Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3270 del 09/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 3270 Anno 2018
Presidente: SCALDAFERRI ANDREA
Relatore: FALABELLA MASSIMO

ORDINANZA
sul ricorso 2716-2017 proposto da:
CORDONI SILVIA, TERRAMANI DINO, elettivamente domiciliati in
ROMA, C.SO TRIESTE 109, presso lo studio dell’avvocato DONATO
NIONDELLI, rappresentati e difesi dall’avvocato DANT I U,A
N1INCIONE;

– ricorrenti contro
INTESA SAN PAOLO SPA, in persona del Procuratore, elettivamente
domiciliata in ROMA, L.G0 DI TORRE ARGENTINA 11, presso lo
studio dell’avvocato DARIO MARTELLA, rappresentata e difesa

dall’avvocato PIETRO REFERZ A;
1

Data pubblicazione: 09/02/2018

-A- C L

- controricorren teavverso la sentenza n. 1235/2016 della CORTE D’APPELLO di
L’AQUILA, depositata il 15/11/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

FALABELLA;
dato atto che il Collegio ha autorizzato la redazione del provvedimento
in forma semplificata, giusta decreto 14 settembre 2016, n.136/2016 del
Primo Presidente.

FATTI DI CAUSA
1. — E’ impugnata per cassazione la sentenza della Corte di
appello di L’Aquila del 15 novembre 2016: sentenza con cui è stato
respinto il gravame proposto da Terramani Dino e Cordoni Silvia
avverso una pronuncia del Tribunale di Teramo. Quest’ultimo, a sua
volta, aveva rigettato la domanda avente ad oggetto il risarcimento dei
danni asseritamente sofferti dagli appellanti — fideiussori della fallita
Diesse s.r.l. — per effetto della segnalazione presso la Centrale rischi
della Banca d’Italia dei loro nominativi. La segnalazione era stata
effettuata in relazione allo scoperto di un conto corrente bancario
acceso dalla società fallita: il Tribunale teramano aveva riconosciuto
inesistente detto scoperto e condannato il Banco di Napoli (oggi Intesa
Sanpaolo) alla restituzione del saldo attivo del conto, che era stato
accertato essere pari a C 50.229,87.
La Corte di merito ha confermato la sentenza di prime cure
escludendo il nesso causale tra la segnalazione a sofferenza e i danni
patrimoniali e non patrimoniali di cui gli attori avevano domandato il
risarcimento. In particolare, il giudice distrettuale ha riconosciuto la
2

partecipata del 28/11/2017 dal Consigliere Relatore Dott. MASSIMO

fondatezza dell’affermazione, contenuta nella sentenza di primo grado,
secondo cui i danni asseritamente sofferti dovevano essere correlati alla
grave crisi economico finanziaria della società fallita, gestita dagli
appellanti, e alle plurime è ben più rilevanti segnalazioni a sofferenza

2. — Il ricorso si basa su di un unico motivo. Intesa Sanpaolo
resiste con controricorso. Entrambe le parti hanno fatto pervenire le
memorie di cui all’art. 378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE
1,

1 rimrenti denunciano l’omessa valutazione di fatti e di

circostanze poste alla base della decisione assunta, nonché l’omessa
valutazione degli elementi probatori offerti dalla parte ricorrente nella
memoria ex art. 183, comma 6, n. 2 c.p.c. e omessa motivazione delle
ragioni sottese a detta omissione. Contestano, in sintesi, la fondatezza
dell’assunto dei giudici di merito, per i quali la segnalazione di cui qui si
dibatte non avrebbe prodotto danni. Rilevano, in particolare, che le
segnalazioni poste in atto dagli altri istituti di credito, di cui è menzione
della sentenza impugnata, si erano rivelate illegittime e che risultava non
rispondente al vero l’affermazione per cui la società Diesse fosse,
all’epoca della segnalazione, in situazione di forte crisi: tale affermazione
— aggiungono — era stata la conseguenza di comportamenti illegittimi
dei diversi istituti di credito che avevano revocato gli affidamenti,
applicato interessi non dovuti e operato segnalazioni a sofferenza per
esposizioni inesistenti.
2. — Il motivo è inammissibile.
Il dato della illegittimità delle diverse segnalazioni (di cui sopra) è
stato preso in esame dalla Corte di appello, la quale ha evidenziato come
esso non assumesse rilevanza nell’economia dell’accertamento del nesso
eziologico. Non può quindi di certo parlarsi, con riferimento
3

poste in atto da altri istituti di credito.

all’illegittimità di tali segnalazioni, di «omesso esame di un fatto decisivo
per il giudizio».
Analoghe considerazioni impone la circostanza relativa allo stato
di crisi della fallita Diesse. La lettura della sentenza chiarisce, infatti, che

basta ad escludere che, sotto questo particolare aspetto, l’accertamento
giudiziale sia viziato dall’omesso esame di cui all’art. 360, n. 5 c.p.c..
Né i ricorrenti possono in questa sede efficacemente opporre che
la situazione di difficoltà dell’azienda sia stata la conseguenza di altri
comportamenti illegittimi dei vari istituti di credito: detta evenienza non
sconfessa il dato — decisivo — della difficoltà economica in cui si
trovava, all’epoca della segnalazione per cui è causa, la società Diesse.
Gli istanti, d’altro canto, nemmeno deducono che l’insorgenza del
detto stato di crisi non si sarebbe prodotta senza la segnalazione di cui
si controverte nella presente sede. E peraltro, un tale profilo, come altri
che involgano l’apprezzamento delle risultanze di causa, sfuggirebbe al
sindacato di legittimità: infatti, l’ipotetico cattivo esercizio del potere di
apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito è
estraneo alla previsione del cit. art. 360, n. 5 (Cass. 10 giugno 2016, n.
11892).
Avendo particolarmente riguardo al tema del nesso causale,
occorre ricordare — inoltre — che l’individuazione delle conseguenze
che sono derivate dall’illecito, alla luce della regola giuridica da
applicarsi, costituisce una valutazione di fatto, come tale sottratta al
sindacato di legittimità (Cass. 25 febbraio 2014, n. 4439; Cass. 7
dicembre 2005, n. 26997).
3. — Alla pronuncia di inammissibilità segue, secondo
soccombenza, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese
processuali.
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la Corte di merito ha considerato la situazione della detta società e tanto

P.Q.M.
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al
pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del

spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in C
100,00, ed agli accessori di legge; ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del
d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della 1. n. 228 del
2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da
parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 Sezione

giudizio di legittimità, liquidate in C 4.000,00 per compensi, oltre alle

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