Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3272 del 12/02/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 3272 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

ha pronunciato la seguente

riparazione

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PAESE Massimo (PSA MSM 65D05 E365Y), rappresentato e difeso, per procura speciale a margine del ricorso,
dall’Avvocato Eugenio Scarpelli, elettivamente domiciliato
in Roma, via Giulio Rubini n. 48, Pal. D, presso lo studio
dell’Avvocato Raffaele Gullo;
– ricorrente –

contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro
tempore,

pro

rappresentato e difeso, per legge,

dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso gli Uffici
di questa domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
– resistente –

Data pubblicazione: 12/02/2014

avverso il decreto della Corte d’appello di Salerno depositato il 5 settembre 2012.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 9 gennaio 2014 dal Consigliere relatore Dott.

sentito l’Avvocato Mariella Di Martino con delega.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 14 novembre 2011 presso la
Corte d’appello di Salerno, Paese Massimo chiedeva la
condanna del Ministero della giustizia al pagamento
dell’equa riparazione, ai sensi della legge n. 89 del
2001, in relazione ai danni non patrimoniali subiti a causa della irragionevole durata di un giudizio civile iniziato con citazione del 3 luglio 2000, ancora non definita
alla data di presentazione della domanda.
La difesa erariale si costituiva rilevando che il ricorrente agiva in qualità di erede di Paese Federico, sicché la durata indennizzabile del giudizio presupposto avrebbe dovuto interrompersi alla data del decesso del

de

cuius.
L’adita Corte d’appello, accertata la tempestività
della domanda, rilevava che, dalla comparsa conclusionale
in data 27 luglio 2009 depositata nel giudizio presupposto, si desumeva che Paese Massimo era stato convenuto in
quel giudizio quale erede di Paese Federico, come del re-

Stefano Petitti;

sto eccepito dalla difesa erariale, mentre la domanda di
equa riparazione era stata proposta da Paese Massimo in
proprio, con la conseguenza che, non rivestendo egli nel
giudizio presupposto la qualità utilizzata per proporre la

ta.
Paese Massimo ha proposto ricorso per la cassazione di
questo decreto affidato a due motivi.
L’intimato Ministero non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della
partecipazione alla discussione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il Collegio rileva preliminarmente che non è di
ostacolo alla trattazione del ricorso la mancata presenza,
alla odierna pubblica udienza, del rappresentante della
Procura generale presso questa Corte.
Invero, l’art. 70, comma secondo, cod. proc. civ.,
quale risultante dalle modifiche introdotte dall’art. 75
del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con
modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 98, prevede
che il pubblico ministero «deve intervenire nelle cause
davanti alla Corte di cassazione nei casi stabiliti dalla
legge». A sua volta l’art. 76 del r.d. 10 gennaio 1941, n.
12, come sostituito dall’art. 81 del citato decreto-legge
n 69, al primo comma dispone che «Il pubblico ministero

domanda di equa riparazione, questa doveva essere respin-

presso la Corte di cassazione interviene e conclude: a) in
tutte le udienze penali; b) in tutte le udienze dinanzi
alle Sezioni unite civili e nelle udienze pubbliche dinanzi alle sezioni semplici della Corte di cassazione, ad ec-

cui all’articolo 376, primo comma, primo periodo, del codice di procedura civile». L’art. 376, primo comma, cod.
proc. civ. stabilisce che «Il primo presidente, tranne
quando ricorrono le condizioni previste dall’articolo 374,
assegna i ricorsi ad apposita sezione che verifica se sussistono i presupposti per la pronunzia in camera di consiglio».
Infine, l’art. 75 del già citato decreto-legge n. 69
del 2013, quale risultante dalla legge di conversione n.
98 del 2013, dopo aver disposto, al primo comma, la sostituzione dell’art. 70, secondo comma, del codice di rito, e
la modificazione degli artt. 380-bis, secondo comma, e
390, primo comma, del medesimo codice, per adeguare la disciplina del rito camerale alla disposta esclusione della
partecipazione del pubblico ministero alle udienze che si
tengono dinnanzi alla sezione di cui all’art. 376, primo
comma, al secondo comma ha stabilito che «Le disposizioni
di cui al presente articolo si applicano ai giudizi dinanzi alla Corte di cassazione nei quali il decreto di fissazione dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio

