Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3270 del 12/02/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 3270 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CALOGIURI Graziano Cosimo (CLG GZN 76A03 D862H), rappresentato e difeso, per procura speciale a margine del ricorso, dagli Avvocati Francesco Warchello e Assunta Rita
Serafini, domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la
Cancelleria civile della Corte suprema di cassazione;
– ricorrente –

contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro
tempore,

pro

rappresentato e difeso, per legge,

dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso gli Uffici
di questa domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
– resistente –

Data pubblicazione: 12/02/2014

avverso il decreto della Corte d’appello di Potenza n.
324/2012, depositato in data 6 luglio 2012.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 9 gennaio 2014 dal Consigliere relatore Dott.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 16 giugno 2011 presso la
Corte d’appello di Potenza, Calogiuri Graziano Cosimo
chiedeva la condanna del Ministero della giustizia al pagamento dell’equa riparazione, ai sensi della legge n. 89
del 2001, in relazione ai danni non patrimoniali subiti a
causa della irragionevole durata di un giudizio civile iniziato dinnanzi al Tribunale di Lecce, sezione distaccata
di Galatina, con citazione notificata il 28 luglio 2000,
deciso in primo grado con sentenza depositata il 18 novembre 2011, e pendente in appello alla data di proposizione
della domanda.
L’adita Corte d’appello riteneva che il giudizio presupposto fosse particolarmente complesso, poiché in esso
erano riuniti cinque giudizi nei quali erano stata fatte
diverse chiamate in causa ed era stata svolta
un’istruttoria complessa, e che quindi la sua durata ragionevole non potesse essere stimata in cinque anni per i
due gradi, ma dovesse essere determinata in otto anni e
sei mesi.

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Stefano Petitti.

Ad avviso della Corte d’appello, quindi, detratti alcuni segmenti temporali dovuti a richieste delle parti,
residuava un periodo di irragionevole durata di due anni,
per i quali veniva liquidato un indennizzo di 2.000,00 eu-

al soddisfo, con compensazione per due terzi delle spese.
Calogiuri Graziano Cosimo ha proposto ricorso per la
cassazione di questo decreto affidato a un unico motivo.
L’intimato Ministero non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della
partecipazione all’udienza di discussione.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1.

Il Collegio rileva preliminarmente che non è di

ostacolo alla trattazione del ricorso la mancata presenza,
alla odierna pubblica udienza, del rappresentante della
Procura generale presso questa Corte.
Invero, l’art. 70, comma secondo, cod. proc. civ.,
quale risultante dalle modifiche introdotte dall’art. 75
del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con
modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 98, prevede
che il pubblico ministero «deve intervenire nelle cause
davanti alla Corte di cassazione nei casi stabiliti dalla
legge». A sua volta l’art. 76 del r.d. 10 gennaio 1941, n.
12, come sostituito dall’art. 81 del citato decreto-legge
n 69, al primo comma dispone che «Il pubblico ministero

ro, oltre agli interessi legali dalla data della domanda

presso la Corte di cassazione interviene e conclude: a) in
tutte le udienze penali; b) in tutte le udienze dinanzi
alle Sezioni unite civili e nelle udienze pubbliche dinanzi alle sezioni semplici della Corte di cassazione, ad ec-

cui all’articolo 376, primo comma, primo periodo, del codice di procedura civile». L’art. 376, primo comma, cod.
proc. civ. stabilisce che «Il primo presidente, tranne
quando ricorrono le condizioni previste dall’articolo 374,
assegna i ricorsi ad apposita sezione che verifica se sussistono i presupposti per la pronunzia in camera di consiglio».
Infine, l’art. 75 del già citato decreto-legge n. 69
del 2013, quale risultante dalla legge di conversione n.
98 del 2013, dopo aver disposto, al primo comma, la sostituzione dell’art. 70, secondo comma, del codice di rito, e
la modificazione degli artt. 380-bis, secondo comma, e
390, primo comma, del medesimo codice, per adeguare la disciplina del rito camerale alla disposta esclusione della
partecipazione del pubblico ministero alle udienze che si
tengono dinnanzi alla sezione di cui all’art. 376, primo
comma, al secondo comma ha stabilito che «Le disposizioni
di cui al presente articolo si applicano ai giudizi dinanzi alla Corte di cassazione nei quali il decreto di fissazione dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio

cezione di quelle che si svolgono dinanzi alla sezione di

sia adottato a partire dal giorno successivo alla data di
entrata in vigore della legge di conversione del presente
decreto», e cioè a far data dal 22 agosto 2013.
Orbene, il Collegio rileva che l’esplicito riferimento

