Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32696 del 12/12/2019

Cassazione civile sez. lav., 12/12/2019, (ud. 05/06/2019, dep. 12/12/2019), n.32696

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NEGRI DELLE TORRE Paolo – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18791-2015 proposto da:

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI S. COSTANZA

46, presso lo studio dell’avvocato GIULIO MANCINI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

DITTA INDIVIDUALE IMPRESA EDILE DI A.M. in persona del

titolare M.A., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

ORAZIO MARUCCHI 5, presso lo studio dell’avvocato CIRO FIORE, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9809/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 11/02/2015 R.G.N. 2561/2012.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. il Tribunale di Tivoli, dichiarato, inammissibile, con sentenza non definitiva, la domanda di annullamento del licenziamento intimato ad C.A., con sentenza definitiva accoglieva nel resto, per quanto di ragione, la domanda proposta dal predetto, con condanna dell’Impresa Edile di M.A. al pagamento di Euro 31.561,70 a titolo di differenze retributive, oltre che di Euro 4.092,48 a titolo di TFR, ritenuta la mancata dimostrazione del dedotto espletamento di mansioni superiori di operaio specializzato e lo svolgimento di mere mansioni di manovalanza;

2. la Corte d’appello capitolina riteneva fondata la censura di ultrapetizione formulata dall’impresa in persona del suo titolare, avuto riguardo alle conclusioni contenute nel ricorso di primo grado ed al tenore letterale delle stesse, nonchè della narrativa del ricorso introduttivo, riferite inequivocabilmente alla richiesta di differenze retributive collegate al dedotto espletamento di mansioni superiori ed alla domanda di riconoscimento del superiore inquadramento;

3. riteneva, poi, che l’esame della detta censura assorbisse quello relativo all’accertamento della effettiva durata del rapporto che aveva avuto una serie di interruzioni (relativamente ai periodi dal 4.10.2001 al 4.4.2002 e dal 16.1.2004 al 15.7.2005 per i quali era stata percepita l’indennità di disoccupazione) e che fosse fondata anche la questione inerente al versamento delle somme a titolo di contribuzione per la Cassa Edile, per essere stati gli importi dovuti a titolo di accantonamento per la Cassa versati direttamente al lavoratore, come accertato nella perizia contabile, con effetto liberatorio in capo al datore di lavoro: il pagamento aveva integrato, invero, una (implicita) revoca delle delega di pagamento conferita con l’iscrizione alla Cassa, con cessazione della legittimazione della stessa ad esigere dal datore il pagamento delle somme per accantonamenti ed opponibilità della estinzione ai sensi dell’art. 1271 c.c., comma 3;

4. di tale decisione domanda la cassazione il C., affidando l’impugnazione a due motivi, illustrati con memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1 cui resiste, con controricorso, l’impresa edile di M.A..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. con il primo motivo, si denunzia omessa pronuncia sulla eccezione – proposta dall’appellato con la memoria di costituzione di secondo grado – di giudicato interno formatosi sulla sentenza parziale emessa dal giudice di primo grado il 25.3.2011, con conseguente violazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 277 c.p.c., comma 1;

2. il secondo motivo ascrive alla decisione impugnata violazione del disposto dell’art. 324 c.p.c., in relazione alle previsioni dell’art. 340 e dell’art. 325 c.p.c., per violazione del giudicato formatosi sulla sentenza parziale circa il diritto del ricorrente a percepire le differenze retributive al predetto spettanti sulla base dell’inquadramento al secondo livello del CCNL di categoria;

2.1. si assume che la Corte d’appello abbia del tutto ignorato quanto dedotto dal lavoratore in ordine alla mancata impugnazione, da parte del M., della sentenza parziale, con conseguente formazione del giudicato interno sulla spettanza delle differenze retributive reclamate dal lavoratore sia per l’ipotesi di riconoscimento dell’inquadramento nel III livello contrattuale, sia per l’ipotesi di conferma dell’inquadramento nel II livello già riconosciutogli;

