Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32765 del 12/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 12/12/2019, (ud. 11/09/2019, dep. 12/12/2019), n.32765

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6204-2018 proposto da:

F.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati

PASQUALE ACCONCIA, ANIELLO FERRENTINO;

– ricorrente –

contro

CURATELA del FALLIMENTO (OMISSIS) SNC;

– intimata –

avverso la sentenza n. 677/2017 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata l’11/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/09/ 2019 dal Consigliere Relatore Dott. PONTERIO

CARLA.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza n. 677 pubblicata l’11.7.2017 la Corte d’Appello di Salerno ha respinto l’appello di F.A., confermando la decisione di primo grado di rigetto della domanda del medesimo di insinuazione tardiva allo stato passivo del fallimento della società “(OMISSIS)” snc, in relazione al credito per differenze retributive derivate dall’esercizio di mansioni superiori;

2. la Corte territoriale ha ritenuto che dalla prova testimoniale non fossero emerse le caratteristiche di autonomia e discrezionalità nelle scelte di gestione della impresa, essenziali al conseguimento della qualifica di dirigente; il F. dirigeva ed organizzava il lavoro relativamente alle operazioni di carico e scarico delle merci, teneva i rapporti con i fornitori, non aveva orario di lavoro, svolgeva compiti organizzativi anche presso gli uffici amministrativi, il tutto attenendosi agli indirizzi dell’amministratore della società; nessuna efficacia probatoria poteva attribuirsi alla attestazione dell’esercizio di funzioni dirigenziali sottoscritta dall’amministratore, peraltro generica;

3. sulla domanda subordinata di riconoscimento della qualifica di quadro, la sentenza impugnata ha dato atto di come il contratto collettivo definiva appartenenti al primo livello super-quadri i lavoratori che, oltre a possedere i requisiti e le caratteristiche proprie del primo livello ed una notevole esperienza acquisita a seguito di prolungato esercizio delle funzioni, erano preposti al coordinamento e controllo delle attività di unità organizzative operative di fondamentale importanza per l’azienda e di rilevante complessità e articolazione, svolgendo tali funzioni con ampia discrezionalità ed autonomia, nei limiti delle direttive generali impartite dai dirigenti dell’azienda o dai suoi titolari;

4. ha ritenuto non dimostrati l’esistenza del livello “ampio” di discrezionalità e di autonomia richiesto dalla disposizione contrattuale richiamata e neppure gli ulteriori requisiti, sottolineando come il F. non avesse svolto le necessarie allegazioni in merito all’esperienza maturata ed alla complessiva organizzazione ed articolazione dimensionale delle unità in cui aveva operato;

5. avverso la sentenza ha proposto ricorso il F., articolato in un unico motivo, illustrato da successiva memoria; il fallimento è rimasto intimato;

6. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

7. con l’unico motivo la parte ricorrente ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione ed errata applicazione degli artt. 2094,2095 e 2103 c.c., degli artt. 9 CCNL 22 giugno 1987 e 9 CCNL 7 agosto 1991 in riferimento alla categoria di quadro, degli artt. 1362 c.c. e ss. e degli artt. 115 e 116 c.p.c.;

8. ha esposto che sulla base di quanto accertato in sentenza la propria attività era caratterizzata dal coordinamento, direzione e sorveglianza dei dipendenti e dell’organizzazione del lavoro, dal mantenimento dei rapporti con i fornitori, dalla direzione delle operazioni di carico e scarico delle merci, secondo le direttive dell’amministratore; a fronte di tale ricostruzione in fatto sarebbe stata corretta la sussunzione delle mansioni nella categoria di quadro;

9. ha sottolineato come l’art. 9 del contratto collettivo non richiedesse per la qualifica di quadro una discrezionalità così ampia da essere assimilata a quella dei dirigenti; la professionalità, l’autonomia ed il potere decisionale del quadro si esercitavano nei limiti delle direttive impartite dal datore di lavoro ovvero da un dirigente; la Corte di merito aveva dunque errato nell’interpretare la norma contrattuale, equiparando la discrezionalità del quadro a quella del dirigente ed escludendo l’inquadramento nella qualifica superiore sul rilievo che egli seguisse le direttive del datore di lavoro;

10. ha aggiunto che la statuizione fondata sulla carenza di prova degli ulteriori requisiti richiesti per l’attribuzione della qualifica di quadro (la notevole esperienza acquisita a seguito dell’esercizio delle funzioni e la rilevante complessità ed articolazione delle unità operative e organizzative cui sarebbe stato preposto) fosse in contrasto con il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui la mancanza del titolo di studio o di altro requisito previsto per l’attribuzione della qualifica superiore non esclude la sua acquisizione, ai sensi dell’art. 2103 c.c., in caso di effettivo esercizio delle relative mansioni per il periodo minimo prescritto (periodo che, alla luce del contratto collettivo, era pari per la qualifica di quadro a sei mesi);

11. il ricorso è inammissibile;

12. come più volte precisato da questa Corte, il vizio di violazione di legge, a cui è parificata sul piano processuale la violazione dei contratti o accordi collettivi di lavoro (cfr. Cass. n. 6335 del 2014; n. 7385 del 2014), investe immediatamente la regola di diritto, risolvendosi nella negazione o affermazione erronea della esistenza o inesistenza di una norma, ovvero nell’attribuzione ad essa di un contenuto che non possiede, avuto riguardo alla fattispecie in essa delineata; il vizio di falsa applicazione di legge consiste, o nell’assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perchè la fattispecie astratta da essa prevista – pur rettamente individuata e interpretata – non è idonea a regolarla, o nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione. Non rientra nell’ambito applicativo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità, (cfr. Cass. 18782 del 2005; n. 195 del 2016; n. 23847 del 2017; n. 6035 del 2018);

13. le censure oggetto del ricorso in esame non investono l’interpretazione della norma contrattuale e, quindi, l’individuazione in astratto dei requisiti richiesti ai fini della qualifica di quadro, ma si concentrano esclusivamente sulla errata valutazione, che si assume operata dalla Corte di merito, quanto alla mancanza di una “ampia discrezionalità ed autonomia” nell’esercizio delle funzioni;

14. non solo la sentenza impugnata opera una chiara distinzione tra la “ampia discrezionalità ed autonomia” necessarie per la qualifica di quadro primo livello super e la facoltà di adottare autonomamente “scelte e iniziative discrezionali strategiche per il perseguimento degli obiettivi dell’impresa” propria del dirigente, ma rileva l’assenza di qualsiasi allegazione e prova, di cui era onerato il lavoratore, sugli ulteriori elementi della declaratoria contrattuale di “primo livello super quadri”, cioè la “notevole esperienza acquisita a seguito di prolungato esercizio delle funzioni” e la “rilevante complessità ed articolazione” delle unità operative ed organizzative al cui coordinamento e controllo il lavoratore era stato preposto, su cui il ricorso tace del tutto; risultando in tal modo irrilevante la questione del possesso del titolo per l’inquadramento rivendicato;

15. per le considerazioni esposte il ricorso va dichiarato inammissibile;

16. non luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità in ragione della mancata costituzione del fallimento;

17. sussistono i presupposti per il versamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 11 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2019

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