Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32705 del 12/12/2019

Cassazione civile sez. lav., 12/12/2019, (ud. 29/10/2019, dep. 12/12/2019), n.32705

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24591-2014 proposto da:

C.G.R., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE

MEDAGLIE D’ORO n. 72, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO CIUFO,

rappresentata e difesa dall’avvocato ROBERTO SPARTI;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI GELA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 142/2014 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 02/04/2014 R.G.N. 133/2011.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. la Corte d’Appello di Caltanissetta ha confermato con diversa motivazione la sentenza del Tribunale di Gela che aveva respinto la domanda proposta da C.G.R., dipendente del Comune di Gela assegnata alla Ripartizione Lavori Pubblici, volta ad ottenere la condanna dell’ente al pagamento dell’incentivo previsto dalla L. n. 109 del 1994, art. 18, per l’attività professionale prestata nei lavori di realizzazione del Parcheggio Arena;

2. la Corte territoriale ha ritenuto non fondata l’eccezione di prescrizione quinquennale, accolta dal Tribunale, perchè il primo giudice non aveva tenuto conto dell’efficacia interruttiva del tentativo di conciliazione, e ha escluso che la C. non avesse provato l’espletamento dell’incarico conferitole, essendo mancata ogni contestazione sul punto da parte del Comune;

3. quanto al merito il giudice d’appello ha premesso che con la L.R. n. 23 del 1998, era stato recepito la L. n. 109 del 1994, art. 18, comma 1, attraverso il richiamo alla L. n. 127 del 1997, art. 6, che, al comma 13, modificava, sia pure parzialmente, la disciplina degli incentivi di progettazione;

4. ha, però, escluso che la domanda potesse trovare accoglimento, perchè l’appellante non aveva provato i presupposti costitutivi del diritto, ossia la costituzione di un apposito fondo interno e l’adozione di un regolamento volto a disciplinare modalità e criteri per l’attribuzione dell’incentivo;

5. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso C.G.R. sulla base di tre motivi, illustrati da memoria, ai quali non ha opposto difese il Comune di Gela, rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. con il primo motivo la ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, “nullità della sentenza per violazione dell’art. 101 c.p.c. e art. 24 Cost.” e addebita, in sintesi, alla Corte territoriale di avere respinto l’appello rilevando d’ufficio la questione, non prospettata dalle parti, dell’adozione del regolamento e della costituzione del fondo, questione sulla quale doveva prima provocare il contraddittorio nel rispetto di quanto previsto dall’art. 101 c.p.c., comma 2, c.p.c., nel testo modificato dalla L. n. 69 del 2009;

1.1. evidenzia la ricorrente che, ove fosse stato assegnato il termine previsto dal legislatore, ella avrebbe rilevato che la L. n. 109 del 1994, art. 18, nel testo risultante a seguito delle modifiche operate dalla L. n. 144 del 1999, art. 13, applicabile alla fattispecie ratione temporis, non richiede la costituzione di un apposito fondo, perchè le somme destinate all’incentivo gravano direttamente sugli stanziamenti previsti per la realizzazione delle opere pubbliche;

1.2. aggiunge che la necessaria sollecitazione del contraddittorio avrebbe consentito di provare che un primo regolamento per la ripartizione dell’incentivo era già stato adottato con la determinazione dirigenziale n. 30/2000, alla quale aveva poi fatto seguito la delibera n. 238/2002 di “adozione di nuovo regolamento in conformità alla L.R. n. 7 del 2002” che, nel recepire il verbale di contrattazione decentrata, aveva anche dettato una disciplina transitoria da valere per i lavori già in corso;

1.3. precisa, inoltre, che il regolamento de quo integra la disciplina della L. n. 109 del 1994, art. 18, ed ha la medesima natura dei regolamenti edilizi, sicchè in relazione allo stesso opera il principio iura novit curia;

2. la seconda censura, formulata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, addebita alla sentenza impugnata la violazione della L. n. 109 del 1994, art. 18, e, riprendendo argomenti già sviluppati nel primo motivo, ribadisce che la necessità della costituzione di un apposito fondo è venuta meno a seguito delle modifiche apportate dalla L. n. 144 del 1999;

