Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3269 del 12/02/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 3269 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

ha pronunciato la seguente

riparazione

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MANDOLITO Elena (ARD LNE 56P49 D086R), PAGANO Antonio (PGN
NTN 70E04 D086B), PAGANO Tiziana
PAGANO Maurizio

(PGN TZN 73 ° 59 D086C) e

(PGN MRZ 75R12 D086H),_gli ultimi tre nel-

la qualità di eredi di Martire Clotilde, rappresentati e
difesi, per procura

speciale in calce al ricorso,

dall’Avvocato Valter Gallone, domiciliati in Roma, Piazza
Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte suprema
di cassazione;
– ricorrenti –

contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del
Ministro pro tempore;

Data pubblicazione: 12/02/2014

- intimato avverso il decreto della Corte d’appello di Salerno n. 353
del 2012, depositato il 5 luglio 2012.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Stefano Petitti.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 19 maggio 2011 presso la
Corte d’appello di Salerno, Martire Clotilde e ~dont()
Elena chiedevano la condanna del Ministero dell’economia e
delle finanze al pagamento dell’equa riparazione, ai sensi
della legge n. 89 del 2001, in relazione ai danni non patrimoniali subiti a causa della irragionevole durata di un
giudizio amministrativo, iniziato dinnanzi al TAR Calabria
– Catanzaro con ricorso depositato il 28 febbraio 1988 e
non ancora definito alla data di proposizione della domanda.
L’adita Corte d’appello, con decreto depositato il 5
luglio 2012, dichiarava il ricorso inammissibile sul rilievo che le ricorrenti non avevano idoneamente dimostrato
la pendenza del giudizio presupposto al fine di verificare
la tempestività della domanda di equa riparazione, non potendo un tale onere probatorio degli attori essere surrogato dalla richiesta di acquisizione di documenti presso
la cancelleria dell’ufficio giudiziario presso il quale si

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udienza del 9 gennaio 2014 dal Consigliere relatore Dott.

svolge il giudizio presupposto, atteso che detta acquisizione è finalizzata alla valutazione dello svolgimento del
processo ma non a fornire la prova della sussistenza della
condizione di proponibilità della domanda, costituita dal-

ti che agiscono in equa riparazione.
Per la cassazione di questo decreto hanno proposto ricorso Medolito Elena nonché Pagano Antonio, Pagano Tiziana, Pagano Maurizio, quali eredi di Martire Clotilda, affidato a tre motivi.
L’intimato Ministero non ha svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
l. Il Collegio rileva preliminarmente che non è di
ostacolo alla trattazione del ricorso la mancata presenza,
alla odierna pubblica udienza, del rappresentante della
Procura generale presso questa Corte.
Invero, l’art. 70, comma secondo, cod. proc. civ.,
quale risultante dalle modifiche introdotte dall’art. 75
del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con
modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 98, prevede
che il pubblico ministero «deve intervenire nelle cause
davanti alla Corte di cassazione nei casi stabiliti dalla
legge». A sua volta l’art. 76 del r.d. 10 gennaio 1941, n.
12, come sostituito dall’art. 81 del citato decreto-legge
n 69, al primo comma dispone che «Il pubblico ministero

la sua tempestività, il cui onere grava appunto sulle par-

presso la Corte di cassazione interviene e conclude: a) in
tutte le udienze penali; b) in tutte le udienze dinanzi
alle Sezioni unite civili e nelle udienze pubbliche dinanzi alle sezioni semplici della Corte di cessazione, ad ec-

cui all’articolo 376, primo comma, primo periodo, del codice di procedura civile». L’art. 376, primo comma, cod.
proc. civ. stabilisce che «Il primo presidente, tranne
quando ricorrono le condizioni previste dall’articolo 374,
assegna i ricorsi ad apposita sezione che verifica se sussistono i presupposti per la pronunzia in camera di consiglio».
Infine, l’art. 75 del già citato decreto-legge n. 69
del 2013, quale risultante dalla legge di conversione n.
98 del 2013, dopo aver disposto, al primo comma, la sostituzione dell’art. 70, secondo comma, del codice di rito, e
la modificazione degli artt. 380-bis, secondo comma, e
390, primo comma, del medesimo codice, per adeguare la disciplina del rito camerale alla disposta esclusione della
partecipazione del pubblico ministero alle udienze che si
tengono dinnanzi alla sezione di cui all’art. 376, primo
comma, al secondo comma ha stabilito che «Le disposizioni
di cui al presente articolo si applicano ai giudizi dinanzi alla Corte di cassazione nei quali il decreto di fissazione dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio

cezione di quelle che si svolgono dinanzi alla sezione di

sia adottato a partire dal giorno successivo alla data di
entrata in vigore della legge di conversione del presente
decreto», e cioè a far data dal 22 agosto 2013.
Orbene, il Collegio rileva che l’esplicito riferimento

