Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32721 del 12/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 12/12/2019, (ud. 19/09/2019, dep. 12/12/2019), n.32721

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1479-2018 proposto da:

R.C., R.P., R.S., R.G.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEL CASALE STROZZI 31, presso

lo studio dell’avvocato GIUSEPPE BUONANNO, rappresentati e difesi

dall’avvocato LUCIO CESARINI;

– ricorrenti –

contro

AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI FOGGIA, in persona del Presidente pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 28,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE CILIBERTI, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1621/2017 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 13/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARIO

CIGNA.

Fatto

RILEVATO

che:

R.G., R.C., R.P. e R.S., eredi di Ri.Ca. (rispettivamente madre e fratelli), adirono il Tribunale di Lucera per sentir dichiarare la Provincia di Foggia responsabile del sinistro stradale in cui Ri.Ca. aveva perso la vita, e, per l’effetto, condannarla al risarcimento dei danni subiti.

A sostegno della domanda esposero che il giorno 20-5-2005 Ri.Ca. percorreva, alla guida del motociclo Suzuki R600, la strada provinciale 21 Palmori-Lucera allorquando, giunto all’altezza della cantina sociale (OMISSIS), dopo avere effettuato una curva destrorsa, perdeva il controllo del veicolo, fuoriuscendo dalla sede stradale sul lato sx della carreggiata rispetto alla sua direzione di marcia, andando ad impattare con del materiale di risulta presente in una cunetta e poi, alcuni metri più avanti, su un cumulo di blocchi di tufo; sostennero che la responsabilità dell’evento fosse da imputare alla Provincia di Foggia, ente proprietario del tratto di strada in questione, per la presenza di un’insidia sul manto stradale e sulla banchina laterale, rappresentata dal cumulo di materiale e blocchi di tufo abbandonati sul ciglio della strada.

La Provincia eccepì preliminarmente il proprio difetto di legittimazione passiva, in quanto il sinistro si era verificato su un tratto di strada (via Orazio) rientrante nel perimetro urbano del Comune di Lucera; nel merito chiese il rigetto della domanda.

Con sentenza 242/2012 l’adito Tribunale rigettò la domanda, ritenendo il sinistro addebitabile esclusivamente alla condotta del conducente del motociclo, che aveva tenuto in curva una velocità inadeguata.

Con sentenza 1621/2017 la Corte d’Appello di Bari ha rigettato il gravame proposto da R.G., R.C., R.P. e R.S.; in particolare la Corte territoriale ha ritenuto fondata la sollevata (e riproposta ex art. 346 c.p.c., in appello) eccezione di difetto di legittimazione passiva della Provincia (meglio qualificata come eccezione di difetto di titolarità del diritto controverso); al riguardo ha evidenziato che, ai sensi del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 2, comma 7, “le strade urbane di cui al comma 2, lett. D, E ed F, sono sempre comunali quando siano situate all’interno dei centri abitati, eccettuati i tratti interni di strade statali, regionali o provinciali che attraversano centri abitati con popolazione non superiore a diecimila abitanti”; nella specie il tratto di strada in questione, pur essendo ancora formalmente “provinciale”, rientrava nella toponomastica del Comune di Lucera, era servito da illuminazione pubblica e dal servizio di raccolta di rifiuti, attraversava il Comune di Lucera (che annoverava più di 30.000 abitanti) e (come da pianta planimetrica agli atti ed informativa della Polizia Municipale di Lucera) era compresa nel centro abitato del Comune di Lucera.

Avverso detta sentenza R.G., R.C., Pasquale Ricci e Salvatore Ricci propongono ricorso per Cassazione affidato a due motivi.

Resiste con controricorso l’Amministrazione Provinciale di Foggia.

Il relatore ha proposto la trattazione della controversia ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.; detta proposta, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata, è stata ritualmente notificata alle parti.

Considerato che:

Con il primo motivo i ricorrenti, denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 3 C.d.S (D.Lgs. n. 285 del 1992), sostengono che la strada in questione, per essere a carreggiata unica a doppio senso di circolazione e larga complessivamente 6.00 metri, con ai lati cunette in terra su cigli erbosi (v. relazione CTU) aveva le caratteristiche proprie della strada di cui al D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 2, comma 3, lett. C), (e cioè “strada extraurbana secondaria: strada ad unica carreggiata con almeno una corsia per senso di marcia e banchine”), e non rientrava quindi tra le strade urbane di cui al D.Lgs. cit., comma 2, lett. D, E ed F.

Con il secondo motivo i ricorrenti, denunziando “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia”, sostengono non essere mai stata provata c/o documentata la circostanza (evidenziata dalla Corte territoriale) che il tratto di strada in questione fosse “servito da illuminazione pubblica e dal servizio di raccolta rifiuti”.

Il primo motivo è inammissibile in quanto tende a superare l’accertamento sulla proprietà della strada operato dalla Corte territoriale sulla base della situazione in fatto della strada e delle riscontrate caratteristiche della stessa; il motivo pretende, peraltro, desumere, con argomenti assolutamente assertori, la natura della strada in questio dalle foto e dalla CTU (non riportate nè richiamate in ricorso), e si risolve, pertanto, in una censura su detto accertamento in fatto, non censurabile come tale in sede di legittimità. Inoltre, evocando l’art. 2 del Cons., non considera che esso veniva in ipotesi in rilievo quanto alla lettera D del suo comma 6; sicchè occorreva argomentare quanto ad esso.

Il secondo motivo e inammissibile in quanto, lamentando “omessa, insufficiente e 49 contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia”, denunzia un vizio motivazionale in modo non conforme alla nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, che ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario (fatto da intendersi come un “preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico – naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni”), la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).

Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.

Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, poichè il ricorso è stato presentato successivamente al 30-1-2013 ed è stato rigettato, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell’art. 13 cit., comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 4.000,00″oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto il ricorso.

Così deciso in Roma, il 19 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2019

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