3. con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione della L. n. 109 del 1994, art. 18, degli artt. 115,116 e 416 c.p.c. e dell’art. 2729 c.c., e rileva che l’adozione del regolamento, risultante dagli atti, non era stata oggetto di contestazione da parte del Comune di Gela, ed inoltre si poteva desumere indirettamente dal testo delle deliberazioni depositate per dimostrare che l’incentivo era stato liquidato e pagato ad altri tecnici interni;

4. il primo motivo di ricorso è fondato, perchè dalla stessa motivazione della sentenza impugnata, nella quale sono riassunte le posizioni rispettivamente prese dalle parti e le ragioni per le quali la domanda era stata rigettata dal Tribunale di Gela, emerge la denunciata violazione dell’art. 101 c.p.c., comma 2;

4.1. la norma citata, nel testo risultante all’esito delle modifiche apportate dalla L. n. 69 del 2009 applicabili alla fattispecie ratione temporis (l’atto introduttivo del giudizio di primo grado è stato depositato il 17 luglio 2010), impone al giudice, che ritenga di porre a fondamento della decisione una questione rilevata d’ufficio, di riservare la decisione “assegnando alle parti a pena di nullità un termine, non inferiore a venti e non superiore a quaranta giorni dalla comunicazione, per il deposito in cancelleria di memorie contenenti osservazioni sulla medesima questione”;

4.2. la disposizione, che rafforza ulteriormente il principio del contraddittorio, anche in attuazione del modificato art. 111 Cost., comma 2 è finalizzata ad impedire che la scelta da parte del giudice della cosiddetta “terza via” mortifichi il diritto di difesa, diritto che già in precedenza le Sezioni Unite di questa Corte avevano ritenuto di dover tutelare, sia pure operando una distinzione fra rilievo d’ufficio di questioni di puro diritto, che non comporta nullità della sentenza perchè la difesa è assicurata dalla possibilità di far valere in sede di legittimità l’error in iudicando, e rilievo di questioni di fatto o questioni miste di fatto e di diritto, rispetto alle quali la violazione del dovere di indicazione vulnera la facoltà di chiedere prove o di sollecitare una rimessione in termini (Cass. S.U. n. 20935/2009);

4.3. la successiva giurisprudenza della Corte (cfr. Cass. n. 22778/2019 e le sentenze ivi richiamate) ha, quindi, precisato che la nullità della sentenza per violazione del diritto di difesa postula che la parte che “se ne dolga prospetti in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere qualora il contraddittorio sulla questione oggetto di rilievo officioso fosse stato tempestivamente attivato, in quanto, alla stregua del canone costituzionale di ragionevole durata del processo, detta indicazione non costituisce un adempimento fine a se stesso, la cui omissione è censurabile in sede d’impugnazione a prescindere dalle sue conseguenze pratiche, ma assume rilievo solo in quanto finalizzata all’esercizio effettivo dei poteri di difesa ” (Cass. n. 25054/2013);

4.4. non vi è dubbio che nella fattispecie si sia verificata la violazione dell’art. 101 c.p.c., comma 2, perchè la Corte territoriale ha rilevato d’ufficio una questione implicante anche accertamenti di fatto, ossia l’adozione del regolamento e la costituzione del fondo, sicchè il motivo, con il quale la ricorrente ha precisato le ragioni, di fatto e di diritto, che avrebbe potuto far valere in caso di corretta sollecitazione del contraddittorio, deve essere accolto, con conseguente assorbimento delle ulteriori censure;

5. la sentenza impugnata va, pertanto, cassata con rinvio alla Corte territoriale indicata in dispositivo che procederà ad un nuovo esame, provvedendo anche sulle spese del giudizio di legittimità;

6. non sussistono le condizioni processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata e rinvia per un nuovo esame alla Corte d’Appello di Caltanissetta in diversa composizione alla quale demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 29 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2019

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