Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32751 del 12/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 12/12/2019, (ud. 25/09/2019, dep. 12/12/2019), n.32751

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12060-2017 proposto da:

G.O.M.G., elettivamente domiciliato in ROMA

VIA DI VILLA EMILIANI 48, presso lo studio dell’avvocato NICOLA CECI

GINISTRELLI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO PROVINCIALE ROMA TERRITORIO, in persona

del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA.

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza 7132/2016 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 22/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/09/2019 dal Consigliere Dott. FASANO ANNA MARIA.

Fatto

RITENUTO

CHE:

G.O.M.G. ricorre, svolgendo tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 7132/2/16 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, che ha accolto l’appello proposto dall’Ufficio avverso la sentenza n. 22881/41/15 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma. I giudici di prime cure, accogliendo il ricorso proposto dal contribuente, avevano annullato l’avviso di accertamento catastale n. (OMISSIS), con cui l’Ufficio, in applicazione della L. 311 del 2004, art. 1, comma 335, aveva rideterminato la rendita di quattro unità immobiliari site in (OMISSIS), tutte in categoria A/10, attribuendo un diverso classamento a seguito di revisione della microzona 5-Prati.

Il ricorrente sosteneva l’illegittimità dell’atto impugnato per violazione del combinato disposto della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, e del D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 61, del D.L. n. 70 del 1988, art. 11, comma 1, conv. nella L. n. 154 del 1988, della L.n. 212 del 2000, art. 7, nonchè per carenza di motivazione. L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo si denuncia violazione dell’art. 132 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto la sentenza di appello sarebbe solo apparentemente motivata. I giudici di secondo grado si sarebbero limitati a riportare il contenuto della pretesa motivazione dell’atto impositivo, ritenendolo congruo ai fini della decisione, ma mancherebbe nella sentenza un qualsiasi ragionamento che, partendo dalla premessa del contenuto dell’accertamento, pervenga, sulla scorta di un adeguato procedimento enunciativo e con argomentazioni obiettivamente idonee a spiegare il risultato cui essa è pervenuta, alla res decidendi.

2. Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per omesso esame delle argomentazioni sostenute dal convenuto ritualmente formulate in giudizio e decisive ai fini del decidere. Il contribuente nel corso del giudizio di appello aveva contestato l’accertamento dell’Ufficio sotto i profili della violazione di legge, della carenza di motivazione e della sua manifesta erroneità, eccessività ed illogicità, ma, con riferimento ai sollevati motivi, il giudice del merito non avrebbe motivato alcunchè. La sentenza, inoltre, non sarebbe condivisibile nella parte in cui sembrerebbe liberare l’Ufficio dell’obbligo di motivare adeguatamente il proprio accertamento, ribaltando sul contribuente, in palese contrasto con la normativa di legge e la costante giurisprudenza, l’onere di dare la prova che il proprio immobile abbia caratteristiche tali da sottrarlo alla ratio del classamento.

3. Con il terzo motivo si denuncia l’illegittimità costituzionale della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, per violazione degli artt. 3,53,97 Cost.. Nel quadro generale della legislazione vigente e dalle norme già esistenti programmatorie di una generale revisione del catasto (il classamento era, è, e resta una operazione che interessa necessariamente una singola unità immobiliare) non si comprende come possa adattarsi al sistema la previsione di una revisione parziale del classamento di intere microzone a causa di scostamenti tra valori di mercato e valori catastali.

4. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso, da esaminarsi congiuntamente per ragioni di connessione logica, sono fondati, per le seguenti considerazioni.

a) L’atto tributario di classamento delle unità immobiliari a destinazione ordinaria consiste nel collocare ogni singola unità in una data categoria e in una data classe, in base alle quali attribuire la rendita (D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 61 e D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8); categoria e classe costituiscono due distinti elementi dell’unitaria operazione del classamento.

Ai sensi del D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8, commi 2 e 3, la categoria viene assegnata sulla base della normale destinazione funzionale dell’unità immobiliare, tenuto conto dei caratteri tipologici e costruttivi specifici e delle consuetudini locali, mentre la classe, rappresentativa del livello reddituale ordinario ritraibile nell’ambito del mercato edilizio della microzona, dipende dalla qualità urbana ed ambientale della microzona in cui l’unità è ubicata, nonchè dalle caratteristiche edilizie dell’unità medesima e del fabbricato che la comprende.

