Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3277 del 10/02/2011

Cassazione civile sez. I, 10/02/2011, (ud. 20/01/2011, dep. 10/02/2011), n.3277

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –

Dott. BERRUTI Giuseppe Maria – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 18533/2005 proposto da:

CARTIERA DEL POLESINE S.P.A. (C.F. (OMISSIS)), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA COSSERIA 5, presso l’avvocato ROMANELLI Guido Francesco, che la

rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO RO.OND. ITALIANA S.R.L. (C.F. (OMISSIS)), in persona

del Curatore Dott. N.G., elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA VESCOVIO 21, presso l’avvocato MANFEROCE Tommaso, che lo

rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2903/2004 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 09/11/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

20/01/2011 dal Consigliere Dott. CARLO DE CHIARA;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato T. MANFEROCE che ha

chiesto l’inammissibilità o rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso per l’inammissibilità o rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il 27 marzo 2001 il curatore del fallimento della RO.OND. Italiana s.r.l. convenne davanti al Tribunale di Monza la Cartiere del Polesine s.p.a. Chiese revocarsi, ai sensi della L. Fall., art. 67, comma 2, pagamenti per complessive L. 106.312.080 ricevuti dalla convenuta nell’anno anteriore al fallimento, dichiarato con sentenza del 24 marzo 2000.

La convenuta resistette e il Tribunale accolse la domanda, revocando i relativi pagamenti eseguiti tra l’8 aprile e il 15 novembre 1999.

La Corte d’appello di Milano respinse il gravame della società soccombente, che insisteva nel contestare la sussistenza della scientia decoctionis. Osservò che era risultata esistere, presso la predetta società creditrice, una prassi secondo cui, quando l’esposizione debitoria di un cliente era eccessiva, venivano sospese le forniture in suo favore. Ciò era avvenuto, appunto, nei confronti della RO.OND. Italiana s.r.l., nei confronti della quale non si era proceduto a nuove forniture dal marzo 1999, allorchè il suo debito era salito a circa L. 260.000.000, e si era operato “al rientro”, tanto che il credito poi insinuato al passivo era risultato assai inferiore. Il che spiegava il tenore di una lettera in data 8 settembre 1999, con cui la creditrice aveva sollecitato alla debitrice il pagamento e il rispetto delle scadenze di cui a precorsi accordi dilatori. In tale contesto era inoltre da ritenere che la Cartiera del Polesine, preoccupata delle sorti del suo credito, avesse seguito con attenzione le vicende della società debitrice e fosse, dunque, venuta a conoscenza sia del protesto elevato nei suoi confronti per l’importo non elevato – ma proprio per questo più significativo – di L. 14.883.000, pubblicato nel mese di aprile 1999, sia delle procedure esecutive promosse nei confronti della medesima società.

La Cartiere del Polesine s.p.a. ha quindi proposto ricorso per cassazione per due motivi, cui la curatela fallimentare ha resistito con controricorso. La ricorrente ha anche presentato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità del controricorso in quanto tardivo, essendo stato il ricorso notificato il 13 luglio 2005 e il controricorso il 3 marzo 2006, dunque oltre il termine di cui al combinato disposto dell’art. 369 c.p.c., comma 1 e art. 370 c.p.c., comma 1.

2. – Con il primo motivo di ricorso, denunciando vizio di motivazione, si lamenta che la Corte di appello abbia fondato le proprie conclusioni su elementi – la sospensione delle forniture al raggiungimento di una certa soglia di debito e la lettera dell’8 settembre 1999 – del tutto privi di valore indiziario.

2.1. – Il motivo è inammissibile, dato che, considerando isolatamente i due dati in questione, la ricorrente non si da carico del complessivo ragionamento – sintetizzato sopra in narrativa – svolto dai giudici di merito e di altri significativi elementi in esso inseriti, quali la conoscenza, da parte della creditrice, del protesto cambiario e delle procedure esecutive pendenti a carico della debitrice.

3. – Con il secondo motivo, sempre denunciando vizio di motivazione, si osserva che comunque:

– se è vero che la sospensione delle forniture è indice della scientia decoctionis, allora tale scientia non sussisteva prima della sospensione e, poichè le forniture venivano effettuate a cadenze non inferiori al mese e l’ultima di esse risaliva al 31 marzo 1999, ciò significa che la scientia decoctionis non risaliva a prima della fine di aprile dello stesso anno; con la conseguenza che il pagamento di L. 30.610.200, eseguito l’8 aprile, e quello di L. 23.249.340, eseguito il 23 aprile, dovevano essere esclusi dalla revoca;

– se, poi, la scientia decoctionis viene inferita dalla lettera dell’8 settembre 1999, allora per analoga ragione sarebbero irrevocabili i pagamenti anteriori a tale data, ossia tutti i pagamenti per cui è causa.

3.1. – Il motivo è inammissibile per più profili, dei quali è assorbente quello della novità.

Come risulta, infatti, dalla sentenza impugnata, già la sentenza di primo grado aveva motivato la scientia decoctionis con il medesimo ragionamento poi svolto dalla Corte d’appello; onde già a quella sentenza l’attuale ricorrente – allora appellante – avrebbe dovuto muovere le censure oggi articolate con il motivo di ricorso in esame.

Sennonchè di esse non vi è traccia nella sentenza qui impugnata, nè in ricorso si riferisce che le medesime siano state dedotte come motivi di appello.

4. – Il ricorso va in conclusione respinto. Le spese processuali – su cui occorre provvedere nonostante l’inammissibilità del controricorso, attesa la validità della procura a margine del medesimo, in forza della quale il difensore del fallimento ha partecipato alla discussione orale – vanno poste a carico della soccombente e liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, liquidate in Euro 2.700,00, di cui Euro 2.500,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2011

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