2.3. si sostiene, con riguardo alla contestuale ordinanza di rimessione della causa sul ruolo per il giuramento del CTU, che nulla aveva eccepito la difesa dell’allora resistente, allorchè, nella relativa udienza, era stata demandata all’ausiliare la determinazione delle somme eventualmente spettanti anche in relazione all’inquadramento nel II livello contrattuale, a ciò conseguendo che la mancata tempestiva riserva di impugnazione ed il decorso del relativo termine di impugnazione rendevano l’appello avversario radicalmente inammissibile laddove lo stesso verteva su punti ampiamente coperti dalla sentenza parziale;

2.4. si precisa che quest’ultima aveva disposto la separazione della causa avente ad oggetto la domanda di differenze retributive e t.f.r. e quella di condanna del resistente al pagamento di somme a titolo di contributi alla Cassa edile con riferimento alla possibilità alternativa che gli stessi fossero da rapportare al III ovvero al II livello del c.c.n.l., aggiungendosi che, con la sentenza parziale, letta congiuntamente all’ordinanza in pari data, il primo giudice aveva riconosciuto essere dovute al lavoratore differenze retributive anche nel caso in cui la prova da espletare avesse condotto il giudicante a confermare l’inquadramento già riconosciuto;

2.5. sul rilievo che la sentenza parziale era passata in giudicato, in mancanza di formulazione di riserva di impugnazione, all’epoca del deposito del ricorso in appello del 13.4.2012 avverso la sentenza definitiva (sentenza parziale del 25.3.2011), veniva ribadita la mancanza di ogni considerazione della relativa eccezione e la violazione delle norme sul giudicato interno;

2.6. con riferimento alla domanda di pagamento del TFR viene denunziata omessa pronuncia su tale distinta domanda proposta subordinatamente all’ipotesi di reiezione della domanda di riassunzione nel posto di lavoro, conseguente alla declaratoria di illegittimità del licenziamento impugnato, ovvero per l’ipotesi in cui il datore avesse ritenuto di optare per la corresponsione dell’indennità alternativa alla riassunzione;

2.7. si sostiene che tale domanda era distinta da quelle proposte in via principale per differenze retributive ed accantonamenti presso la Cassa Edile, che era stato lamentato l’omesso versamento del t.f.r., corrisposto solo in minima parte, e che, nell’atto di appello, il M. avesse formulato distinte censure con riferimento a ciascuna delle pretese non avendo sostenuto la tesi dell’ultrapetizione pure con riguardo al t.f.r.;

2.8. per le somme a titolo di differenze dovute per l’accantonamento delle somme alla Cassa Edile spettanti al lavoratore il CTU aveva precisato di avere considerato le differenze accertate a tale titolo nella differenza retributiva totale, sicchè anche per tali importi si era formato il giudicato sulla sentenza parziale;

2.9. si richiamano, poi, gli artt. 19 e 21 rispettivamente del c.c.n.l. per le imprese edili e affini 5.7.1995 e 29.1.2000 e del successivo c.c.n.l. Edilizia del 1.10.2004, sostenendosene la violazione;

3. i due motivi vanno trattati congiuntamente per l’evidente connessione delle questioni che ne costituiscono l’oggetto, avendosi riguardo a quanto affermato da questa Corte, secondo cui, “quando con il ricorso per cassazione venga dedotto un error in procedendo, il sindacato del giudice di legittimità investe direttamente l’invalidità denunciata, mediante l’accesso diretto agli atti sui quali si basa il ricorso medesimo, indipendentemente dall’eventuale sufficienza e logicità della motivazione adottata in proposito dal giudice di merito, atteso che, in tali casi, la Corte di cassazione è giudice anche del fatto processuale” (cfr. Cass. 13.8.2018 n. 20716): tale orientamento condivide il principio ribadito da Cass. n. 16164/15 proprio in tema di vizio di omessa pronuncia, anche sulla scia di Cass. S.U. n. 8077/12;