La qualità urbana della microzona dipende dal livello delle infrastrutture e dei servizi e dalla qualità ambientale, dal livello di pregio o di degrado dei caratteri paesaggistici e naturalistici ancorchè determinati dall’attività umana.

Ai fini della individuazione dell’esatto valore reddituale dell’immobile, indispensabile per l’attribuzione della classe, rileva sia il fattore posizionale, determinato dalla collocazione in una microzona e dalla qualità dei luoghi circostanti, sia il fattore edilizio, desumibile dai parametri stintivi del fabbricato e della singola unità immobiliare, quali dimensione e tipologia, destinazione funzionale, epoca di costruzione, dotazione impiantistica, qualità e stato edilizio, pertinenze comuni ed esclusive, livello di piano (art. 8 cit., commi 6, 7 e 8).

b) Questa Corte è recentemente intervenuta in tema di classamento stabilendo, con sentenza n. 19810 del 2019, che l’atto di classamento va necessariamente motivato e l’obbligo motivazionale deve soddisfare il principio di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 7 (Statuto del contribuente) che, a sua volta richiama la L. n. 241 del 1990, art. 3, secondo cui l’Amministrazione finanziaria è tenuta ad indicare nei suoi atti “i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione”.

L’obbligo di motivazione dell’atto di classamento si atteggia diversamente a seconda che l’Amministrazione effettui modifiche di iniziativa o su sollecitazione del contribuente. L’obbligo di motivazione assume una connotazione più ampia nelle ipotesi in cui l’Agenzia del territorio muta d’ufficio il classamento ad un’unità immobiliare che ne risulti già munita. Questa Corte ha, infatti, precisato che: “in tal caso la dilatazione della componente motivazionale si giustifica per il fatto che, andando ad incidere su valutazioni che si presumono già verificate in termini di congruità, è necessario mettere in evidenza gli elementi di discontinuità che ne legittimano la variazione” (Cass. n. 19810 del 2019).

Con riferimento alla questione delle microzone comunali (L. 311 del 2004, art. 1, comma 335), le Sezioni Unite della Corte hanno affermato che l’Agenzia è tenuta a specificare se il mutamento sia dovuto a una risistemazione dei parametri relativi alla microzona nella quale si colloca l’unità immobiliare e, nel caso, indicare l’atto con cui si è provveduto alla revisione dei parametri relativi alla microzona, a seguito di significativi e concreti miglioramenti del contesto urbano (Cass. SS.UU. n. 7665/2016).

c) Se il nuovo classamento è stato adottato, ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, nell’ambito di una revisione dei parametri catastali della microzona in cui l’immobile è situato, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra valore di mercato e valore catastale in tale microzona rispetto all’analogo rapporto nell’insieme delle microzone comunali, l’atto deve indicare la specifica menzione dei suddetti rapporti e del relativo scostamento.

Questa Corte (Cass. n. 23129 del 2018 e Cass. n. 3107 del 2019) ha, infatti, chiarito: “che il procedimento di revisione parziale del classamento di cui alla L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335, non essendo diversamente disciplinato se non in relazione al suo presupposto fattuale, e cioè l’esistenza di uno scostamento significativo del rapporto tra valori medi della zona considerata e nell’insieme delle microzone comunali, resta soggetto alle medesime regole dettate ai fini della “revisione del classamento” dal D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138, art. 9, sì da sottrarne l’attuazione alla piena discrezionalità della competente Amministrazione pubblica; che, di conseguenza, non può ritenesi congruamente motivato il provvedimento di riclassamento che faccia esclusivamente riferimento al rapporto tra il valore di mercato e il valore catastale nella microzona considerata rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, e al relativo scostamento ed ai provvedimenti amministravi a fondamento del riclassamento, allorchè da questi ultimi non siano evincibili gli elementi (come la qualità urbana del contesto nel quale l’immobile è inserito, la qualità ambientale della zona di mercato in cui l’unità è situata, le caratteristiche edilizie del fabbricato) che, in concreto, abbiano inciso sul diverso classamento (Sez. 5, n. 22900 del 29.9.2017; Sez. 6-5 n. 3156 del 2015); che la Corte costituzionale, con la pronuncia n. 249 del 2017, ha fra l’altro affermato che “la natura e le modalità dell’operazione enfatizzano l’obbligo di motivazione in merito agli elementi che hanno, in concreto, interessato una determinata microzona, così incidendo sul diverso classamento della singola unità immobiliare; obbligo che, proprio in considerazione del carattere diffuso dell’operazione, deve essere assolto in maniera rigorosa in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento”, ribadendo così la necessità di un provvedimento specifico e puntuale in capo all’Amministrazione”.

