Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3269 del 11/02/2020

Cassazione civile sez. II, 11/02/2020, (ud. 20/06/2019, dep. 11/02/2020), n.3269

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14281-2015 proposto da:

C.B., elettivamente domiciliato in Roma, Via Germanico 96,

presso lo studio dell’avvocato Letizia Tilli, rappresentato e difeso

dagli avvocati Sabatino Ciprietti, Laura Teti;

– ricorrente –

e contro

Provincia Di Pescara, elettivamente domiciliato in Roma, Via Di Monte

Fiore 22, presso lo studio dell’avvocato Stefano Gattamelata, che lo

rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1190/2014 della Corte d’appello de L’Aquila,

depositata il 26/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/06/2019 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

Fatto

RILEVATO

che:

– il presente giudizio trae origine dal ricorso notificato il 3 giugno 2015 da C.B. nei confronti della Provincia di Pescara avverso la sentenza della Corte d’appello di L’Aquila che ha respinto l’impugnazione dal medesimo proposto ed avente ad oggetto la sentenza n. 672 del 2013 con cui il Tribunale di Pescara aveva rigettato l’opposizione proposta contro l’ordinanza-ingiunzione n. 664 del 23 ottobre 2012;

– con l’ordinanza in questione la Provincia di Pescara aveva contestato la violazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 124 dopo aver accertato, in data (OMISSIS), che il depuratore comunale scaricava acque reflue domestiche nel sottostante fossato in assenza della prescritta autorizzazione;

– a seguito di ciò la Provincia aveva ingiunto il pagamento della sanzione irrogata ai sensi del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 133;

– a fondamento dell’opposizione il C. deduceva l’incompetenza della Provincia ad irrogare la sanzione, potendo provvedervi solo la Regione;

– inoltre, contestava la mancata notifica del verbale amministrativo di contestazione, il mancato rispetto del termine di 90 giorni per la contestazione, il difetto di legittimazione passiva rivestendo egli la carica di presidente del consiglio di amministrazione della A.C.A. S.p.A., società pubblica dalla quale era materialmente gestito, in forza di convenzione con l’ente pubblico A.T.O. (associazione composta di 64 comuni), l’impianto di depurazione di (OMISSIS);

– il tribunale pescarese respingeva l’opposizione ritenendo infondata l’eccezione di incompetenza sulla scorta della delega contenuta nella L.R. Abruzzo n. 31 del 2010, art. 7 così come disattendeva le altre eccezioni sollevate dall’opponente;

– proposto appello dal C., la corte distrettuale respingeva tutti i sette motivi di impugnazione e ribadiva la legittimità della delega con cui la Regione aveva conferito alla Provincia il potere sanzionatorio in base al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 135;

– venivano parimenti r’gettate le doglianze di merito;

– la cassazione della sentenza d’appello è chiesta dal C. con ricorso affidato a sette motivi;

– la Provincia di Pescara si è costituita ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ult. cpv.;

– entrambe le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380-bis.1. c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

– va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità del controricorso articolato dalla Provincia di Pescara, intitolato come “atto di costituzione ex art. 370 c.p.c., comma 1, ult. cpv.” e notificato l’11 aprile 2016 a fronte del ricorso notificato il 3 giugno 2015;

– nell’atto, infatti, la parte non si limita a costituirsi in vista della partecipazione all’udienza orale, ma chiede il rigetto del ricorso riportandosi integralmente e ribadendo le difese e conclusioni rassegnate nei precedenti gradi di giudizio;

– tuttavia l’atto non solo non è conforme agli artt. 365 e 366 c.p.c., come richiesto dall’art. 370 c.p.c., comma 2, ma è anche stato notificato molto dopo la scadenza del termine di venti giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso introduttivo, fissato nell’art. 370 c.p.c., comma 1;

– la stessa sorte vale per la memoria ex art. 380-bis.1, essendo la possibilità di proporla subordinata all’ammissibilità del controricorso (cfr. Cass. 4819/2012);

-per quanto riguarda il ricorso, con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 135 da parte della pronuncia impugnata laddove non è stata accolta l’eccezione di incompetenza della Provincia, nonostante il disposto dell’art. 135 cit. attribuisca in via esclusiva alle Regioni la competenza all’irrogazione delle relative sanzioni amministrative con abrogazione delle diverse precedenti disposizioni ed in particolare del D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 56 contenente l’espressa previsione del potere delle Regioni di dettare disposizioni diverse in materia di competenza ad applicare le sanzioni amministrative;

-la doglianza è infondata, atteso che la sanzione è stata emessa dalla Provincia sulla base di una delega legittimamente attribuita dalla legge regionale;

-questa Corte nella sentenza a Sezioni Unite del 26.3.2015 n. 6059 nella vigenza del TU Ambiente, in una controversia in cui si discuteva della giurisdizione dell’AG. in tema di sanzione comminata dalla Provincia di Bergamo ad un Comune in materia di scarichi, ha avuto modo di affermare che: “Per disposizione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 135 all’irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie” provvede, con ordinanza-ingiunzione ai sensi della L. 24 novembre 1981, n. 689, artt. 18 e ss. la regione”, ma, come evidenziato al paragrafo 1.1-, la Regione Lombardia, con la L. n. 26 del 2003, art. 43, comma 1, lett. b) ha attribuito alle province “l’attività sanzionatoria”;

– in altri termini le Sezioni Unite hanno preso atto di tale attribuzione, senza ravvisare, in ciò, alcun profilo di illegittimità;

