Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32735 del 12/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 12/12/2019, (ud. 09/10/2019, dep. 12/12/2019), n.32735

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. ZOSO Liliana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 17652/2013 R.G. proposto da:

M.G., elett.te domiciliato in Roma, al V.le Cortina

d’Ampezzo n. 269, presso lo studio dell’avv. Francesco De Santis da

cui è rapp.to e difeso, come da procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

Contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elett.te

domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8/52/13 della Commissione Tributaria Regionale

della Campania, depositata il 10/1/2013, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 9

ottobre 2019 dalla Dott.ssa Milena d’Oriano;

udito per il ricorrente l’avv. Francesco De Santis;

udito per la controricorrente l’avv. Emanuele Valenzano;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Salzano Francesco che ha concluso per l’accoglimento.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 8/52/13, depositata il 10 gennaio 2013, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale della Campania, riformava parzialmente la sentenza n. 32/3/11 della Commissione Tributaria Provinciale di Benevento, con compensazione delle spese di lite.

Il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione da parte del contribuente di un avviso di rettifica e liquidazione con il quale l’Agenzia delle Entrate, ai fini dell’imposta di registro, aveva rideterminato il valore di una compravendita immobiliare, relativa ad un terreno di mq 5.000 sito nel Comune di Rotondi, elevato da Euro 220.000,00 ad Euro 440.560,00, accertando un valore al mq di Euro 120,00 per la parte di suolo, pari a mq 1.014, classificata in zona B/1, e di Euro 80,00/mq per la parte restante situata in zona C/2.

La Commissione di primo grado aveva accolto il ricorso rilevando un difetto di motivazione dell’atto, a cui non era stato allegato il parere sulla valutazione del terreno redatto dall’Ufficio di Avellino competente per territorio, posto a fondamento dell’accertamento.

La CTR riformava parzialmente la pronuncia di primo grado e, ritenuta non rilevante l’omessa allegazione del parere dell’altro Ufficio, interpellato non ai fini della valutazione ma solo in quanto competente per territorio ad indicare i valori applicati in zona, riduceva il valore del cespite a complessivi Euro 350.740,00, tenuto conto del fatto che dal certificato di destinazione urbanistica risultava la destinazione a verde pubblico di mq 1.426 posti in zona C/2, di cui rideterminava il valore in Euro 10,00/mq, in luogo di quello accertato di Euro 80,00/mq.

2. Avverso la sentenza di appello il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, consegnato per la notifica in data 8 luglio 2013, affidato a cinque motivi, e depositato memoria ex art. 378 c.p.c.; l’Agenzia ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso il contribuente censura la sentenza impugnata, deducendo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 2-bis, nonchè della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, per aver ritenuto sufficientemente motivato un avviso di accertamento che, ai fini della valutazione del cespite, non riportava alcun parametro o atti di comparazione ma si limitava a richiamare altro atto, non allegato nè conosciuto o conoscibile dal contribuente, con una motivazione che poi risultava integrata solo in giudizio con l’esibizione dei pareri redatti da altro Ufficio interpellato per competenza territoriale;

2. con il secondo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ed omessa motivazione su un fatto decisivo e controverso, per non aver esplicitato su quali basi documentali avesse ritenuto che l’Ufficio di Avellino non aveva effettuato una valutazione del terreno;

3. con il terzo motivo lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ed omessa motivazione su un fatto decisivo e controverso, per non aver tenuto conto del secondo parere del 23-10-09, esibito già in primo grado dall’Agenzia delle Entrate, che riportava un valore ridotto rispettivamente ad Euro 100,00 ed Euro 70,00 al mq, per un totale complessivo di Euro 294,860,00.

4. con il quarto motivo deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, contraddittoria motivazione su un fatto decisivo e controverso, per essersi discostata dal valore indicato nel secondo parere;

5. con il quinto motivo lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di un fatto decisivo, per non aver valutato che il terreno era stato oggetto di una perizia di stima sulla cui base era stato determinato il valore della vendita.