Si impone, pertanto, un corretto utilizzo della metodologia del riclassamento ai sensi delle norme citate, che, a giudizio di questa Corte, non può prescindere da una valutazione, caso per caso, del singolo immobile, oggetto di riclassificazione (Cass. n. 19810 del 2019).

d) Tanto premesso, nella specie, è pacifico che l’Amministrazione abbia proceduto d’ufficio al mutamento di classamento ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, nell’ambito di una revisione dei parametri catastali della microzona in cui gli immobili sono situati, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale in tale microzona rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali. In queste ipotesi la ragione giustificativa del mutamento di rendita non è la mera evoluzione del mercato immobiliare, nè la mera richiesta del Comune, bensì l’accertamento di una modifica nel valore degli immobili presenti nella microzona, attraverso le procedure previste dal successivo comma 339, ed elaborate con la Det. direttoriale 16 febbraio 2005 (G.U. n. 40 del 18 febbraio 2005), cui sono allegate le linee guida definite con il concorso delle autonomie locali. Ne consegue che non è sufficiente che siano rispettati i criteri generali previsti dall’art. 1, comma 335, cit., ma si richiede che l’attribuzione della nuova rendita venga contestualizzata in riferimento alle singole unità immobiliari, sicchè anche gli oneri motivazionali devono adeguarsi ad esigenze di concretezza ed analiticità, senza che possa ritenersi sufficiente una motivazione standardizzata, applicate indistintamente, che si limiti a richiamare i presupposti normativi in modo assertivo. La motivazione dell’atto di riclassamento non può essere integrata dall’Amministrazione finanziaria nel giudizio di impugnazione avverso lo stesso (Cass. n. 25450 del 2018 e n. 6065 del 2017), nè il fatto che il contribuente abbia potuto svolgere le proprie difese vale a rendere sufficiente la motivazione, al fine di non legittimare un inammissibile giudizio ex post della sufficienza della stessa, argomentata dalla difesa svolta in concreto dal contribuente, piuttosto che un giudizio ex ante basato sulla rispondenza degli elementi enunciati nella motivazione a consentire l’effettivo esercizio del diritto di difesa.

