Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32735 del 18/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 18/12/2018, (ud. 20/11/2018, dep. 18/12/2018), n.32735

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9630-2018 proposto da:

A.A.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OTRANTO, 23,

presso lo studio dell’avvocato ANDREA VOLPINI, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS) – Commissione per la Protezione

Internazionale di Brescia, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

e contro

COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE

INTERNAZIONALE ANCONA;

– intimata –

avverso il decreto n. R.G. (OMISSIS) del TRIBUNALE di ANCONA,

depositato il 16/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/11/2018 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO

TERRUSI.

Fatto

RILEVATO

che:

A.A.B. ricorre per cassazione nei confronti del provvedimento del tribunale di Ancona, in data 16-2-2018, di rigetto dell’impugnazione finalizzata a ottenere il riconoscimento, per quanto ancora rileva, del diritto alla protezione sussidiaria e umanitaria;

il Ministero dell’Interno ha replicato con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

i primi due motivi possono essere trattati congiuntamente;

col primo (violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 8 e D.Lgs. n. 25 del 2008, per mancanza o apparente motivazione) il ricorrente si duole della decisione negativa del tribunale sostenendo di aver narrato e documentato la propria condizione soggettiva di pericolo, con allegato report riguardante la situazione di sicurezza interna generale del paese di origine (il Pakistan); col secondo (violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), censura la decisione per aver escluso la protezione sussidiaria mediante una non attenta valutazione di sussistenza del rischio effettivo di esso ricorrente di subire un grave danno specificamente correlato alla sottoposizione a tortura e ad altra forma di pena o di trattamento inumano o degradante; ciò in quanto il tribunale avrebbe mancato di calare la situazione generale del Pakistan, lodevolmente ricostruita, in quella specifica narrata dal ricorrente medesimo al fondo della necessità di abbandonare il paese;

i motivi sono inammissibili per genericità;

a fronte della situazione generale del distretto del (OMISSIS), nella regione del (OMISSIS), così come enunciata dal tribunale mediante rinvio alle fonti ufficiali consultate e alle relative risultanze, il ricorrente ha mancato di specificare, nel ricorso, cosa in effetti era stato dedotto a fondamento della domanda;

in guisa del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), egli censura la decisione per escluso la protezione sussidiaria mediante una non attenta valutazione di sussistenza del rischio effettivo di subire un grave danno specificamente correlato alla sottoposizione a tortura e ad altra forma di pena o di trattamento inumano o degradante; e tuttavia il riferimento alla tortura e ad altra forma di pena inumana o degradante non è pertinente al richiamato D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c);

inoltre il grado di violenza indiscriminata del Pakistan, che il dedotto art. 14, lett. c), pone a fondamento della minaccia grave e individuale alla vita o alla persona a fronte di situazione di conflitto armato interno, è stato sul piano generale motivatamente escluso dal tribunale; e adesso il ricorrente addebita al giudice a quo di essersi mantenuto sulle linee generali senza calarsi nel concreto della situazione personale narrata;

anche in tal caso però non è indicato nel ricorso in qual senso e in ragione di quali specifiche e comprovate risultanze quella situazione personale si sarebbe dovuta ritenere come base di una esposizione a rischio per la vita o l’incolumità fisica derivante da un sistema di regole sub statuali imposte con violenza generalizzata e sopraffazione;

quel che direttamente interessa, dunque, è che il tribunale, al netto di una motivazione per molti aspetti sovrabbondante, ha implicitamente ritenuto deficitarie le allegazioni del ricorrente, e sul punto la statuizione non è stata censurata; mediante l’esercizio dei poteri officiosi il tribunale ha ritenuto che gli elementi al fondo della situazione personale non fossero desumibili neppure dal grado di violenza indiscriminata caratterizzante il territorio di riferimento, giacchè, appunto, tale non potevasi ritenere la situazione del paese di origine; un simile apprezzamento non è inficiato da errori di diritto e la critica mossa dal ricorrente è – ripetesi – del tutto generica;

col terzo motivo (violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3), si censura la decisione per non aver tenuto conto della possibilità di concedere un permesso di soggiorno per motivi umanitari;

anche al detto proposito tuttavia la censura si palesa inammissibile e tanto assorbe ogni questione in ordine al sopravvenuto D.L. n. 113 del 2018;

il tribunale ha motivatamente escluso la sussistenza dei presupposti della protezione umanitaria riferendosi sia alla già vista sopravvenuta stabilizzazione della regione di provenienza del ricorrente, sia alla non ravvisabile condizione soggettiva di integrazione del predetto ricorrente nel tessuto sociale italiano, per la precarietà del dedotto rapporto di lavoro domestico alle asserite dipendenze di un connazionale dal reddito non documentato, e in ogni caso per la esiguità degli importi documentati a fini retributivi; nel terzo motivo il ricorrente contesta la decisione genericamente opponendo che la condizione di stabilità del Pakistan sarebbe notoria e che il rapporto di lavoro domestico, fondato sulla fiducia, per quanto tipicamente precario, sarebbe in sè “dignitoso e altamente umano”;

la censura non attiene a errori di diritto poichè si risolve in una critica di merito;

essa è dunque insuscettibile di trovare ingresso in questa sede di legittimità;

le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2018

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