Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32719 del 12/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 12/12/2019, (ud. 19/09/2019, dep. 12/12/2019), n.32719

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26645-2017 proposto da:

M.S., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

P.D.P.;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CASTROVILLARI;

– intimato –

avverso il provvedimento n. 373/2017 del TRIBUNALE di CASTROVILLARI,

depositata il 13/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARIO

CAGNA.

Fatto

RILEVATO

che:

M.S. propone ricorso per Cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Castrovillari, in riforma della sentenza del Giudice di Pace di Castrovillari ed in accoglimento del gravame proposto dal locale Comune, aveva rigettato la domanda di risarcimento danni avanzata dalla M. in seguito a caduta dalla stessa riportata in data 11-12-2008 per essere inciampata in un tombino aperto e ricolmo d’acqua piovana, non segnalato e non visibile; in particolare il Tribunale ha evidenziato che, a prescindere dall’inquadramento del fatto nell’ambito dell’art. 2043 o dell’art. 2051 c.c., vi era carenza di prova in merito all’evento lesivo; nello specifico, infatti, i testi escussi avevano dichiarato di avere appreso della caduta dalla stessa M. e non sussisteva alcun altro elemento istruttorio idoneo a suffragare le testimonianze acquisite “de relato actoris”; a tal fine non poteva essere utilizzato nè il rapporto redatto dai c.c., atteso che il tombino oggetto del detto rapporto non era corrispondente a quello oggetto dell’atto introduttivo in primo grado, nè la documentazione medica, non essendo stato dimostrato che le riscontrate lesioni fossero riconducibili al dedotto evento lesivo.

Il relatore ha proposto la trattazione della controversia ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.; detta proposta, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata, è stata ritualmente notificata alle parti.

Il Comune di Castrovillari non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo la ricorrente, denunziando -ex art. 360 c.p.c., n. 3- violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c., si duole che il Tribunale abbia considerato la natura giuridica della prova in materia di responsabilità del custode alla stregua di una qualsiasi prova testimoniale in materia civilistica, non attribuendo alcun valore probatorio alla produzione del rapporto dei c.c. e non tenendo conto che il Comune non ave dimostrato ai sensi dell’art. 2051 c.c., che il danno cagionato si era verificato per caso fortuito.

Con il secondo motivo la ricorrente, denunziando -ex art. 360 c.p.c., n. 3- violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., si duole che il Tribunale abbia del tutto omesso di considerare il rapporto e la relazione di servizio redatta dai c.c. quale giusta prova processuale atta a confermare la veridicità dell’accaduto.

I motivi, da valutare congiuntamente in quanto connessi, sono inammissibili.

In primo luogo, agdove sostengono che non sarebbe stato attribuito alcun valore probatorio al rapporto dei c.c., sono inammissibili in quanto non correlati alla motivazione dell’impugnata sentenza, che ha invece esaminato il detto rapporto, ritenendo tuttavia che lo stesso, per il suo contenuto (e, in particolare per il riferimento a tombino diverso da quello indicato in citazione), non potesse essere utilizzato come elemento a sostegno della credibilità delle dichiarazioni “de relato actoris” rese dai testi escussi in primo grado.(v. Cass. 21490/2015, secondo cui “la proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al “decisum” della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366 c.p.c., n. 4, con conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio; v. anche Cass. 359/2005; di recente, anche Cass. 7074/2017 e Cass. 16598/2016).

In secondo luogo, sono inammissibili in quanto si risolvono, pur se formulati sub specie di pretesa violazione di legge, in una critica, inammissibile in sede di legittimità, alla valutazione operata dal Giudice del merito in ordine alla carenza probatoria concernente la stessa verificazione del fatto lesivo, e cioè la caduta della M. nel tombino, e quindi il nesso eziologico tra il danno e la res; in mancanza di siffatta prova, il cui onere è in capo all’attore, non sussiste alcun onere del convenuto di dimostrare il caso fortuito.

In particolare, in ogni modo, va rilevato che nessuna differenza nella valutazione della prova testimoniale è legislativamente prevista in ipotesi di responsabilità del custode, e che (come detto) il rapporto dei c.c. è stato esaminato dal giudice del merito; nè sussiste la violazione dell’art. 115 c.p.c., che, come precisato da Cass. 11892/2016, può ess dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiara espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche quando (come nella specie) il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha apprezzato le stesse in modo non conforme con quello auspicato dalla parte.

Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.

Nulla per le spese, non avendo il Comune svolto attività difensiva in questa sede.

Salvo revoca dell’ammissione al gratuito patrocinio, non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ammesso al patrocinio a spese dello Stato relativamente al presente giudizio di legittimità, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell’art. 13 cit., comma 1 bis; tale ulteriore importo non è dovuto, ai sensi del combinato disposto di cui al D.P.R. n. 115 del 2002 cit., artt. 11 e 131, che ne prevedono la prenotazione a debito, da cui consegue la non debenza del pagamento anche dell’ulteriore importo ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002 cit., art. 13, comma 1-quater; (conf. Cass. 7368/2017, secondo cui “in materia di ricorso per cassazione, il ricorrente ammesso al patrocinio a spese dello Stato non è tenuto, ove sia rigettata l’impugnazione, al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, stante la prenotazione a debito in ragione dell’ammissione al predetto beneficio”; conf. Cass.. 9538/2017; 18523/2014).

La liquidazione del compenso al difensore della parte ammessa a patrocinio a spese dello Stato, ove ne restino confermate le relative condizioni giustificative, è riservata, D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 83, al giudice di merito che ha emesso la pronuncia passata in giudicato per effetto della presente ordinanza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 19 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2019

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