Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3269 del 12/02/2013


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Civile Sent. Sez. U Num. 3269 Anno 2013
Presidente: PREDEN ROBERTO
Relatore: BOTTA RAFFAELE

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
CAVALLO ROBERTA, elettivamente domiciliata in Roma, via Bergamo
3, presso l’avv. Amalia Falcone, che la rappresenta e difende giusta
delega in calce al ricorso;
– ricorrente —
CONTRO

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA “LA SAPIENZA”, in persona del
Rettore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei
Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la
rappresenta e difende per legge;
– controficorrente
Avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma, Sezione Lavoro,
n. 6104/10, del 30 giugno 2010, depositata il 26 agosto 2010, non
notificata;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29
gennaio 2013 dal Consigliere Raffaele Botta;
Udito l’avv. Amalia Falcone per la parte ricorrente e l’avv. Marco La
Greca per l’Avvocatura Generale dello Stato;
Udito il P.M., in persona dell’Avvocato Generale Raffaele Ceniccola,
che ha concluso per la dichiarazione della giurisdizione del giudice
ordinario.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Data pubblicazione: 12/02/2013

La controversia concerne l’azione proposta, innanzi al Tribunale di
Roma, dalla sig.ra Roberta Cavallo nei confronti dell’Università degli
Studi di Roma “La Sapienza” di cui era dipendente dal 2 gennaio
1991 come assistente amministrativo con la VI qualifica funzionale e
dal 9 febbraio 2001 con la VII qualifica funzionale (quale vincitrice
del relativo concorso). L’attrice rivendicava di avere svolto, fin
dall’inizio del rapporto di lavoro, le mansioni proprie della VIII
qualifica nel profilo di Funzionario Amministrativo e di aver, in base

1989 e n. 236 del 1995. Tuttavia, l’Università che le aveva negato
tali benefici respingendo la domanda allo scopo proposta,
sull’erroneo presupposto che la richiedente non avesse i requisiti
previsti, essendo stata assunta su posti di ruolo delle carriere
istituite ai sensi della legge n. 312 dei 1980, sebbene in altre
situazioni analoghe l’ente fosse pervenuto a una diversa posizione
(con conseguente discriminanti nei confronti della ricorrente).
Il Tribunale adito dichiarava il proprio difetto di giurisdizione per le
domande concernenti le questioni relative al periodo del rapporto di
lavoro fino al 30 giugno 1998 e rigettava per il resto il ricorso,
compensando le spese. La decisione era confermata dalla Corte
d’appello di Roma, con la sentenza in epigrafe, che rigettava
l’appello della sig.ra Cavallo, compensando le spese.
Avverso tale sentenza, la sig. Roberta Cavallo propone ricorso per
cassazione con tre motivi, illustrati anche con memoria, con il
secondo dei quali pone la questione relativa ai diniego di
giurisdizione da parte dei giudice adito per il periodo del rapporto di
lavoro fino al 30 giugno 1998. Resiste con controricorso l’Università
degli Studi di Roma “La Sapienza”.
MOTIVAZIONE

1. Deve essere esaminato preliminarmente il secondo motivo di
ricorso, con il quale la ricorrente contesta la denegata giurisdizione
dl giudice ordinario per il periodo antecedente al 30 giugno 1998
sostenendo che il provvedimento lesivo del diritto del dipendente è
rappresentato dal definitivo diniego dell’applicazione dei benefici cui
alle leggi n. 63 del 1989 e n. 236 del 1995 da parte dell’Università
nel 2000-2001.
2. Il motivo è fondato sulla base del principio espresso da queste
Sezioni Unite secondo cui: «Ai fini del riparto della giurisdizione tra
giudice ordinario e amministrativo in relazione ai rapporti di lavoro
dei dipendenti dalle pubbliche amministrazioni, per individuare il

a tale situazione di fatto, diritto ai benefici di cui alle leggi n. 63 del

giudice destinato a conoscere della causa nel caso che la lesione del
diritto azionato sia stata prodotta da un provvedimento o da un atto
negoziale del datare di lavoro, occorre fare riferimento alla data di
quest’ultimo, anche se gli effetti della rimozione dell’atto incidano su
diritti sorti anteriormente al 1 luglio 1998, e tale data del
provvedimento rileva anche ai fini del decorso iniziale del termine di
prescrizione dei diritti dallo stesso disciplinati» Cass. S.U. 19 aprile
2012, n. 6104; Cass. S.U. 22 maggio 2012, n. 8070; Cass. S.U. 8

