Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32755 del 12/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 12/12/2019, (ud. 24/10/2019, dep. 12/12/2019), n.32755

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4766-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l

AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

M.S., elettivamente domiciliato in ROMA VIA CESARE MACCARI

123, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO PORFIDIA, rappresentato

e difeso dall’avvocato ALDO BALDI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3045/2014 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

deposita il 24/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/10/2019 dal Consigliere Dott. CAPRIOLI MAURA.

Fatto

Ritenuto che:

Con sentenza nr. 8045/2014 la CTR di Napoli accoglieva l’appello proposto da M.S. avverso la sentenza della CTP di Caserta e per l’effetto dichiarava estinta la controversia avente ad oggetto l’impugnativa di un accertamento per imposta di registro a seguito della presentazione dell’istanza di condono.

Il giudice di appello rilevava che il contribuente aveva presentato ricorso alla CTP di Caserta avverso l’avviso di accertamento e che l’impugnativa era stata accolta con sentenza nr. 746/2011; l’Agenzia delle Entrate aveva proposto appello definito dalla CTR di Napoli con sentenza nr. 296/2012.

Nel corso del giudizio di appello l’Agenzia delle entrate aveva notificato il provvedimento di diniego D.L. n. 98 del 2011 ex art. 39, comma 12, all’odierno ricorrente, il quale nelle more aveva presentato istanza di condono. Avverso tale diniego il contribuente aveva proposto ricorso lamentandone la illegittimità.

Riteneva che detto provvedimento era stato correttamente impugnato avanti alla CTR competente a conoscere ogni questione afferente al merito del quale era stata già investita, ivi compresa, la valutazione del provvedimento di diniego.

Rilevava che il condono era stato chiesto in ordine ad un atto che, a prescindere dalla sua qualificazione formale, aveva una indubbia natura impositiva.

Avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi cui resiste con controricorso il contribuente.

Diritto

Considerato che:

Con il primo motivo l’Ufficio denuncia la nullità della sentenza o del procedimento in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, dolendosi che la CTR abbia trattato distintamente il procedimento di impugnativa dell’avviso di liquidazione dell’imposta di registro rispetto a quello di impugnativa del diniego di condono, attribuendo agli stessi due numeri di ruolo generali diversi, separando in tal modo la valutazione dell’atto di diniego di condono e svincolandola da quello originario del quale costituiva pregiudiziale accertamento ai fini di una decisione di merito.

Con il secondo motivo l’Agenzia deduce la violazione del D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Lamenta, in particolare, che la CTR ha ritenuto condonabile l’avviso di liquidazione impugnato dal contribuente malgrado l’atto, sulla base del suo contenuto sostanziale, avrebbe dovuto farsi rientrare nella categoria degli atti di accertamento, e come tale privo di una funzione determinativa e liquidatoria dell’imposta.

Il primo motivo è infondato.

Va ricordato che ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 16, richiamato dal D.L. n. 98 del 2011, art. 39, l’impugnazione del provvedimento di diniego della definizione della lite va proposta “dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la lite”.

Relativamente alle modalità di presentazione del ricorso l’impugnazione deve avvenire a mezzo di un formale ricorso secondo le regole ordinarie che non sono derogate sicchè l’atto assume un diverso numero di ruolo generale rispetto al procedimento che si vuole definire con il condono stesso.

Va, peraltro, aggiunto che, secondo quanto emerge dagli atti, la richiesta di condono per la definizione della lite giudiziaria (risalente al 13.3.2012) ed il provvedimento di diniego (notificato in data 28.9.2012) erano intervenuti in pendenza dell’appello proposto dall’Agenzia iscritto con il numero rg 1837/2012 ed deciso con sentenza della CTR di Napoli del 21.11.2012 nr. 296.

In assenza di una disciplina che prevede la proposizione dell’impugnativa del diniego insieme all’atto di impugnazione della sentenza avanti al giudice investito dell’appello, il giudice competente a conoscere è il giudice a quo che nella specie si identifica con la CTR.

Va, peraltro, aggiunto che la nullità del procedimento può essere dichiarata solo in presenza di una norma che espressamente la contempli in relazione al caso qui denunciato (decisione del diniego di condono da parte di un collegio diverso rispetto a quello avanti al quale pende la causa principale).

Il secondo motivo è inammissibile sotto più profili.

L’Agenzia delle Entrate non ha prodotto o trascritto nè il verbale di conciliazione nè l’avviso di liquidazione.

Al riguardo, difatti, va rammentato che, in applicazione del principio di autosufficienza del ricorso, “qualora sia dedotta la omessa o viziata valutazione di documenti, deve procedersi ad un sintetico ma completo resoconto del loro contenuto, nonchè alla specifica indicazione del luogo in cui ne è avvenuta la produzione, al fine di consentire la verifica della fondatezza della doglianza sulla base del solo ricorso, senza necessità di fare rinvio od accesso a fonti esterne ad esso” (tra le tante, da ultimo, Cass. Sez. 1, sent. 7 marzo 2018, n. 5478, Rv. 647747-01); onere, quello descritto, che, nella specie, per quanto sopra esposto, non può dirsi assolto.

Alla stregua delle considerazioni sopra esposte il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese di legittimità che si liquidano in complessive Euro 2000,00, oltre agli accessori di legge ed al 15% per spese generali.

Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2019

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