Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32672 del 18/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 18/12/2018, (ud. 20/03/2018, dep. 18/12/2018), n.32672

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10933-2017 proposto da:

DEUTSCHE BANK SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VITTORIA COLONNA 40, presso

lo studio dell’avvocato ALBERTO DI CAPUA, rappresentata e difesa

dall’avvocato GIOVANNI RE;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di NAPOLI NORD, depositato il

06/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/03/2018 dal Consigliere Dott. ALDO ANGELO

DOLMETTA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1.- La s.p.a. Deutsche Bank ha presentato domanda di insinuazione al passivo del fallimento della s.r.l. (OMISSIS), chiedendo vi fossero ammessi un credito per saldo di conto corrente e un credito per residuo di finanziamenti a medio lungo termine. Il giudice delegato ha rigettato entrambe le richieste, rilevando che, essendo il curatore “terzo rispetto al rapporto giuridico posto a base della pretesa creditoria”, viene a trovare applicazione la disposizione contenuta nell’art. 2704 c.c., “per cui il creditore è tenuto a fornire elementi idonei a provare l’anteriorità del credito alla data del fallimento”.

L’esclusione è stata poi confermata, in esito al giudizio di opposizione, dal Tribunale di Napoli con decreto del 6 marzo 2017.

Con riferimento alla pretesa da saldo passivo di conto corrente, il Tribunale ha rilevato, in particolare, che la Banca creditrice “non ha dimostrato la formazione, in base al combinato disposto degli artt. 1826,1829 e 1832 c.c., art. 119, commi 2 e 3 TUB, della dichiarazione confessoria della società ora fallita rispetto alle annotazioni contabili di segno negativo riportate sugli estratti di conto corrente della (OMISSIS) s.r.l., con la conseguenza che gli estratti conto prodotti, anche se dovessero avere data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento, sono inopponibili alla curatela del fallimento”.

Con riguardo alla pretesa relativa al residuo debito derivante da contratto di finanziamento, il Tribunale ha rilevato la mancanza di data certa dell’operazione, ritenendo non potessero a tal fine valere nè gli estratti di saldaconto (dato che il dirigente della banca non possiede un “potere di certificazione con funzione pubblicistica”), nè i contratti di fideiussione prodotti al riguardo in giudizio (posto che gli stessi “non contengono nessun riferimento a uno specifico contratto di finanziamento”).

2.- Deutsche Bank ricorre adesso avverso il decreto del Tribunale di Napoli, articolando tre motivi di cassazione. L’intimato Fallimento non ha svolto attività difensive nel presente grado di giudizio.

La ricorrente Banca ha anche depositato memoria.

3.- Il primo motivo di ricorso è intestato “violazione e falsa applicazione degli artt. 1826,1829 e 1832 c.c., art. 119 TUB, commi 2 e 3 e artt. 2704 e 2697 c.c., nonchè omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5).

Con riferimento al credito da saldo debitorio del conto corrente, il motivo riscontra che la Banca ha depositato gli estratti conto relativi agli ultimi dieci anni: “dunque, risulta rispettato il disposto di cui all’art. 119 TUB”.

La prova dell’esistenza del credito – assume altresì il motivo “risulta essere stata fornita con la “dichiarazione ex art. 50 TUB” depositata sia con l’istanza di ammissione al passivo, sia con il ricorso ex art. 98 L. fall.”.

4.- Il motivo non può essere accolto.

In relazione al vizio di cui all’ art. 360 c.p.c., n. 3, va osservato che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, il creditore, che chiede il pagamento del saldo passivo del rapporto di conto corrente, deve dar conto dell’intera dinamica di svolgimento del rapporto, così producendo tutti gli estratti conto inerenti al medesimo (cfr., in specie, Cass., 19 ottobre 2016, n. 21092, nonchè da ultimo, Cass., 20 febbraio 2018, n. 4102).

