Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32750 del 12/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 12/12/2019, (ud. 25/09/2019, dep. 12/12/2019), n.32750

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1091.-2017 proposto da:

G.L., elettivamente domiciliata in ROMA VIA GERMANICO 1

presso lo studio dell’avvocato GIORGIO GELERA, che rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MARIA ROMEO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 512/2017 della COMM. TRIB. REG. di ROMA, del

13/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/09/2019 dal Consigliere Dott. FASANO ANNA MARIA.

Fatto

RITENUTO

CHE:

G.L. ricorre, svolgendo cinque motivi, per la cassazione della sentenza n. 512/17/2017 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, che aveva rigettato l’appello dalla stessa proposto avverso la sentenza n. 19394/27/15 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma, con cui si era parzialmente accolto il ricorso della contribuente avverso l’avviso di accertamento catastale n. (OMISSIS). Con tale avviso l’Ufficio aveva, in applicazione della L. 311 del 2004, art. 1, comma 335, rideterminato la rendita di tre unità immobiliari site in Roma nella microzona 18 (Flaminio II) attribuendo un diverso classamento. La contribuente riteneva l’illegittimità dell’atto impugnato per violazione del disposto della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, commi 2 e 3, per difetto di motivazione in ordine alla sussistenza di presupposti di legge per procedere alla revisione ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, oltre che per l’infondatezza, posto che l’Agenzia aveva determinato i nuovi valori per comparazione con unità immobiliari aventi analoga destinazione, ma site in diversa microzona, senza tenere conto alcuno delle risultanze del listino della Banca dati delle quotazioni immobiliari per l’anno 2013.

L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, del D.P.R. n. 138 del 1998, art. 9, della L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 154, lett. e). Si lamenta che la CTR avrebbe violato o falsamente applicato le disposizioni sopra evocate, in quanto, per costante giurisprudenza di legittimità, il procedimento di revisione parziale del classamento di cui alla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, non essendo diversamente disciplinato se non in relazione al suo presupposto fattuale, e cioè all’esistenza di uno scostamento significativo del rapporto tra i valori medi della zona considerata e nell’insieme delle microzone comunale, resta soggetto alle medesime regole dettate ai fini della “revisione del classamento” dal D.P.R. n. 138 del 1998, art. 9, così da sottrarne l’attuazione alla piena discrezionalità della competente Amministrazione pubblica. Ne consegue che anche la procedura prevista dall’art. 1, cit., comma 335, pur a fronte del relativo presupposto, non può sottrarsi all’applicazione dei parametri previsti, in via ordinaria, dalla L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 154, il quale impone che si tenga conto, nel medesimo contesto cronologico dei caratteri specifici di ciascuna unità immobiliare, del fabbricato e della microzona ove l’unità è sita, in quanto tutti coincidenti comparativamente e complessivamente alla qualificazione della stessa. I giudici di appello avrebbero ricostruito in modo inesatto le norme applicabili, basate sull’infondato assunto dell’irrilevanza delle caratteristiche proprie dell’unità immobiliare.

2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in subordine n. 4, violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 97 disp. att. c.p.c., in quanto la Commissione Tributaria Regionale, nell’affermare che il mutamento del contesto urbano interessante la microzona in esame è notorio, avrebbe adottato una impalpabile nozione di notorio locale non ancorata ad alcun elemento.

3. Con il terzo motivo si censura la sentenza impugnata denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, posto che la Commissione Tributaria Regionale avrebbe affermato, basandosi su una erronea concezione della ripartizione dell’onere della prova, che spetta al contribuente fornire elementi concreti idonei a contrastare le asserzioni in tema di classamento fornite dall’ufficio tributario, il quale sarebbe tenuto solo ad esplicitare le norme ed il procedimento seguiti, innescando una “provocatio ad opponendum” del contribuente.

4. Con il quarto motivo si denuncia omesso esame circa un fatto decisivo e controverso, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (in subordine n. 4), posto che la Commissione Tributaria Regionale non avrebbe considerato, nonostante le documentate deduzioni contenute nel ricorso introduttivo in primo grado e nel ricorso in appello, che il precedente classamento non era affatto “risalente negli anni” ma era intervenuto appena nel 1999. Secondo la ricorrente, la decisività discenderebbe dal fatto che il mutamento del contesto urbano e le particolari caratteristiche proprie dell’immobile andavano valutate, ai fini della variazione del classamento, a partire dall’ultimo classamento e non da precedenti classamenti imprecisati e “risalenti”, con la conseguenza che diverso sarebbe stato l’esito della valutazione. Sulla specifica doglianza dell’appellante, concernente la mancata considerazione del minor tempo trascorso tra il precedente classamento e la contestata revisione, la impugnata sentenza avrebbe fornito una motivazione apparente.