2.1. Le Sezioni Unite hanno precisato che «la sopravvivenza della
giurisdizione del giudice amministrativo, regolata dall’art. 69,
comma 7, del d.lgs. n. 165 del 2001, costituisce, nelle intenzioni del
legislatore, ipotesi assolutamente eccezionale, sicché, per evitare il
frazionamento della tutela giurisdizionale, quando il lavoratore
deduce un inadempimento unitario dell’amministrazione, la
protrazione della fattispecie oltre il discrimine temporale del 30
giugno 1998 radica la giurisdizione presso il giudice ordinario anche
per il periodo anteriore a tale data, non essendo ammissibile che sul
medesimo rapporto abbiano a pronunciarsi due giudici diversi, con
possibilità di differenti risposte ad una stessa istanza di giustizia»
(Cass. S.U. 1 marzo 2012, n. 3183).
2.2. Inoltre, le Sezioni Unite hanno precisato che la giurisdizione
deve essere determinata quoad tempus «con riferimento alla data
dell’atto emesso dall’amministrazione datrice di lavoro allorché il
regime del rapporto preveda che la giuridica rilevanza dei fatti sia
assoggettata ad un preventivo apprezzamento dell’amministrazione
medesima ed alla conseguente deciaratoria della sua volontà al
riguardo (come è avvenuto nel caso di specie, in cui il diniego del
possesso in capo alla ricorrente dei requisiti per godere dei benefici
di cui alle leggi n. 63 del 1989 e n. 236 del 1995 è stato emesso nel
periodo 2000-2001), potendosi, in questo secondo caso, ritenere
verificato il dato storico determinativo della “questione” solo in
temporale coincidenza di siffatta declaratoria» (Cass. S.U. 15
maggio 2012, n, 7504, in motivazione; nello stesso senso Cass. S.U.
8 agosto 2012, n. 14257, in motivazione).
2.3. Sicché nel caso di specie deve essere dichiarata la giurisdizione
del giudice ordinario anche per il periodo precedente al 30 giugno
1998.
2.4. La subordinata questione di giurisdizione sollevata dalla parte
controricorrente in relazione al merito della controversia è questione
3

agosto 2012, n. 14257).

nuova e, pertanto, inammissibile, nemmeno essendo essa oggetto di
un ricorso incidentale.
3. Occorre, quindi, passare all’esame degli altri motivi di ricorso.
3.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art.
112 c.p.c. per la non corrispondenza tra chiesto e pronunciato,
sottolineando: a) sotto un primo profilo, la mancata valutazione
della singola posizione di essa ricorrente, dimostrata dalla erronea
ricostruzione dei fatti di causa (affermando, in contraddizione con i

qualifica e reclamasse la VII – e non la VIII); b) sotto un secondo
profilo, la mancata valutazione della domanda che atteneva
all’applicazione delle leggi n. 63 del 1989 e n. 236 del 1995 ai
dipendenti dell’Università “La Sapienza” e non síc et simpliciter ad
un superiore inquadramento superiore ex art. 56 D.Lgs. n. 29 del
1993 e successive modifiche.
3.2. Il motivo, sotto il primo profilo, è inammissibile per difetto di
interesse, essendo ininfluente ai fini della decisione del merito della
controversia, l’errata indicazione della qualifica posseduta dalla
ricorrente e di quella dalla stessa reclamata.
3.3. Il motivo è parimenti inammissibile, sotto il secondo profilo. La
ratio decidendí della sentenza impugnata è costituita dalla ritenuta
mancanza di specificità dei motivi d’appello e sul punto nessuna
adeguata censura è formulata nel motivo di ricorso in esame. Ne
consegue che devono ritenersi irrilevanti le considerazioni che ad
abundantiam la sentenza svolge in ordine alla disciplina dettata
dall’art. 56, D.Lgs. n. 29 del 1993, e successive modificazioni,
bastando la

ratio

indicata (e non impugnata) a sorreggere

autonomamente la decisione.
4. Con il terzo motivo di ricorso, la ricorrente denuncia una nullità
della sentenza ex art. 360 n. 4 c.p.c., contestando l’erroneità della
ritenuta genericità delle allegazioni e delle prove che la ricorrente
aveva dedotto in giudizio.
4.1. In proposito la ricorrente afferma: a) da un lato, che la legge n.
63 del 1989 «non richiedeva alcun obbligo di allegazione di prove
circa le mansioni superiori svolte ai fini del corrispondente
inquadramento, essendo demandato all’Amministrazione
l’accertamento della congruità tra il profilo per il quale veniva
presentata la domanda suddetta e l’organizzazione del lavoro
proprio della struttura presso la quale gli aventi titoli prestano
servizio»; b) dall’altro, che la documentazione che era stata allegata
4

dati esposti nel ricorso, che la ricorrente avesse la V – e non la VII –

al ricorso era sufficiente a dimostrare adeguatamente le ragioni della
domanda proposta.
4.2. Le censure sono inammissibili in quanto, sotto il primo profilo,
integrano una denuncia come error in procedendo di quello che
invece, come è prospettato, consisterebbe in un error in iudicando,
rispetto al quale alcuna critica appare convenientemente sviluppata,
e, sotto il secondo profilo, richiedono una revisione del merito senza
che nemmeno sia prospettato un supposto vizio di motivazione (che,
5. Pertanto deve essere accolto il secondo motivo di ricorso,
rigettato ir primo e il terzo. In conseguenza deve essere dichiarata la
giurisdizione del giudice ordinario anche per il periodo antecedente
al 30 giugno 1998, e la sentenza deve essere cassata, in relazione al
motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Roma
(v. Cass. S.U. n. 6102 del 2002), Sezione lavoro, in diversa
composizione, per la valutazione della domanda attrice
relativamente al periodo antecedente al 30 giugno 1998. Il giudice
del rinvio provvederà anche in ordine alle spese della presente fase
del giudizio.
PQM
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo e il terzo.
Dichiara la giurisdizione del giudice ordinario per il periodo
antecedente il 30 giugno 1998, cassa la sentenza impugnata, in
relazione al motivo accolto, e rinvia, anche per le spese, alla Corte
d’appello di Roma, Sezione lavoro, in diversa composizione, per la
valutazione della domanda attrice relativamente ai periodo
antecedente al 30 giugno 1998.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29 gennaio 2013.

in ogni caso sarebbe, peraltro, insussistente).

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