Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32738 del 18/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 18/12/2018, (ud. 13/09/2018, dep. 18/12/2018), n.32738

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15872-2017 proposto da:

M.G. assistito dall’Amministratore di sostegno

MI.AL., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA RAFFAELE CAVERNI 6,

presso lo studio dell’avvocato ROBERTO MORONI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ADELE CASCIONE;

– ricorrente –

contro

BANCO POPOLARE SOCIETA’ COOPERATIVA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA DI PIETRA 26, presso lo studio dell’avvocato DANIELA

JOUVENAI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati

ALBERTO BRACESCO, MARGHERITA GRIGOLINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 504/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 02/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/09/2018 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.

Fatto

RITENUTO

che, con ricorso affidato a quattro motivi, M.G. ha impugnato la sentenza della Corte d’Appello di Venezia, resa pubblica in data 2 marzo 2017, che ha accolto il gravame interposto dalla Banca Popolare Società Cooperativa avverso la decisione del Tribunale di Verona, che, a sua volta, aveva accolto l’opposizione a decreto ingiuntivo (recante la somma di Euro 136.665,02, oltre accessori) proposta dallo stesso M., annullando i contratti di fideiussione inter partes del 5 ottobre 2009 e del 3 dicembre 2009, per incapacità naturale, ex art. 428 c.c., comma 1, dello stesso M. all’epoca della sottoscrizione;

che la Corte territoriale, per quel che ancora rileva in questa sede, osservava: 1) che l’obbligazione fideiussoria ha natura contrattuale, pertanto, ai fini dell’annullabilità per incapacità naturale, si applicava l’art. 428 c.c., comma 2; 2) che, come accertato, dall’espletata c.t.u., la “deficienza psichica” di cui era affetto il M., e tale ridurne grandemente la capacità di intendere e soprattutto di volere, “si presentava con sintomi e segni clinici di caratteristica tale da non risultare percepibili anche da terzi, a prescindere da esperti in neurologia, psichiatria o psiconeurologia”, potendo i terzi, cogliere, al più, una “generica condizione morbosa interessante anche la sfera dell’efficienza plico-fisica”; 3) che, pertanto, non poteva dirsi sussistente la mala fede della Banca, intesa come consapevolezza dello stato di incapacità di intendere e di volere; 4) che la circostanza per cui il M. si presentava con notevoli cicatrici al capo e con difficoltà nell’eloquio non era idonea a sorreggere un giudizio di mala fede della Banca, neppure ravvisabile nel fatto che lo stesso M. avesse prestato analoga garanzia in favore di altro istituto di credito il 22 settembre 2009; 5) che il M. neppure aveva dedotto di aver patito “un rilevantissimo pregiudizio dalla prestazione delle garanzie”, limitandosi ad affermare che detto pregiudizio era in re ipsa;

che resiste con controricorso la Banca Popolare Società Cooperativa;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle anzidette parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, in prossimità della quale ha depositato memoria la parte controricorrente;

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

a) con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1425,428, comma 2, e art. 1375 c.c., nonchè, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte territoriale ritenuto, per un verso, che la condizione morbosa interessante anche la sfera dell’efficienza psicofisica, accertata in capo al M. all’atto della stipula delle fideiussioni omnibus e percepibile da parte di terzi, non fosse sufficiente ad inficiare la validità del contratto; per altro verso, che fosse insussistente un pregiudizio derivante dalla sottoscrizioni delle fideiussioni oggetto di causa;

b) con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115,116 c.p.c., artt. 1425,428 c.c., comma 2, nonchè, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte territoriale ritenuto superflua la prova orale volta a dimostrare che il M. all’atto della sottoscrizione delle fideiussioni si presentasse con vistose cicatrici al capo e notevoli difficoltà nel parlare, tali da rendere percepibile ai terzi la sua condizione di incapacità di intendere e di volere;

e) con il terzo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115,116 c.p.c., art. 1425 c.c. e art. 428 c.c., comma 2, nonchè, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte d’appello ritenuto “fatto del tutto neutro” ai fini della prova della mala fede dell’altro contraente, che, in data 22 settembre 2009, il M. avesse prestato analoga garanzia in favore di altra banca, essendo contrario ad ogni principio di logica e di comune esperienza che una persona assennata assuma a distanza di neppure un mese impegni economici personali tanto gravosi;

d) con il quarto mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1333 c.c., art. 428 c.c., comma 1 e art. 1325 c.c., per avere la Corte territoriale errato nel ricondurre a natura contrattuale l’obbligazione fideiussoria assunta dal M. nei confronti della Banca alla figura del negozio unilaterale, non aderendo alla tesi del negozio rifiutabile con rilievo bilaterale, il relazione al quale, ai fini dell’annullabilità per incapacità naturale, risulta applicabile l’art. 428 c.c., comma 1;

d.1) è logicamente prioritario l’esame del quarto motivo, il quale è inammissibile ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1, in quanto il ricorrente non fornisce argomenti atti a superare il consolidato orientamento secondo cui l’obbligazione fideiussoria, pur promanante da un contratto unilaterale con obbligazioni a carico di una sola parte, ha comunque natura contrattuale (Cass. n. 17641 del 2012), con la conseguenza che trova applicazione nell’art. 428 c.c., comma 2, in forza del quale l’annullamento dei contratti stipulati da persona incapace d’intendere o di volere non può essere pronunziato se non quando risulti la malafede dell’altro contraente (Cass. n. 19270 del 2016).

a.1-b.1-c.1) i restanti motivi – che vanno congiuntamente scrutinati per essere tra loro connessi – sono inammissibili.

Giova premettere che, ai fini dell’annullamento del contratto per incapacità di intendere e di volere, ai sensi dell’art. 428 c.c., comma 2, non è richiesta, a differenza dell’ipotesi del comma 1, la sussistenza di un grave pregiudizio, che, invece, costituisce indizio rivelatore dell’essenziale requisito della mala fede dell’altro contraente; quest’ultima risulta o dal pregiudizio anche solo potenziale, derivato all’incapace, o dalla natura e qualità del contratto, e consiste nella consapevolezza che l’altro contraente abbia avuto della menomazione della sfera intellettiva o volitiva del contraente. Peraltro, la prova dell’incapacità deve essere rigorosa e precisa ed il suo apprezzamento, riservato al giudice del merito, non è censurabile in sede di legittimità tranne che per vizi logici o errori di diritto (Cass. n. 21050/2004; Cass. n. 4677/2009).

Ciò posto, la motivazione della Corte territoriale (innanzi sintetizzata) si pone in linea con i rammentati principi di diritto, mentre le censure di parte ricorrente non solo deducono erroneamente l’omesso esame di fatti che nella sentenza impugnata si trovano invece espressamente esaminati (cfr. sub 2, 3, 4 e 5 della sintesi innanzi riportata), ma sono orientate, piuttosto, a sovrapporsi alla valutazione delle prove e dei fatti accertati effettuata (anche, e con adeguata motivazione esplicita, ai fini di ritenere superflua la prova orale richiesta dall’appellante, che, peraltro, neppure riporta in modo intelligibile i capitoli di prova al fine di potersene apprezzare la decisività: tra le tante, Cass. n. 10357/2015, Cass. n. 23194/2017) dal giudice di merito, al quale spetta esclusivamente tale potere (tra le molte, Cass. n. 9097/2017), veicolando un vizio di motivazione alla stregua del paradigma di cui al previgente dell’art. 360 c.p.c., n. 5, inapplicabile ratione temporis alla presente impugnazione di legittimità.

Il ricorso va, quindi, dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso;

condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore della parte controricorrente, in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6-3 Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 13 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2018

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