4. in ordine alla dedotta sussistenza del giudicato interno – per essere, secondo il ricorrente, il tenore della sentenza non definitiva nel senso di legittimare il calcolo anche di eventuali differenze retributive connesse al parziale adempimento degli obblighi retributivi rapportati al secondo livello già posseduto dal C., richieste subordinatamente dal lavoratore – è sufficiente osservare che la ricostruzione della vicenda processuale contenuta nel ricorso non è idonea a supportare l’assunto secondo cui la sentenza non definitiva del 25.3.2011 fosse riferita, quanto alla necessità di accertamenti da compiersi a mezzo della c.t.u., nonchè attraverso l’escussione di testi, alla determinazione di differenze retributive alternativamente riferite anche al II livello di inquadramento del c.c.n.l. Edilizia Artigianato;

5. ed invero, in base alla stessa descrizione della vicenda processuale quale effettuata dall’odierno ricorrente, lo “sconfinamento” non consentito, indice di ultrapetizione, si è piuttosto determinato con l’ordinanza emessa all’udienza del 22.4.2011 (successiva alla sentenza non definitiva) con la quale veniva formalizzato, con specifici quesiti, l’incarico al CTU: ciò, tuttavia, non integra una questione di giudicato interno, ostativo al rilievo di ultrapetizione effettuato dalla sentenza della Corte d’appello qui impugnata;

6. a ciò consegue che, in assenza di un accertamento contenuto nella sentenza non definitiva del diritto del C. a differenze retributive riferite al livello di inquadramento già posseduto, non si pone alcun problema di omessa impugnazione del relativo capo della decisione, suscettibile di passaggio in giudicato per effetto della mancata riserva di impugnazione avverso la pronunzia suddetta;

7. quanto alla dedotta mancata pronunzia da parte del giudice del gravame sulla autonoma domanda di pagamento del TFR, la deduzione integra una questione nuova, in mancanza di una precisa indicazione dei termini in cui la stessa era stata devoluta al giudice del merito, posto che le osservazioni sopra svolte riguardano anche la domanda di t.f.r.: ciò è coerente con la evidenziata mancanza di una pronunzia del primo giudice relativa al riconoscimento del diritto a differenze retributive, comprensive anche degli importi riferiti all’anzidetto titolo; nè si riporta il contenuto dell’eccezione di ultrapetizione per dimostrare che la stessa non fosse riferita, come si assume, anche a tale domanda;

8. infine, deve essere disatteso il rilevo formulato dal ricorrente con riguardo al carattere apparente della motivazione adottata dalla Corte del merito in relazione alla completa estinzione dell’obbligo del datore conseguente all’avvenuto pagamento delle somme a titolo di accantonamento per la Cassa Edile direttamente al lavoratore;

9. la pronuncia impugnata è esaustiva e corretta in diritto quanto all’evidenziata distinzione dei rapporti che si instaurano tra le parti ed agli effetti che conseguono al pagamento diretto da parte del datore di lavoro in termini di implicita revoca della delega di pagamento conferita allo stesso, cui consegue la cessazione della legittimazione della Cassa ad esigere il pagamento per accantonamenti; ogni altro rilievo rifluisce nella già rilevata mancanza di specificità con riguardo anche a tale capo della domanda, avuto riguardo alla eccepita ultrapetizione, confermata dal giudice del gravame, rispetto alla quale il C. doveva ritenersi onerato di rimarcare l’esistenza di domanda autonoma riferita alla dedotta differenza anche a titolo di accantonamento asseritamente residuata e dovuta alla Cassa edile;

10. alla stregua delle svolte argomentazioni, il ricorso va respinto;

11. le spese del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo;

12. sussistono le condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater;

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 4000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonchè al rimborso delle spese forfetarie in misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato D.P.R. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 5 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2019

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