Nè in ogni caso può essere ritenuto strumento idoneo a fornire la prova del credito vantato dalla Banca l’estratto di saldaconto, la cui efficacia probatoria è limitata al solo ambito della concessione del decreto ingiuntivo (cfr. Cass., 30 maggio 2017, n. 13542; Cass., 23 maggio 2017, n. 12935; Cass., 23 maggio 2017, n. 12936). Non risulta avere poi attinenza con la prova del credito, di cui sia onerata la Banca per saldo passivo di conto corrente, la norma dell’art. 119 TUB.

Quanto al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, il motivo non viene a isolare un “fatto storico” (decisivo per l’esito del giudizio), che il Tribunale abbia omesso di prendere in considerazione.

5.- Il secondo motivo di ricorso è intestato “violazione e falsa applicazione degli artt. 2704 e 2710 c.c., nonchè omessa o comunque insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5).

Con riferimento al credito preteso per residuo di finanziamento, il motivo contesta la valutazione di difetto di data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento, che è stata fatta dal Tribunale napoletano.

In realtà, assume il motivo, le “scritture contabili interne alla banca”, compreso l’estratto di saldaconto, sono strumenti idonei a dar prova dell’anteriorità del credito. E così pure le fideiussioni prestate a supporto del credito medesimo, se (come nel caso) il relativo contratto menziona il numero di conto su cui è stata appoggiata la restituzione del finanziamento. Del resto, nella specie concreta risulta altresì presente una lettera raccomandata inviata dalla Banca alla società debitrice, che provvedeva a “comunicare la risoluzione del contratto di finanziamento”.

Posta questa somma di riscontri, il Tribunale di Napoli ha errato senz’altro: “se avesse esaminato tali elementi (gravi, precisi e concordanti) nel loro complesso”, “avrebbe potuto far derivare l’anteriorità della formazione… del finanziamento rispetto alla procedura concorsuale”.

6.- Il motivo è inammissibile.

Lo stesso, in effetti, non risulta assumere delle violazioni di legge ovvero un omesso esame di un fatto storico decisivo per l’esito del giudizio.

Esso viene, piuttosto, a sollecitare una nuova valutazione del materiale probatorio prodotto in giudizio: al punto di chiedere al Collegio di esprimere un giudizio sulla formazione di una prova per presunzione semplice (siccome ipotizzata dalla ricorrente medesima). Non rientra peraltro nei poteri di questa Corte la formulazione di giudizi di questo genere.

7.- Il terzo motivo di ricorso è intestato “violazione e falsa applicazione dell’art. 183 c.p.c., comma 4 e art. 101 c.p.c., nonchè omessa e comunque insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5).

Con questo motivo la ricorrente Banca assume in sostanza che – rispetto al tema della data certa del contratto di finanziamento – vi è stata violazione del principio del contraddittorio.

Più in particolare, lo stesso rileva che, “se il giudice delegato” ha “il potere dovere di sollevare eccezioni rilevabili di ufficio”, “non può rilevare la presenza di un’eccezione in senso lato senza una preventiva instaurazione del contraddittorio fra le parti sul punto”. Nel caso concreto, dunque, il giudice, “nel rilevare la presenza di una eccezione in senso lato ostativa al riconoscimento del credito, non avrebbe potuto disporre al riguardo senza una preventiva instaurazione del contraddittorio”.

8.- Il motivo non può essere accolto.

Come segnala lo stesso ricorso presentato dalla Banca (punti A.3 e A.4 della parte “svolgimento del processo”), già in sede di redazione del progetto di stato passivo il curatore fallimentare ha, tra le altre cose, sottolineato in modo espresso: “i contratti prodotti sono privi di data certa”.

La Banca ricorrente ha dunque avuto modi e spazi adeguati per articolare le proprie difese in materia.

9. In conclusione, va respinto il ricorso.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, secondo la previsione del comma 1 bis del medesimo articolo.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile, il 20 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2018

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