Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3277 del 12/02/2013
Civile Sent. Sez. 3 Num. 3277 Anno 2013
Presidente: UCCELLA FULVIO
Relatore: TRAVAGLINO GIACOMO
Data pubblicazione: 12/02/2013
MOTIVI DELLA DECISIONE
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Il ricorso è inammissibile, per essere inammissibili i quesiti
di diritto che concludono ciascuno dei motivi esposti a suo
sostegno.
Can
il primo motivo,
si denuncia
violazione e/o falsa
applicazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., dell’art. 112 c.p.c..
di diritto:
Si chiede a codesta Corte di Cassazione di statuire che la
corte di appello di Napoli è incorsa nella violazione del
principio di corrispondenza tra il chiesto e
il pronunciato
fissato dall’art. 112 c.p.c., e ciò per avere emesso una
statuizione non conforme alla domanda e pronunciandosi così
ultra petitum.
Can
il secondo motivo,
si denuncia
violazione e/o falsa
applicazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., degli artt. 101, 102,
314 comma 1 c.p.c..
Il motivo si conclude con la formulazione del seguente quesito
di diritto:
Si chiede a codesta Corte
di
cassazione di statuire sulla
violazione e falsa applicazione nel presente procedimento
delle norme in materia di contraddittorio e di litisconsorzio
necessario per non essere stato 11 procedimento esecutivo
instaurato anche nei confronti del sig. Giuseppe Roncone e
della In.Im. Me s.r.1., litisconsorti necessari, e per aver
omesso la corte di appello, come previsto dall’art. 354 comma
i per l’ipotesi in cui si riscontrino violazioni delle norme
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Il motivo si conclude con la formulazione del seguente quesito
sul contraddittorio, di rimettere la causa al giudice di prime
cure.
Con il terzo motivo,
si denuncia
violazione e/o falsa
applicazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., degli artt. 2300, 2272,
2279, 2308 c.c. in relazione al disposto degli artt. 2315 e
Il quesito di diritto formulato a conclusione del motivo in
esame è il seguente:
In relazione al disposto degli artL. 2315 e 2293 c.c. – per
avere la sentenza impugnata ritenuta esistente la compagine
sociale La Guardia anche a seguito della partecipazione
totalitaria in essa della società di capitali In.Im. Me srl
ritenendo validi gli atti da quest’ultima compiuti ma
facendone però ricadere i relativi effetti sulla originaria
compagine sociale La Guardia sas – si chiede a codeta Corte di
statuire sulla nullità, non solo della parcipazione di
IN.Im.Me in La Guardia, ma altresì della dazione di ipoteca ad
opera di un soggetto nullo, inesistente e – per assurdo – mai
investito di alcun potere, e per l’effetto anche sulla nullità
del titolo esecutiv e del pignoramento alla base dell’azione
esecutiva in dipendenza della nullità-inesistenza della
società assoggettatavi.
I quesiti di diritto così come testualmente riportati sono
affetti da assoluta carenza dei requisiti essenziali richiesti
da questa corte, con giurisprudenza ormai consolidata, quanto 71
/ i
a relativa forma e relativo contenuto.
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2293 c.c..
Questo giudice di legittimità ha già avuto ripetutamente modo
di affermare che il quesito di diritto deve essere formulato,
ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., in termini tali da
costituire una sintesi logico-giuridica unitaria (e non, come
nella specie, del tutto generica quanto ai motivi 1 e 2,
motivo sub 3) della questione, onde consentire alla corte di
cassazione l’enunciazione di una
regula luris suscettibile di
ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a
quello deciso dalla sentenza impugnata. Ne consegue che è
inammissibile il motivo di ricorso sorretto da quesito la cui
formulazione sia del tutto astratta e perciò solo inidonea ad
assumere rilevanza ai fini della decisione del motivo onde
chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata
in relazione alla concreta controversia (Cass. 25-3-2009, n.
7197). Ed è stato ulteriormente precisato (Cass. 19-2-2009, n.
4044) che il quesito di diritto prescritto dall’art. 366 bis
cod. proc. civ. a corredo del ricorso per cassazione non può
mai risolversi nella generica richiesta (quale quelle di
specie) rivolta al giudice di legittimità di stabilire se sia
stata o meno violata una certa norma, nemmeno nel caso in cui
il ricorrente intenda dolersi dell’omessa applicazione di tale
norma da parte del giudice di merito, ma deve investire la
ratio decidendi
della sentenza impugnata, proponendone una
alternativa di segno opposto; non senza considerare, ancora,
che le stesse sezioni unite di questa corte hanno chiaramente,
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ovvero del tutto frammentaria e disomogenea, come per il
specificato (Cass. ss. uu. 2-12-2008, n. 28536) che deve
ritenersi inammissibile per violazione dell’art. 366 bis cod.
proc. civ. il ricorso per cassazione nel quale l’illustrazione
dei singoli motivi sia accompagnata dalla formulazione di un
quesito di diritto che si risolve in una tautologia o in un
alcuna specifica attinenza con la fattispecie concreta.
La corretta formulazione del quesito esige, in definitiva
(Cass. 19892/09), che il ricorrente dapprima indichi in esso
la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema
normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui
chiede l’affermazione, onde, va ribadito (Cass. 19892/2007)
l’inammissibilità del motivo di ricorso il cui quesito si
risolva (come nella specie quello sub 3) in una generica
istanza di decisione in modo difforme da quello auspicato in
sede di merito.
Violando patentemente tali principi, tutti i quesiti formulati
da parte ricorrente non possono che essere dichiarati
inammissibili.
A
tale
inammissibilità
consegue
la
declaratoria
di
inammissibilità dell’intero ricorso.
La disciplina delle spese segue – giusta il principio della
soccombenza – come da dispositivo.
P.Q.M.
La corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna
ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di
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interrogativo circolare, che già presuppone la risposta senza
ca s sazione, che si liquidano in complessivi E. 5200, di cui E.
299 per spese generali.
Così_ deciso in Roma, li 19.9.2012