cezione di quelle che si svolgono dinanzi alla sezione di

sia adottato a partire dal giorno successivo alla data di
entrata in vigore della legge di conversione del presente
decreto», e cioè a far data dal 22 agosto 2013.
Orbene, il Collegio rileva che l’esplicito riferimento

r.d. n. 12 del 1941 (come modificato dall’art. 81 del decreto-legge n. 69 del 2013), sia nell’art. 75, comma 2,
citato, alle udienze che si tengano presso la Sesta sezione (e cioè quella di cui all’art. 376, primo comma, cod.
proc. civ.), consenta di ritenere non solo che la detta
sezione è abilitata a tenere oltre alle adunanze camerali
anche udienze pubbliche, ma anche che alle udienze che si
tengono presso la stessa sezione non è più obbligatoria la
partecipazione del pubblico ministero. Rimane impregiudicata, ovviamente, la facoltà dell’ufficio del pubblico ministero di intervenire ai sensi dell’art. 70, terzo comma,
cod. proc. civ., e cioè ove ravvisi un pubblico interesse.
Nel caso di specie, il decreto di fissazione
dell’udienza odierna è stato emesso in data 25 settembre
2013, sicché deve concludersi che l’udienza pubblica ben
può essere tenuta senza la partecipazione del rappresentante della Procura generale presso questa Corte, non avendo il detto ufficio, al quale pure copia integrale del
ruolo di udienza è stata trasmessa, ravvisato un interesse

contenuto sia nell’art. 76, comma primo, lett. b), del

pubblico che giustificasse la propria partecipazione ai
sensi dell’art. 70, terzo comma, cod. proc. civ.
2. Nel merito, con il primo motivo di ricorso il ricorrente, dopo aver ricordato che per il medesimo giudizio

l’indennizzo, denuncia violazione dell’art. 2 della legge
n. 89 del 2001 nonché dell’art. 6, par. l, della CEDU, dolendosi che la Corte d’appello abbia erroneamente interpretato la domanda, atteso che esso ricorrente era stato
convenuto in giudizio iure proprio e non in qualità di erede di Paese Federico, così come il ricorso ex lege n. 89
del 2001 era stato da lui proposto iure proprio.
Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, ricordando che la medesima Corte d’appello aveva
accolto identica domanda proposta dal fratello in relazione al medesimo giudizio presupposto.
3. I due motivi di ricorso, all’esame dei quali può
procedersi congiuntamente per ragioni di connessione, sono
fondati.
Invero la circostanza che Paese Massimo sia stato convenuto nel giudizio presupposto nella qualità di erede del
padre Federico non esclude che a quel giudizio il primo
abbia partecipato costituendosi, divenendone quindi parte
e maturando in tal modo il diritto ad agire

iure proprio

presupposto suo fratello Giuseppe aveva ottenuto

al fine di ottenere l’equa riparazione della irragionevole
durata del giudizio presupposto, con riferimento al periodo successivo alla sua costituzione in giudizio.
Del resto, dalla stessa eccezione formulata dalla di-

provvedimento impugnato, emerge che Paese Massimo si era
costituito nel giudizio presupposto, tanto che
l’amministrazione sosteneva che l’indennizzo avrebbe dovuto essere limitato al periodo successivo al decesso del de
cuius.
Il ricorso va quindi accolto e il decreto impugnato
cassato con rinvio alla Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione, la quale procederà a nuovo esame della
domanda, nonché alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso;
gnato e rinvia,

cassa il decreto impu-

anche per le spese del giudizio di legit-

timità, alla Corte d’appello di Salerno in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
VI-2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il
9 gennaio 2014.

fesa erariale in sede di merito, per come riferita nel

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