e) Il tenore dell’atto impugnato, per come riassunto nella sentenza di appello e indicato nei suoi tratti essenziali nel ricorso e nel controricorso (a cui è stato allegato), non risponde ai requisiti sopra ampiamente illustrati. Non può ritenersi sufficientemente motivato il provvedimento di diverso classamento che faccia esclusivamente riferimento al suddetto rapporto di sco-stamento senza esplicitarne gli elementi che in concreto lo hanno determinato, che non possono prescindere da quelli indicati dal D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8 (qualità urbana ed ambientale della microzona nonchè caratteristiche edilizie dell’unità medesima e del fabbricato che la comprende) e ciò al duplice fine di consentire, da un lato, al contribuente di individuare agevolmente il presupposto dell’operata riclassificazione ed approntare le consequenziali difese, e, dall’altro, per delimitare, in riferimento a dette ragioni, l’oggetto dell’eventuale successivo contenzioso, essendo precluso all’ufficio addurre, in giudizio, cause diverse rispetto a quelle enunciate nell’atto (Cass. n. 25766 del 2018; n. 23789 del 2018, n. 17413 del 2018, n. 17412 del 2018, n. 8741 del 2018; n. 4903 e n. 10403 del 2019). “Oltre al fatto posizionale, ai fini valutativi rileva anche il fattore edilizio, per cui non è possibile prescindere dalle caratteristiche edilizie specifiche della singola unità e del fabbricato che la comprende (l’esposizione, il grado di rifinitura, stato di conservazione, l’anno di costruzione, ecc.), non essendo sostenibile che tutti gli immobili di una stessa zona abbiano necessariamente la medesima classe” (Cass. n. 19810 del 2019). Si deve, quindi, ribadire il principio di diritto, più volte espresso da questa Corte, secondo cui: “In tema di estimo catastale, il nuovo classamento adottato ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, soddisfa l’obbligo di motivazione se, oltre a contenere il riferimento ai parametri di legge generali, quali il significativo scostamento del rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, ed ai provvedimenti amministrativi su cui si fonda, consente al contribuente di evincere gli elementi, che non possono prescindere da quelli indicati dal D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8 (quali la qualità urbana del contesto nel quale l’immobile è inserito, la qualità ambientale della zona di mercato in cui l’unità è situata, le caratteristiche edilizie del fabbricato e della singola unità immobiliare), che, in concreto, hanno inciso sul diverso classamento, ponendolo in condizione di conoscere ex ante le ragioni specifiche che giustificano il singolo provvedimento di cui è destinatario, seppure inserito in un’operazione di riclassificazione a carattere diffuso” (Cass. n. 19810 del 2019; Cass. n. 9770 del 2019; Cass. n. 23129 del 2018).

5. Va rigettato, invece, il terzo motivo di ricorso, in quanto la rivalutazione del classamento, introdotto con legge finanziaria 2005, ha superato il vaglio di legittimità costituzionale. La Consulta, con sentenza n. 249 del 2017, ha ritenuto non irragionevole la scelta fatta dal legislatore di consentire una revisione del classamento per microzone, in quanto basata sul dato che la qualità del contesto di appartenenza della unità immobiliare rappresenta una componente fisiologicamente idonea ad incidere sul valore del bene, tanto che il fattore posizionale già costituisce una delle voci prese in considerazione dal sistema catastale generale. La modifica del valore degli immobili presenti in una determinata microzona ha una indubbia ricaduta sulla rendita catastale ed il conseguente adeguamento, in presenza di un’accresciuta capacità contributiva, mira ad eliminare una sperequazione a livello impositivo.

6. Da siffatti rilievi consegue che la Commissione Tributaria Regionale non si è uniformata ai principi sopra ampiamente illustrati, in quanto ha ritenuto sufficientemente motivato un atto basato esclusivamente sulla revisione generalizzata del classamento degli immobili compresi in una medesima micro-zona, e sul riferimento al fatto che “per la microzona 5 Prati….è stata riscontrata una consistente rivalutazione del patrimonio immobiliare e della connessa redditività, riconducibile anche ad interventi di riqualificazione urbana ed edilizia”, ed in relazione ad immobili similari non per caratteristiche catastali, ma per la mera collocazione nella medesima zona, in mancanza di qualsiasi specificazione in ordine ai vantaggi ritraibili concretamente dai singoli immobili interessati rispetto ad imprecisati miglioramenti dei servizi di trasporto pubblico e della qualità del contesto urbano. Il giudice di appello ha, altresì, apoditticamente affermato la congruità della motivazione dell’atto impugnato con riguardo alle unità immobiliari di categorie A/10, per le quali è stata alzata la classe ad A/6 semplicemente in considerazione “della posizione delle unità immobiliari all’interno della zona censuaria e della microzona… e della migliorata qualità di tale contesto urbano”, senza alcun riferimento analitico per ogni singola unità immobiliare oggetto di variazione.

7. In definitiva, la Corte accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso e rigetta il terzo, cassa la sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo proposto dal contribuente. Le spese di lite di ogni fase e grado, tenuto conto del recente consolidarsi della giurisprudenza di legittimità sulle questioni trattate rispetto all’epoca della introduzione della lite, vanno interamente compensate tra le parti.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e secondo motivo ricorso, rigetta il terzo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo proposto dal contribuente. Compensa le spese di lite di ogni fase e grado.

Così deciso in Roma, il 25 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2019

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