r.d. n. 12 del 1941 (come modificato dall’art. 81 del decreto-legge n. 69 del 2013), sia nell’art. 75, comma 2,
citato, alle udienze che si tengano presso la Sesta sezione (e cioè quella di cui all’art. 376, primo comma, cod.
proc. civ.), consenta di ritenere non solo che la detta
sezione è abilitata a tenere oltre alle adunanze camerali
anche udienze pubbliche, ma anche che alle udienze che si
tengono presso la stessa sezione non è più obbligatoria la
partecipazione del pubblico ministero. Rimane impregiudicata, ovviamente, la facoltà dell’ufficio del pubblico ministero di intervenire ai sensi dell’art. 70, terzo comma,
cod. proc. civ., e cioè ove ravvisi un pubblico interesse.
Nel caso di specie, il decreto di fissazione
dell’udienza odierna è stato emesso in data 25 settembre
2013, sicché deve concludersi che l’udienza pubblica ben
può essere tenuta senza la partecipazione del rappresentante della Procura generale presso questa Corte, non avendo il detto ufficio, al quale pure copia integrale del
ruolo di udienza è stata trasmessa, ravvisato un interesse

contenuto sia nell’art. 76, comma primo, lett. b), del

pubblico che giustificasse la propria partecipazione ai
sensi dell’art. 70, terzo comma, cod. proc. civ.
2. Nel merito, con l’unico motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione degli artt. 2 e 4 della legge

errato nel considerare il giudizio per il quale era stata
proposta domanda di equa riparazione come svoltosi in due
gradi, atteso che, a fronte di una durata complessiva di
dieci anni e sei mesi, il giudizio di primo grado si era
protratto per circa dieci anni, sicché il riferimento alla
pendenza dell’appello era unicamente finalizzato a dimostrare la tempestività della domanda e non anche ad estendere l’ambito della domanda di riparazione. La Corte
d’appello avrebbe pertanto errato a considerare nella ragionevole durata del giudizio presupposto anche i sei mesi
di pendenza dell’appello, poiché per il secondo grado egli
non aveva avanzato domanda alcuna.
Inoltre, posto che il giudizio di primo grado era durato dieci anni e quello di appello era pendente da sei
mesi, doveva ritenersi che la Corte territoriale avesse
imputato la durata ritenuta ragionevole quasi esclusivamente al giudizio di primo grado, giungendo alla erronea
conclusione di ritenere ragionevole per un grado di un
giudizio, sostanzialmente di non particolare complessità,
un periodo di otto anni.

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n. 89 del 2001, rilevando che la Corte d’appello avrebbe

3. Il ricorso è fondato.
Infatti, dalla ricostruzione del giudizio presupposto
contenuta nello stesso decreto impugnato, emerge che della
durata complessiva del giudizio presupposto alla data di

di gran lunga maggiore era dovuta al giudizio di primo
grado, in cui la sentenza era intervenuta a dieci anni
dalla citazione, mentre il giudizio di appello era pendente solo da sei mesi.
In questo contesto appare censurabile il computo effettuato dalla Corte d’appello, la quale ha valutato la
durata ragionevole come se il giudizio presupposto si fosse svolto in due gradi, dei quali tenere conto ai fini
della valutazione della durata ragionevole del giudizio
stesso.
Le censure del ricorrente colgono nel segno anche con
riguardo alla durata ritenuta ragionevole di otto anni e
sei mesi, dei quali, all’evidenza, otto anni sono riferibili esclusivamente al giudizio di primo grado, giacché si
tratta di una durata di gran lunga eccedente quella normalmente considerata ragionevole per un giudizio ordinario
di cognizione senza che gli elementi addotti a giustificazione della detta valutazione nel decreto impugnato – tutti riferiti al giudizio di primo grado – assumano un grado

proposizione della domanda di equa riparazione, la parte

di eccezionalità tale da far considerare ragionevole la
indicata durata.
Il decreto impugnato deve essere quindi cassato, con
rinvio alla Corte d’appello di Potenza, perché, in diversa

dando i rilevati vizi motivazionali.
Al giudice di rinvio è demandata altresì la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso,
gnato e rinvia,

cassa il decreto impu-

anche per le spese del giudizio di legit-

timità, alla Corte d’appello di Potenza in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
VI-2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il
9 gennaio 2014.

composizione, proceda a nuovo esame della domanda, emen-

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