giurisprudenza, sindacabile nei termini di omessa giurisdizione, e ritenga altresì che l’interpretazione dell’art. 37 c.n. data dal Giudice Amministrativo sia ammissibile e non contrasti con il diritto Europeo, parte ricorrente propone istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia della Unione Europea delle seguenti questioni interpretative: a) se il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, sancito nell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, debba essere interpretato quale diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva e, quindi, ad una decisione del ricorso proposto nel rispetto del principio della domanda, all’esercizio del quale diritto ostano limiti posti dalle Corti nazionali, derivanti dal riparto interno della giurisdizione, con conseguente possibilità per la Suprema Corte di Cassazione, quale giudice della giurisdizione, ai sensi degli artt. 111 Cost. e art. 110 c.p.a., di sindacare comunque le sentenze dei Giudici Amministrativi, sotto il profilo del corretto od omesso esercizio della giurisdizione da parte degli stessi e del diritto alla effettività della tutela giurisdizionale e dell’obbligo per i Giudici Medesimi di statuire su tutta la domanda proposta di fronte ad essi; b) se ai principi di parità di trattamento, trasparenza e concorrenza di cui agli artt. 101 e segg. T.F.U.E. e all’allegato Protocollo n. 27, ed ai principi di tutela delle piccole e medie imprese nei vari settori della politica dell’Unione di cui agli artt. 153,173 e 179 T.F.U.E., nonchè ai principi sottesi agli artt. 15 e 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea osti l’art.37 Cod.Nav. quale interpretato dal Giudice Amministrativo;

ritenuto preliminarmente che:

la rimessione alla pubblica udienza non è necessaria, ben potendo decidersi sui motivi di ricorso in base alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, ed essendo d’altra parte inammissibile l’istanza subordinata della parte ricorrente;

infatti l’istanza di rinvio pregiudiziale della questione concernente la compatibilità con l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali della Unione Europea del sistema di giustizia amministrativa nazionale (con particolare riferimento ai limiti, stabiliti dall’art. 111 Cost., comma 8, art. 362 c.p.c. e art. 110 c.p.a., del controllo attribuito a questa Corte di cassazione sulle sentenze del Consiglio di Stato), qualora interpretato nel senso di circoscrivere il sindacato spettante a queste Sezioni unite alla disamina di una questione di giurisdizione intesa in una accezione c.d. “statica” della stessa, si palesa, nel caso in esame, formulata in astratto, e quindi inammissibilmente, se solo si considerano le peculiarità del caso in esame;

nella specie il Consiglio di Stato ha ritenuto motivatamente di interpretare in senso difforme dalle tesi indicate dalla odierna ricorrente le norme sostanziali rilevanti ai fini della decisione nel merito della controversia, considerando peraltro – in assenza oltretutto di istanze di parte dirette ad un rinvio pregiudiziale ex art. 267 T.F.U.E. – la conformità di tale interpretazione ai principi di trasparenza, imparzialità e rispetto della par condicio imposti all’amministrazione anche dal diritto dell’Unione Europea;

pare invero evidente che un caso siffatto non potrebbe comunque sussumersi, neppure ai fini della compatibilità con il principio fondamentale della effettività della tutela giurisdizionale, nella ipotesi qui allegata di omesso esercizio o rifiuto di giurisdizione, anche ad accedere alla tesi, prospettata dalla ricorrente, di una nozione c.d. dinamica o funzionale del controllo sulla giurisdizione (cfr. Cass. S.U. 29391/18); la formulazione in questo contesto processuale dell’istanza di rinvio pregiudiziale si mostra dunque, in nuce, a prescindere da ogni ulteriore considerazione, del tutto astratta e non rilevante ai fini della decisione della causa qui in esame, sì che deve escludersi la ricorrenza, nella specie, di un obbligo di rinvio pregiudiziale;

ritenuto nel merito che:

