Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32740 del 18/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 18/12/2018, (ud. 13/09/2018, dep. 18/12/2018), n.32740

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18197-2017 proposto da:

D.S., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO FRANCIA

178, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNA PANSINI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CRISPINO IPPOLITO;

– ricorrente –

contro

AMISSIMA ASSICURAZIONI SPA già CARIGE ASSICURAZIONI SPA, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DELLE FORNACI 38, presso lo studio dell’avvocato FABIO

ALBERICI, rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONINO ARICO’;

– controricorrente –

contro

B.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 981/2016 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 01/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/09/2018 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.

Fatto

RITENUTO

che, con ricorso affidato a due motivi, D.S. ha impugnato la sentenza della Corte d’Appello di Palermo, resa pubblica in data 1 giugno 2016, che ne rigettava il gravame avverso la decisione del Tribunale della medesima Città, il quale aveva accolto la domanda proposta da esso D., nei confronti della Carige Assicurazioni S.p.A. e di B.A., al fine di ottenere la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti in conseguenza ad un sinistro stradale;

che il Tribunale, in seguito all’espletamento di CTU medico-legale, riteneva la convenuta responsabile nella causazione del sinistro, condannandola in solido con la società assicuratrice al pagamento della somma di Euro 19.167,19;

che la sentenza di primo grado veniva impugnata da parte attrice nella parte in cui non aveva ritenuto sussistente il nesso di causalità fra trauma distorsivo celebrale riportato in seguito all’incidente e la patologia psichica riscontrata nell’appellante, tale da aver determinato un danno biologico permanente non inferiore al 40;

che la Corte territoriale, nel confermare la pronuncia impugnata, affermava (sulla scorta della c.t.u. medico-legale rinnovata in secondo grado) che il sinistro non aveva dignità di causa o concausa della sofferenza psichica dalla quale risultava essere affetto l’attore in quanto, sotto il profilo del nesso eziologico, l’evento dannoso per cui è causa, agendo su un substrato psicologico “in labile equilibrio funzionale”, non risultava idoneo a produrre un trauma di entità tale da incidere in maniera così profonda la psiche dell’appellante;

che resiste con controricorso Amissima Assicurazioni S.p.A. (già Carige Assicurazioni s.p.a.);

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle anzidette parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, in prossimità della quale ha depositato memoria la parte ricorrente;

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

a) con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 40,41,185 c.p., artt. 1223,2043,2056 c.c. e degli artt. 113,115 c.p.c., per avere la Corte territoriale ritenuto insussistente il nesso causale fra trauma distorsivo celebrale riportato dall’appellante in seguito all’incidente e la patologia psichica riscontrata tenendo conto unicamente delle conclusioni della CTU medico-legale;

b) con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 40,41,185 c.p., artt. 1223,2043,2056 c.c. e degli artt. 113,115,132 c.p.c., nonchè motivazione apparente e mancanza di motivazione, per non avere la Corte di merito dedotto le ragioni per le quali aveva disatteso le conclusioni del ricorrente e del consulente di parte di quest’ultimo in ordine alla sussistenza del nesso eziologico;

a.1/b.1) i motivi, da scrutinare congiuntamente per la loro stretta connessione, sono in parte manifestamente infondati e in parte inammissibili.

Va premesso che l’errore compiuto dal giudice di merito nell’individuare la regola giuridica in base alla quale accertare la sussistenza del nesso causale tra fatto illecito ed evento è censurabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, mentre l’eventuale errore nell’individuazione delle conseguenze che sono derivate dall’illecito, alla luce della regola giuridica applicata, costituisce una valutazione di fatto, come tale sottratta al sindacato di legittimità se adeguatamente motivata (Cass. n. 26997/2005, Cass. n. 4439/2014) e, nel regime di applicabilità del novellato art. 360 c.p.c., n. 5, (come nel caso di specie), ove sussista un omesso esame di fatto storico e decisivo, discusso tra le parti.

Ciò posto, la Corte territoriale – in forza di motivazione tutt’altro che apparente (essendo intelligibile chiaramente l’iter argomentativo, anche nel richiamo alla c.t.p. di parte, siccome esaminata dal c.t.u. nominato in secondo grado) – non ha affatto commesso un errore nell’individuare la regola giuridica sostanziale (di cui agli artt. 40 e 41 c.p.) di accertamento del nesso causale materiale (rilevante nella specie), poichè ha affermato che il trauma distorsivo non aveva affatto avuto efficienza di tipo causalistico in relazione alla patologia psichica, così da escludere l’esistenza di un nesso eziologico tra il primo (ritenuto quale mero evento “rivelatore” della patologia, ma non determinativo di essa) e la seconda (di natura non post-traumatica), senza che possa, quindi, venire in rilievo un profilo) di error in indicando in relazione al (postulato dal ricorrente) concorso di causa, umana e naturale (progresso stato patologico).

Per il resto, le doglianze ulteriori si appuntano, inammissibilmente, sull’apprezzamento delle risultanze della c.t.u., evocando piuttosto un vizio di insufficienza motivazionale, che tuttavia non rientra nel paradigma, rilevante ratione temporis, del vizio di cui al vigente art. 360 c.p.c., n. 5.

La memoria di parte ricorrente, richiamando sostanzialmente le ragioni del ricorso, non offre argomenti atti a scalfire le considerazioni che precedono.

Il ricorso va, quindi, rigettato e il ricorrente condannato al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo.

Non occorre provvedere alla regolamentazione di dette spese nei confronti della parte intimata che non ha svolto attività difensiva in questa sede.

P.Q.M.

rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore della parte controricorrente, in Euro 2.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6-3 Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 13 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2018

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