Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3273 del 09/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 3273 Anno 2018
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: LUCIOTTI LUCIO

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2400-2017 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 06363391001, in persona del
Direttore

pro tempore,

rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla
via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente contro

DI CATERINA Pietro, rappresentato e difeso, per procura in calce al
controricorso, dall’Av -v. Luigi Quercia, ed elettivamente domiciliato presso
lo studio legale dell’avv. Livia Ranuzzi, sito in Roma, al viale del Vignola, n.
5;

– con troricorren te avverso la sentenza n. 1651/01/2016 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE della PUGLIA, depositata il 22/06/2016;

Data pubblicazione: 09/02/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 10/01/2018 dal Consigliere dott. Lucio LUCIOTTI.
RILEVATO
– che con la sentenza in epigrafe indicata, la Commissione tributaria
regionale della Lombardia accoglieva l’appello proposto da Pietro Di

la sentenza di primo grado, in accoglimento dell’originario ricorso proposto
dal contribuente, annullava l’avviso di accertamento di maggiori redditi, di
un maggiore valore della produzione ed un maggior volume di affari,
rispettivamente ai fini IRPEF, IRAP ed IVA, relativamente all’anno di
imposta 2008, emersi a seguito della verifica delle movimentazioni bancarie
effettuate dal predetto professionista nel periodo di imposta considerato;
– che la Commissione di appello, richiamando il principio affermato da
questa Corte nella sentenza n. 23041 del 2015, sosteneva che la presunzione
di ricavi posti dall’art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973 non trovava applicazione
nei confronti dei lavoratori autonomi e che l’applicazione dell’IRAP
risultava nella specie illegittima «in quanto il contribuente è un lavoratore
autonomo che opera con lavoro proprio e senza avvalersi di
quell’organizzazione di persone e mezzi che costituisce il presupposto per
la tassazione ai fini Irap»;
– che avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate propone ricorso
per cassazione affidato a due motivi, cui replica l’intimato con
controricorso;
– che regolarmente costituito il contraddittorio sulla proposta avanzata
dal relatore ai sensi del vigente art. 380 bis cod. proc. civ., il Collegio, con
motivazione semplificata,
OSSERVA
– che con il primo motivo di ricorso l’Amministrazione ricorrente
denuncia la violazione degli artt. 32 del d.P.R. n. 600/1973, 51 del d.P.R. n.
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Caterina, esercente la professione di geometra, e, riformando integralmente

633/1972 e 2967 cod. civ., in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., per
avere i giudici di appello escluso la presunzione legale posta dalle citate
disposizioni fiscali a carico del libero professionista per i versamenti eseguiti
sul proprio conto corrente bancario
– che è, ilweee, fondato il primo motivo di ricorso, con cui viene

presunzione legale posta dalle disposizioni censurate a carico del libero
professionista per i versamenti eseguiti sul proprio conto corrente bancario;
– che al riguardo deve osservarsi che il giudice tributario d’appello ha
statuito come se la Corte costituzionale con la sentenza n. 228 del 2014
avesse dichiarato totalmente illegittima la presunzione posta dalle norme
tributarie censurate riguardo agli accertamenti sui redditi da lavoro
autonomo basati sulle movimentazioni bancarie del professionista, la cui
legittimità la Corte ha, invece, escluso limitatamente ai prelevamenti (sugli
effetti della succitata pronuncia della Corte costituzionale cfr. Cass. sez. 5,
30 marzo 2016, n. 6093; v. anche Cass. n. 19029 del 2016 di questa
Sottosezione);
– che, invero, questa Corte ha avuto modo di rilevare e precisare (v.
sentenze n. 19807 e n. 19806 del 2017) che nella citata sentenza del Giudice
delle leggi sembrava potersi rinvenire una discrasia tra motivazione e
dispositivo, nella prima avendo fatto riferimento ai soli prelevamenti dai
conti bancari e nella seconda, invece, avendo sancito in maniera perentoria
l’illegittimità costituzionale della disposizione censurata (art. 32, comma 1,
num. 2, secondo periodo, del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, come
modificato dall’art. 1, comma 402, lett. a), num. 1, legge 30 dicembre 2004
n. 311),<>>>, che nell’architettura
della citata disposizione è posta con riferimento ai prelevamenti ma anche
agli <>,
che potrebbero far pensare ai versamenti); orbene, seppure la predetta
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censurata la statuizione di merito che ha escluso l’operatività della

sentenza sia stata in tal modo interpretata da alcune pronunce di questa
Corte (tra cui Cass. n. 23041 del 2015, citata dalla CTR, nonché Cass. n.
16440, n. 12779 e n. 12781 del 2016, nonché, di questa Sottosezione, n.
24862 e n. 19970 del 2016), che hanno ritenuto essere venuta meno la
presunzione di imputazione ai «compensi» dei lavoratori autonomi o dei