6. Il ricorso merita accoglimento, stante la fondatezza del primo motivo.

6.1. In continuità con quanto già affermato da questa Corte in merito agli oneri motivazionali di ogni atto impositivo va innanzitutto ribadito che “L’avviso di accertamento soddisfa l’obbligo di motivazione quando pone il contribuente nella condizione di conoscere esattamente la pretesa impositiva, individuata nel “petitum” e nella “causa petendi”, mediante una fedele e chiara ricostruzione degli elementi costitutivi dell’obbligazione tributaria, anche quanto agli elementi di fatto ed istruttori posti a fondamento dell’atto impositivo, in ragione della necessaria trasparenza dell’attività della Pubblica Amministrazione, in vista di un immediato controllo della stessa.”(vedi da ultimo Cass. n. 30039 del 2018).

Tale condivisibile principio di portata generale, è fondato sulla necessità che in ogni avviso di accertamento e di rettifica siano presenti gli elementi identificativi della pretesa tributaria, dovendosi escludere ogni formalismo nell’indicazione delle norme di diritto violate, quando chiaramente evincibili, o di tutti gli elementi di prova, eventualmente integrabili in sede di giudizio purchè siano indicati gli elementi di fatto e istruttori del procedimento; in sintesi l’obbligo di motivazione può ritenersi assolto ove dalla motivazione dell’avviso emerga una fedele e chiara ricostruzione di tutti gli elementi costitutivi dell’obbligazione tributaria, così da consentire una adeguata, efficace e piena difesa in giudizio del contribuente.

Un tale estensione dell’obbligo motivazionale soddisfa del resto la declinazione di legittimità di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 7 (Statuto del contribuente), che a sua volta richiama la L. n. 241 del 1990, art. 3, secondo cui all’Amministrazione finanziaria è tenuta ad indicare nei suoi atti “i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione”.

6.2 In materia opera poi altro principio per il quale “la polisistematicità del sistema tributario comporta necessariamente che, in relazione a ciascuna imposta, la esistenza e la congruità della motivazione del singolo atto impositivo sia verificata secondo le regole dettate per il tributo cui l’atto stesso afferisce” (Vedi Cass. n. 5190 del 2015; n. 24267 del 2011; n. 1332 e n. 8451 del 2005, n. 17356 del 2003).

7. In tema di imposta di registro la verifica in ordine all’esistenza e all’adeguatezza della motivazione dell’avviso di accertamento va condotta secondo la disciplina specificamente dettata, in ordine al contenuto dell’atto in esame, dal D.P.R. 25 giugno 1986, n. 131, art. 52, comma 2-bis, a tenore del quale:” La motivazione dell’atto deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato. Se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto nè ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale. L’accertamento è nullo se non sono osservate le disposizioni di cui al presente comma”.

Tale norma, introdotta dal D.Lgs. n. 32 del 2001, art. 4, ricalcando sostanzialmente gli obblighi motivazionali richiesti in linea generale dallo Statuto del contribuente, impone che, previa enunciazione del criterio astratto sulla cui base è stato determinato il diverso valore venale del bene, superiore a quello dichiarato o pattuito come corrispettivo, vengano specificati gli elementi di fatto e di diritto su cui si fonda la ripresa a tassazione, necessari per consentire al contribuente l’esercizio del diritto di difesa.

Così fissati gli oneri motivazionali in materia, si è ad esempio già ritenuto da questa Corte che “In tema di imposta di registro, l’avviso di liquidazione non può essere fondato esclusivamente sullo scostamento tra il corrispettivo dichiarato nell’atto di compravendita ed il valore del bene risultante delle quotazioni OMI pubblicate sul sito web dell’Agenzia delle Entrate, atteso che queste non costituiscono fonte di prova del valore venale in comune commercio, il quale può variare in funzione di molteplici parametri (quali l’ubicazione, la superficie, la collocazione nello strumento urbanistico), limitandosi a fornire indicazioni di massima e dovendo, invece, l’accertamento essere fondato su presunzioni gravi, precise e concordanti. (vedi Cass. n. 21813 del 2018).