5. Con il quinto motivo si denuncia omesso esame circa un fatto decisivo e controverso, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in subordine n. 4, posto che la Commissione Tributaria Regionale non avrebbe considerato, nonostante le deduzioni contenute nel ricorso introduttivo in primo grado e nel ricorso in appello, che le unità immobiliari di riferimento non solo erano state indicate dall’ufficio senza evidenziare le caratteristiche ritenute comparabili, ma neppure era stata documentata la non comparabilità degli immobili con l’unità oggetto di classamento. Nella fattispecie, trattavasi di una diversa microzona (Prati) per la quale la stessa Banca dati delle quotazioni immobiliari dell’Agenzia delle entrate registrava valori medi sensibilmente maggiori che nella microzona Flaminio II, e la ricorrente aveva versato in atti le mappe dalle quali risultava il dato, peraltro notorio, della ubicazione delle dette unità immobiliari (via (OMISSIS), via (OMISSIS)) e l’estratto della Banca dati, sottolineando il dato, anch’esso notorio, del maggiore interesse del mercato per le unità destinate ad ufficio nel quartiere Prati. Si denuncia che l’adita Commissione avrebbe preferito motivare la sua decisione con espressioni generiche, di stile, senza prendere in esame lo specifico motivo di appello e la documentazione versata in atti in allegato al ricorso di primo grado, fornendo così una motivazione apparente.

6. I motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente in quanto inerenti la medesima questione, riguardante l’asserito difetto di motivazione dell’atto impugnato, sono inammissibili per carenza di autosufficienza, in ragione delle seguenti considerazioni.

a) Il giudizio di cassazione, in quanto giudizio a critica vincolata, delimitato da motivi di ricorso tassativi e specifici, esige una precisa emanazione dei motivi medesimi, in modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., e secondo il principio di autosufficienza si impone che esso contenga tutti gli elementi necessari in modo da porre il giudice di legittimità nella condizione di avere una completa cognizione della controversia e del suo oggetto, senza la necessità di fare rinvio o di accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, a elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito (Cass. n. 767 del 2011).

b) Il ricorrente per cassazione, pertanto, ha l’onere di indicare specificamente e singolarmente i fatti, le circostanze e le ragioni che si assumono trascurati, insufficientemente o illogicamente valutati dal giudice di merito, e tale onere non può ritenersi assolto mediante il mero generico richiamo agli atti o risultanze di causa, dovendo il ricorso contenere in sè tutti gli elementi che consentano alla Corte di Cassazione di controllare la decisività dei punti controversi e la correttezza e sufficienza della motivazione e della decisione rispetto ad essi, senza che sia possibile integrare aliunde le censure con esso formulate.

c) Ne consegue che il ricorrente è tenuto, in ossequio al principio di autosufficienza ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, all’integrale trascrizione degli atti del giudizio di merito, che si assumomo rilevanti ai fini della decisione, con riferimento alle singole censure illustrate in ricorso.

d) Con specifico riferimento alle denunce riferite al difetto di motivazione dell’avviso di accertamento, questa Corte, con indirizzo condiviso, ha affermato che nel giudizio tributario, in base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 c.p.c., qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla motivazione di un avviso di accertamento, è necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso ne riporti “testualmente” i passi che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi, al fine di consentire la verifica “esclusivamente” in base al ricorso medesimo, essendo il predetto avviso non un atto processuale, bensì amministrativo, la cui legittimità è necessariamente integrata dalla motivazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche poste a suo fondamento (Cass. n. 8312 del 2013; Cass. n. 9536 del 2013; Cass. n. 3289 del 2014; Cass. n. 16147 del 2017). A tale onere processuale il ricorrente non risulta avere ottemperato, così impedendo al giudice di legittimità ogni valutazione (Cass. n. 2928 del 2015).

E’ stato, altresì, precisato che: “l’adempimento dell’obbligo di specifica indicazione degli atti e dei documenti posti a fondamento del ricorso di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, previsto a pena di inammissibilità, impone quanto meno che gli stessi risultino da una elencazione contenuta nell’atto, non essendo a tale fine sufficiente la presenza di un indice nel fascicolo di parte” (Cass. n. 23452 del 2017). Nella specie, non risulta neppure che nella elencazione contenuta in calce al ricorso sia stato indicato l’avviso di accertamento impugnato.

7. In definitiva il ricorso va dichiarato inammissibile e la parte soccombente è tenuta al pagamento delle spese di lite liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 2050,00 per compensi, oltre spese forfetarie ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 25 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2019

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