conti bancari, questo Collegio ritiene che vada seguito e ribadito il diverso
orientamento secondo cui «resta invariata la presunzione legale posta
dall’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 con riferimento ai versamenti
effettuati su un conto corrente dal professionista o lavoratore autonomo,
sicché questi è onerato di provare in modo analitico l’estraneità di tali
movimenti ai fatti imponibili, essendo venuta meno, all’esito della sentenza
della Corte costituzionale n. 228 del 2014, l’equiparazione logica tra attività
imprenditoriale e professionale limitatamente ai prelevamenti sui conti
correnti» (cfr. Cass. Sez. 5^, n. 16697 del 2016; in senso analogo, Cass. Sez.
5, n. 18065, n. 18066, n. 18067, n. 16686, n. 16699, n. 11776, n. 6093 del
2016; n. 23575, n. 18126, n. 18125, n. 16929, n. 13470, n. 12021 del 2015
nonché, più recentemente, n. 5152 e n. 5153 del 2017 oltre alle già citate
sentenze n. 19807 e n. 19806 del 2017; in senso analogo anche Cass. Sez.
6-5, ord. n. 7453, n. 9078 e n. 19029 del 2016); orientamento maggiormente
coerente con la sentenza della Corte costituzionale nella cui motivazione in
maniera chiara (punti 4, 4.1 e 4.2 e conclusione tratta al punto 5) si afferma
la contrarietà al principio di ragionevolezza e di capacità contributiva della
sola presunzione di ricavi operata con riferimento ai prelievi effettuati da un
lavoratore autonomo, mentre nessun accenno viene fatto ai «versamenti» in
conto;
– che, quindi, la pronuncia impugnata si pone in contrasto con
l’orientamento giurisprudenziale che, alla stregua delle suddette
considerazioni, attribuisce natura di presunzione legale ai versamenti sui
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professionisti intellettuali sia dei prelevamenti che dei versamenti operati sui

conti correnti del professionista, in virtù del disposto dell’art 32, comma 1,
n. 2 del d.P.R. n. 600/1973, quale risultante a seguito della parziale
declaratoria di illegittimità costituzionale di detta norma ad opera della
sopra citata pronuncia della Corte costituzionale, e dell’art. 51, comma 2, n.
2 del d.P.R. n. 633/1972, da considerarsi ricavi derivanti dall’attività

conseguente onere a carico dell’interessato di fornire la prova contraria, che
deve essere rigorosa e specifica, che detti movimenti sono estranei al suo
reddito o perché ad esso non riferibili o perché relativi ad atti non soggetti a
tassazione (tra le molte, cfr. Cass., n. 20668 del 2014, n. 21303 del 2013, n.
2894 del 2013);
– che con il secondo motivo di ricorso la ricorrente deduce la nullità
della sentenza impugnata per difetto assoluto di motivazione, in violazione
degli artt. 1 e 36 d.lgs. n. 546 del 1992, 132, n. 4 c.p.c., 118 disp. art. c.p.c.,
2, d.lgs. n. 446 del 1992 e 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, n. 4 c.p.c.,
laddove la CTR ha ritenuto provato dal contribuente la non assoggettabilità
all’IRAP per insussistenza di un’autonoma organizzazione lavorativa;
– che il motivo di ricorso è infondato e va rigettato giacché,
diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, la pronuncia è assistita
da motivazione non riconducibile alle ipotesi di mancanza assoluta o di
motivazione apparente, in relazione alle quali il vizio motivazionale si
converte in violazione di legge;
– che, precisato che secondo la giurisprudenza di questo giudice di
legittimità «ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, nella
duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente,
quando il Giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi
da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi tali elementi senza
una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo
impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo
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professionale (v. anche Cass. n. 16697, n. 19029 e n. 7453 del 2016), con

ragionamento» (Cass. n. 1756 del 2006, n. 16736 del 2007, n. 9105 del
2017), nel caso in esame va esclusa la sussistenza di una di tale ipotesi,
avendo la CTR, sia pure in maniera sintetica, esplicitato le ragioni che
l’avevano indotta ad escludere la sussistenza dei presupposti applicativi
dell’IRAP al professionista contribuente, avendo rilevato che lo stesso

persone e mezzi che costituisce il presupposto per la tassazione Irap»
(circostanze, peraltro, neanche smentite dalla ricorrente secondo cui
l’obbligo impositivo sussiste sub specie per il solo fatto che l’IRAP era stata
dichiarata dallo stesso contribuente);
– che, conclusivamente, va accolto il primo motivo di ricorso e rigettato
il secondo, con cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo
accolto e rinvio, anche per la regolamentazione delle spese del presente
giudizio di legittimità, alla competente CTR, in diversa composizione;
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo, cassa la sentenza
impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del
giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in
diversa composizione.

«opera con lavoro proprio e senza avvalersi di quell’organizzazione di

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