in sintesi, le censurate ragioni poste a base della sentenza qui impugnata possono così riassumersi: a) il rilascio della autorizzazione ex art. 46 c.n., comma 2 al subingresso in una concessione già in essere è necessario anche nel caso di acquisto dell’azienda della precedente concessionaria, e va coordinato con la necessità di verifica della conformità dell’uso privato riservato rispetto al preminente interesse pubblico correlato al bene demaniale ex art. 36 cit. codice nonchè, in caso di domande concorrenti ai sensi dell’art. 37, alla necessità di comparazione tra le proposte alternative di uso del bene onde verificare quale sia quella in grado di offrire “maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione”; b) l’obbligo, proprio della procedura ad evidenza pubblica, di previa determinazione dei criteri alla stregua dei quali compiere tale valutazione comparativa non sussiste – conformemente a quanto ritenuto dalla Commissione Europea in un caso analogo – nella fattispecie regolata dalla norma speciale dell’art. 37 c.n., in cui la concomitanza di domande di concessione determina già di per sè una situazione concorrenziale che preesiste alla volontà dell’amministrazione (tipica dei contratti pubblici) di stipulare un contratto e che pertanto non richiede le formalità proprie dell’evidenza pubblica (essendo idonei a soddisfare gli obblighi di trasparenza, imparzialità e rispetto della par condicio un effettivo meccanismo pubblicitario preventivo sulle concessioni in scadenza ed un accresciuto onere istruttorio in ambito procedimentale nonchè motivazionale in sede di provvedimento finale), tanto più che in tali casi la determinazione dei criteri, effettuata quando le proposte di affidamento sono già state presentate, non assolverebbe alla sua funzione tipica di assicurare un confronto competitivo leale; c)le censure relative alla valutazione compiuta dalla Autorità portuale nella specie si risolvono nella sollecitazione di un sindacato, precluso nella giurisdizione di legittimità del G.A., di tipo sostitutivo rispetto agli apprezzamenti discrezionali riservati alla amministrazione, non ricorrendo peraltro nella specie ipotesi di manifesta irragionevolezza o travisamento dei presupposti;

ciò evidenziato, è sufficiente fare qui rinvio alla ormai consolidata giurisprudenza di queste Sezioni unite, ed alla nota pronuncia della Corte Costituzionale (n. 6/2018), per ribadire come l’interpretazione delle norme di diritto costituisca il proprium della funzione giurisdizionale e non possa dunque integrare di per sè sola la violazione dei limiti esterni della giurisdizione da parte del giudice amministrativo così da giustificare il ricorso previsto dall’art. 111 Cost., comma 8, tantomeno sotto il profilo della omissione o rifiuto di giurisdizione, ove in tale ipotesi si intenda – come nella specie intenderebbe la ricorrente – far rientrare la erronea negazione in concreto della tutela alla situazione soggettiva azionata per una erronea interpretazione delle norme sostanziali nazionali o di principi propri della normativa Europea, e non piuttosto la sola affermazione da parte del giudice speciale – questa sì sindacabile da questa Corte – che quella situazione soggettiva è, in astratto, priva di tutela per difetto assoluto o relativo di giurisdizione, in contrasto con la regula iuris che attribuisce il potere di ius dicere sulla domanda (cfr. tra molte: S.U. n. 20168/18; n. 14437/18; n. 30301/17); sì che eventuali errori nei quali il Consiglio di Stato sia incorso nell’esercizio della funzione giurisdizionale ad esso attribuita si collocherebbero comunque nel distinto ambito dei limiti interni della giurisdizione, estraneo alla verifica attribuita a queste Sezioni unite;

la declaratoria di inammissibilità del ricorso si impone dunque, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio, che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la società ricorrente al rimborso in favore della parte resistente delle spese di questo giudizio di cassazione, in Euro 10200,00 (di cui Euro 200,00 per spese borsuali) oltre alle spese generali nella misura forfetaria del 15% ed agli accessori di legge.

Dà inoltre atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, il 23 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2018

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