7.1 Del resto, pur volendo dare applicazione ad altro principio consolidato secondo cui “In tema di accertamento tributario, la motivazione di un avviso di rettifica e di liquidazione ha la funzione di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’Ufficio nell’eventuale successiva fase contenziosa, consentendo al contribuente l’esercizio del diritto di difesa. Ne consegue che, fermo restando l’onere della prova gravante sulla Amministrazione, è sufficiente che la motivazione contenga l’enunciazione dei criteri astratti, in base ai quali è stato determinato il maggior valore, senza necessità di esplicitare gli elementi di fatto utilizzati per l’applicazione di essi, in quanto il contribuente, conosciuto il criterio di valutazione adottato, è già in condizione di contestare e documentare l’infondatezza della pretesa erariale, senza poter invocare la violazione, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 2-bis, del dovere di allegazione delle informazioni previste ove il contenuto essenziale degli atti sia stato riprodotto sull’avviso di accertamento” (vedi Cass. n. 22148 del 2017; n. 25153 del 2013; 14027 del 2012), si rileva che la possibilità di integrazione in sede contenziosa attiene esclusivamente al profilo probatorio, mentre resta indispensabile, per soddisfare l’obbligo di motivazione, l’indicazione nell’atto dei criteri astratti che hanno portato all’individuazione di un più elevato valore venale del bene.

7.2 Nella specie risulta incontestato che l’avviso di rettifica e liquidazione impugnato, avente ad oggetto la richiesta di una maggiore imposta di registro, in relazione alla compravendita di un terreno edificabile di mq 5.000, reca l’indicazione delle superfici e della loro collocazione ai fini urbanistici e nella parte motiva la sola specificazione che l’attribuzione del maggior valore era avvenuta ricercando il valore di mercato sulla base dell’ubicazione, della estensione e della destinazione di uso, sentito il parere dell’Agenzia delle Entrate di Avellino competente per territorio.

Dal contenuto dell’atto si evince quindi che risulta del tutto omessa l’esposizione dei criteri in base ai quali era stato individuato il valore di mercato ed attribuito il maggior valore al mq in relazione alle rispettive zone (B/1 e C/2), nè risultano indicati parametri astratti, atti di comparazione relativi ad immobili similari o altri elementi di valutazione attinenti all’andamento del mercato immobiliare della zona.

Come rilevato dalla CTR, l’allegazione del parere dell’Ufficio di Avellino non era indispensabile in quanto tale atto non era stato utilizzato per relationem, al fine di integrare la motivazione, ma solo richiamato come mera attività consultiva effettuata in sede di istruttoria; ciò posto, l’atto resta totalmente carente quanto alla indicazione dei suoi presupposti di fatto e di diritto.

Qualora poi si volesse attribuire a quel parere una portata integrativa della motivazione, si sarebbe comunque in presenza di una violazione dei suindicati obblighi motivazionali: l’atto infatti, pur richiamato, non è stato allegato all’avviso nè era altrimenti conoscibile dal contribuente, in quanto non aveva natura generale, non era soggetto ad obblighi di pubblicità legale nè era stato comunicato o altrimenti portato a conoscenza della parte.

8. Per le suesposte considerazioni, rilevato che la CTR non ha fatto corretta applicazione dei principi innanzi indicati, ritenuto fondato il primo motivo, ed assorbiti tutti gli altri, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, decidendo nel merito, va accolto il ricorso introduttivo proposto dal contribuente.

8.1 Le spese di lite dei gradi di merito, in ragione del recente consolidarsi della giurisprudenza di legittimità sulle questioni oggetto di causa, rispetto all’epoca della introduzione della lite, vanno interamente compensate tra le parti, mentre le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo del contribuente;

compensa interamente tra le parti le spese di lite dei gradi di merito e condanna l’Agenzia delle Entrate soccombente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Così deciso, in Roma, il 9 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2019

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