Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32773 del 12/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 12/12/2019, (ud. 10/09/2019, dep. 12/12/2019), n.32773

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19953-2017 proposto da:

T.G., D.R.C., elettivamente domiciliate in

ROMA, VIA DEL VIMINALE, 38, presso lo studio SINALDI, rappresentate

e difese dall’avvocato SALVATORE CRISCI;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in

persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente successivo –

e contro

D.R.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL

VIMINALE, 38, presso lo studio SINALDI, rappresentata e difesa

dall’avvocato SALVATORE CRISCI;

– controricorrente al ricorrente successivo –

avverso la sentenza n. 1094/2016 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 22/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ESPOSITO

LUCIA.

Fatto

RILEVATO

che la Corte d’appello di Salerno, in parziale riforma della sentenza di primo grado che aveva accolto in parte le domande proposte con separati ricorsi riuniti da T.G., docente, e da D.R.C. e Ta.Ro., collaboratrici scolastiche (personale ATA), condannando il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca alla corresponsione degli aumenti retributivi derivanti dall’anzianità di servizio che sarebbero spettati alle predette se fossero state assunte a tempo indeterminato, nei limiti della prescrizione quinquennale, nonchè al pagamento di una somma corrispondente a tre mensilità della retribuzione globale di fatto a titolo di risarcimento del danno connesso all’abusivo ricorso ai contratti a termine, rigettava le domande proposte da T.G., limitando al solo risarcimento del danno, determinato nella misura di tre mensilità, la statuizione in favore di D.R. e Ta.;

che avverso la sentenza propongono ricorso T.G. e D.R.C. sulla base di due motivi;

che con autonomo ricorso il Ministero articola a sua volta due censure;

che la proposta del relatore relativa ad entrambi i ricorsi, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

che con il primo motivo di ricorso le lavoratrici deducono violazione di legge per falsa ed erronea applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4;

al riguardo osservano che il giudice di primo grado si era pronunciato su due distinte questioni, specificatamente sulla domanda risarcitoria conseguente alla progressione stipendiale non riconosciuta alle ricorrenti, assunte reiteratamente con contratti di lavoro a tempo determinato, e la domanda risarcitoria conseguente alla illegittima reiterazione dei contratti oltre il termine di 36 mesi, in ragione della quale il risarcimento era determinato in una somma corrispondente a tre mensilità della retribuzione globale di fatto e che la Corte territoriale, pur affermando in motivazione che correttamente il primo giudice aveva riconosciuto alle parti attrici, nei limiti della prescrizione, le differenze stipendiali derivanti dalla equiparazione alla progressione economica prevista per gli assunti a tempo indeterminato, nel dispositivo e senza alcuna motivazione aveva confermato soltanto il risarcimento del danno da illegittima reiterazione dei contratti a tempo determinato;

che, pertanto, risultava evidente il vizio motivazionale di cui era affetta la sentenza, stante l’inconciliabilità tra motivazione e dispositivo, avendo la Corte riformato la decisione di primo grado in punto di diritto alla progressione di carriera, pure affermato in motivazione;

che con il secondo motivo le ricorrenti deducono violazione del principio di non discriminazione previsto dalla clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato (concluso il 18 marzo 1999 fra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale – CES, CEEP e UNICE – e recepito dalla Direttiva 99/70/CE) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, stante la necessaria valutazione, ai fini della ricostruzione della carriera, del servizio pre-ruolo, secondo consolidato orientamento di questa Corte (Cass. 22558 del 7 novembre 2016);

che con il primo motivo il Ministero deduce nullità in parte qua della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, osservando che nella valutazione delle domande di D.R. e Ta. la Corte d’appello era incorsa in un radicale contrasto tra la motivazione (nella quale si afferma di dover eliminare il riconosciuto diritto al risarcimento, trattandosi pacificamente di supplenze in organico di fatto), ed il dispositivo (che era, invece, di condanna del Ministero al risarcimento del danno in favore delle predette nella misura di tre mensilità);

con il secondo motivo deduce che, laddove la Corte ritenga che il giudice d’appello sia incorso nel vizio evidenziato, deve rilevarsi la variazione del quadro normativo di riferimento, essendo i contratti stipulati da D.R. e Ta., aventi termine il 30 giugno di ogni anno, su organico di fatto;

che sussiste il contrasto tra dispositivo e motivazione, come evidenziato nei ricorsi articolati distintamente da ciascuna delle parti al primo motivo;

che, invero, si legge a pagina 3 della sentenza che “il primo giudice ha riconosciuto alle parti attrici, nei limiti della prescrizione, le relative differenze stipendiali derivanti dalla progressione economica prevista per gli assunti a tempo indeterminato in ragione dell’anzianità di servizio”, così come si legge, a pg. 6, con riferimento alla posizione di D.R. e Ta., che occorre “eliminare il riconosciuto diritto al risarcimento e confermare, per il resto, la statuizione del primo giudice, corretta e collegata alle allegazioni di parte e alle risultanze di prova documentale”;

che ciò determina la radicale nullità della sentenza per contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione, ai sensi dell’art. 156 c.p.c., e dell’art. 360 c.p.c., n. 4, in ragione dell’inidoneità del provvedimento “a consentire l’individuazione del concreto comando giudiziale, non essendo possibile ricostruire la statuizione del giudice attraverso il confronto tra motivazione e dispositivo, mercè valutazioni di prevalenza di una delle affermazioni contenute nella prima su altre di segno opposto presenti nel secondo” (in tal senso Cass. n. 14966 del 2/7/2007, conforme Cass. n. 26077 del 30/12/2015), con assorbimento degli altri motivi;

che in base alle svolte argomentazioni, in accoglimento di entrambi i ricorsi, la sentenza va cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Salerno in diversa composizione, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie entrambi i ricorsi, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Salerno in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 10 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2019

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