Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32723 del 18/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 18/12/2018, (ud. 11/10/2018, dep. 18/12/2018), n.32723

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26864-2017 proposto da:

N.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BACHELET 12,

presso lo studio dell’avvocato LUIGI CIANCAGLINI, rappresentata e

difesa dall’avvocato GERARMANDO RANDAZZO;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI BARGA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DI VILLA SEVERINI 54, presso lo studio

dell’avvocato GIUSEPPE TINELLI, rappresentalo e difeso dall’avvocato

MAURIZIO DE LORENZI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 973/17/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di FIRENZE, depositata il 10 aprile 2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata dell’11 ottobre 2018 dal Consigliere Dott. Giuseppe

Cricenti.

Fatto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La ricorrente contesta una decisione della Commissione Tributaria Regionale della Toscana, che, in riforma, del primo grado ha ritenuto corretto il metodo usato dal Comune di Barga (LU), nella stima del valore imponibile di terreni edificabili di proprietà della ricorrente medesima, ai fini del calcolo dell’ICI per gli anni dal 2005 al 2008.

La contribuente ricorre con un solo motivo con cui denuncia violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 59, comma 1 e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, nonchè dell’art. 2697 c.c..

Sostiene in sostanza che, seppure il Comune possa fare riferimento al regolamento comunale, ai fini della stima, i criteri ivi stabiliti servono per una presunzione relativa, vincibile con prova contraria da parte del contribuente; che la prova contraria è stata fornita con perizia giurata circa il valore dei beni; che però il Comune non ha tenuto conto o ha male inteso il criterio probatorio non considerando che la perizia stessa serviva a vincere la presunzione c che, a fronte di tale stima, era onere del comune di provare ulteriormente il suo assunto.

Il Comune di Barga si è costituito eccependo l’inammissibilità del ricorso, oltre che la sua infondatezza.

Il ricorso è inammissibile.

La ricorrente intatti chiede una nuova e diversa valutazione delle prove, inammissibile in sede di legittimità.

Infatti, il giudice di secondo grado ha ritenuto la perizia di parte insufficiente a vincere la presunzione legale fornita dal regolamento comunale. Non ha quindi disatteso la regola sull’onere della prova facendolo gravare sulla parte sbagliata, piuttosto ha ritenuto la prova fornita dalla ricorrente (tra cui la perizia) insufficiente a vincere la presunzione a favore dell’ente impositore (“la perizia di parte prodotta dalla contribuente in primo grado non reca, infatti, a parere della Commissione, alcun serio argomento a favore della tesi della contribuente stessa”). Così che, nella misura in cui la ricorrente contesta questa valutazione, chiede al giudice di legittimità di fornire una diversa valutazione del rilievo probatorio della perizia.

Quanto dunque al rilievo dato alle prove le censure riguardano aspetti della valutazione probatoria che sono nella discrezionalità del giudice di merito.

Quanto alla violazione dell’art. 2697 c.c., in realtà la censura non coglie la ratio della sentenza che non afferma, in alcun, luogo la regola per la quale la presunzione fornita dal regolamento non è vincibile da prova contraria, nè, a tale fine disattende quella fornita dalla ricorrente, tanto è vero Che valuta la perizia e non la ritiene sufficiente. Nè può ravvisarsi violazione delle regole sul riparto dell’onere nella circostanza che la Commissione avrebbe dovuto imporre una “controperizia” al Comune a fronte della perizia fornita dal contribuente.

Il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna al pagamento delle spese di giudizio.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite nella misura complessiva di 1400,00 Euro.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2018

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