– non pare, quindi, fondatamente dubitabile che alle Regioni competa la possibilità di delega delle competenze che la legge statale assegna loro, e che sia ininfluente che l’art. 135 TU Ambiente presenti o meno l’inciso che vi era nel D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 56 in relazione alle diverse norme sulle competenze dettate dalle Regioni e dalle Province Autonome;

– con il secondo motivo si solleva la questione di legittimità costituzionale della L.R. Abruzzo n. 31 del 2010, art. 7, comma 9 per contrasto con l’art. 117 Cost., comma 2, lett. I) e comma 3 nella parte in cui prevede la conferma della delega alle Province in materia di sanzioni amministrative di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 133 ad eccezione delle sanzioni previste dal comma 8 medesimo articolo;

– la questione appare manifestamente infondata;

– la censura non illustra le ragioni di contrasto tra la disposizione censurata e gli invocati parametri costituzionali e cioè l’art. 117 Cost., comma 2, lett. I) e comma 3, limitandosi a dedurre che la disposizione in oggetto recherebbe una disposizione difforme da quella prevista dalla legge dello Stato e che invaderebbe la materia delrordinamento civile”;

– con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli art. 2697 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c. nonchè il travisamento dei fatti che si traduce in un vizio di motivazione nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo per la controversia che è stato oggetto di discussione tra le parti, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

– in particolare, si contesta la ritenuta riconducibilità dello scarico a quelli gestiti dalla società A.C.A., giacchè nella stessa ordinanza-ingiunzione si faceva riferimento all’effettuazione di uno scarico da un insediamento civile cioè uno scarico domestico di natura privata e, pertanto, non gestito dalla società;

– tale specificazione è stata disattesa dalla corte d’appello che ha, invece, ritenuto che il prelievo riguardasse il depuratore del Comune di Penne gestito dalla ACA;

– ad avviso di parte ricorrente tale conclusione deriva da un omesso esame di un fatto decisivo e, pertanto, se ne contesta la conclusione;

– la doglianza appare inammissibile oltre che infondata perchè relativa all’accertamento di fatto compiuto dal giudice di merito non suscettibile di rivalutazione, nei termini richiesti,da parte del giudice di legittimità;

– peraltro dalla lettura di pag. 10 della sentenza si evince che non vi è stato alcun omesso esame della questione prospettata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5;

– un ulteriore profilo di censura articolato come motivo n. 3 ter denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 112 c.p.c. nonchè, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo rappresentato dall’eccezione mossa in punto di responsabilità erroneamente riconosciuta dalla corte territoriale in capo all’A.C.A sebbene secondo parte ricorrente la responsabilità andasse ricercata in capo alla società Risorse Idriche che dal 1/3/2003 era unica responsabile;

– si tratta di una denuncia inammissibile rispetto ad entrambi profili perchè non riguarda questioni oggetto di esame nella sentenza impugnata nè la parte ricorrente indica dove la stessa sarebbe stata in precedenza sollevata;

– con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti in relazione alla responsabilità che avrebbe dovuto per statuto essere riconosciuta in capo al Direttore generale e che, invece, la sentenza impugnata aveva escluso per non essere stata fornita la prova dell’effettività della nomina di tale figura;

– anche in tal caso si tratta di vizio riguardante la ricostruzione del fatto ed oggetto dell’insindacabile potere discrezionale del giudice di merito, sul quale la sentenza si è pronunciata precisando che la contestazione aveva ad oggetto) ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 6 la figura del legale rappresentante della società, ruolo indubitabilmente coperto dal C.;

– osserva, inoltre, la corte distrettuale come la mera previsione statutaria della figura del Direttore generale non può essere ritenuta sufficiente ai fini della prova dell’effettività della sua nomina;

-con il quinto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 112 c.p.c. e l’omesso esame ai sensi dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione alla specifica doglianza riguardante la mancata notifica degli esiti delle analisi dei campioni prelevati;

– la censura appare infondata poichè la sentenza impugnata invero, a pagina 12, fa riferimento al contenuto dell’ordinanza ritenuto adeguato quanto ai verbali di contestazione e di prelievo, all’epoca degli stessi, agli eventi della procedura in concreto rilevanti ai fini dell’individuazione degli illeciti (…);

– con il sesto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la violazione e o falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 8 in relazione all’omesso esame della richiesta di applicazione della continuazione;

– la doglianza è inammissibile in relazione alla censura ex art. 360 c.p.c., comma 1), n. 3) perchè non indica quale principio di diritto sarebbe stato violato nella sentenza impugnata;

– risulta, invece, infondata in relazione all’omesso esame di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perchè la corte d’appello ha esaminato (cfr. pag. 13) la richiesta ritenendo che l’appellante non avesse allegato i fatti rilevanti ai fini del suo accoglimento;

– con il settimo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 14 per avere la corte territoriale illegittimamente ritenuto corretta la notifica dell’ordinanza-ingiunzione eseguita presso la sede della società non dovendosi eseguire ex art. 139 c.p.c.;

– la censura è inammissibile perchè si limita a ribadire l’assunto originario senza indicare quale principio di diritto non sarebbe stato correttamente applicato nella sentenza impugnata;

– in conclusione l’esito sfavorevole di tutti i motivi giustifica il rigetto del ricorso;

– in ragione dell’inammissibilità del controricorso, nulla va disposto sulle spese di lite;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il controricorso; nulla spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione seconda civile, il 20 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2020

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