r.d. n. 12 del 1941 (come modificato dall’art. 81 del decreto-legge n. 69 del 2013), sia nell’art. 75, comma 2,
citato, alle udienze che si tengano presso la Sesta sezione (e cioè quella di cui all’art. 376, primo comma, cod.
proc. civ.), consenta di ritenere non solo che la detta
sezione è abilitata a tenere oltre alle adunanze camerali
anche udienze pubbliche, ma anche che alle udienze che si
tengono presso la stessa sezione non è più obbligatoria la
partecipazione del pubblico ministero. Rimane impregiudicata, ovviamente, la facoltà dell’ufficio del pubblico ministero di intervenire ai sensi dell’art. 70, terzo comma,
cod. proc. civ., e cioè ove ravvisi un pubblico interesse.
Nel caso di specie, il decreto di fissazione
dell’udienza odierna è stato emesso in data 25 settembre
2013, sicché deve concludersi che l’udienza pubblica ben
può essere tenuta senza la partecipazione del rappresentante della Procura generale presso questa Corte, non avendo il detto ufficio, al quale pure copia integrale del
ruolo di udienza è stata trasmessa, ravvisato un interesse

contenuto sia nell’art. 76, comma primo, lett. b), del

pubblico che giustificasse la propria partecipazione ai
sensi dell’art. 70, terzo comma, cod. proc. civ.
2. Nel merito, con il primo motivo di ricorso i ricorrenti denunciano violazione e/o falsa applicazione degli

della CEDU e degli artt. 737 e seguenti cod. proc. civ.,
2697 cod. civ. e 191 e seguenti cod. proc. civ., dolendosi
del fatto che la Corte d’appello abbia ritenuto le parti
ricorrenti in equa riparazione onerate della dimostrazione
della pendenza del giudizio presupposto attraverso una
certificazione sottoscritta del cancelliere, che la legge
n. 89 del 2001 non prevede.
Nella specie, nel ricorso introduttivo erano contenute
tutte le indicazioni utili a dimostrare che alcun provvedimento da parte del giudice amministrativo era intervenuto nel giudizio presupposto.
Con il secondo motivo i ricorrenti deducono violazione
e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 4 della legge n. 89
del 2001, dell’art. 6 della CEDU e degli artt. 737 e seguenti cod. proc. civ., 2697 e 2712 cod. civ., rilevando
che la Corte d’appello avrebbe errato nel non considerare
utile fonte di prova, ai sensi dell’art. 2712 cod. civ.,
il documento, estratto dal registro informatico del TAR,
attestante lo sviluppo del procedimento amministrativo
dinnanzi al TAR, perché non sottoscritto.

artt. 2, 3 e 4 della legge n. 89 del 2001, dell’art. 6

Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano vizio di
motivazione insufficiente e/o contraddittoria, per avere
la Corte d’appello dichiarato inammissibile la domanda
senza dare conto delle ragioni per le quali il documento

posto alla data dell’il maggio 2011, non potesse essere
ritenuto idoneo a dimostrare la pendenza del giudizio
stesso, nonché per non avere la Corte d’appello, una volta
esclusa la utilizzabilità di quel documento, illustrato le
ragioni per le quali non poteva farsi ricorso
all’attivazione dei propri poteri istruttori.
3. Il ricorso, i cui tre motivi possono essere esaminati congiuntamente, è fondato.
Questa Corte ha avuto modo di chiarire che, ove il ricorrente – come nella specie – abbia formulato espressa
richiesta di acquisizione degli atti e dei documenti del
processo presupposto, ai sensi dell’art. 3, comma 5, della
legge n. 89 del 2001, la Corte d’appello non può respingere la domanda sulla base di carenze documentali superabili
con l’esercizio di tale potere di acquisizione, senza esporre congrua motivazione del suo convincimento in ordine
alla inidoneità di tale strumento processuale (Cass. n.
9381 del 2011; Cass. n. 16367 del 2011).
Invero, il potere officioso, che la norma sopra richiamata – in coerenza con il potere di assumere informa-

informatico attestante la situazione del giudizio presup-

zioni previsto dalla disposizione generale in tema di procedimenti camerali dettata dall’art. 738, comma terzo,
cod. proc. civ. – attribuisce al giudice dell’equa riparazione in presenza di un’espressa richiesta della parte i-

ri gravanti sulle parti la produzione di atti e documenti
del processo presupposto, tra i quali va compreso sia
l’avviso di avvenuta notificazione della sentenza da parte
dell’ufficiale giudiziario D.P.R. n. 1229 del 1959, ex
art. 112 – che il cancelliere deve unire all’originale
della sentenza -, sia l’avviso dell’avvenuta notificazione
dell’impugnazione ex art. 123 disp. att. cod. proc. civ.,
da annotarsi sull’originale della sentenza (Cass. n. 4103
del 2013).
La Corte d’appello ha dunque errato nel ritenere che i
ricorrenti non avessero documedtato la pendenza, omettendo
altresì di attribuire alcuna efficacia alla documentazione
estratta dal registro informatico del TAR Calabria, dalla
quale emergeva la perdurante pendenza del giudizio presupposto.
In conclusione, il ricorso va accolto, con conseguente
cassazione del decreto impugnato, con rinvio alla Corte
d’appello di Salerno, in diversa composizione, per nuovo
esame della domanda.

stante, non consente in tal caso di includere tra gli one-

Al giudice di rinvio è demandata altresì la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso;

anche per le spese del giudizio di legit-

timità, alla Corte d’appello di Salerno in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
VI-2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il
9 gennaio 2014.

gnato e rinvia,

cassa il decreto impu-

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