Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3267 del 12/02/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 3267 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

riparazione

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
GABRIELE Giosino (GBR GSN 35C12 H490A), PALERMO Rita (PLR
RTI 34E48 I359P), SAVAIA Mario (SVA MRA 58P08 A340F), ALTOMARE Gaetano (LTM GTN 62B18 H490H), rappresentati e difesi, per procura speciale a margine del ricorso,
dall’Avvocato Carmela Perri, elettivamente domiciliati in
Roma, via Giordano Bruno n. 47, sc. 5, int. 10, presso
l’Avvocato Luisa ~razzo;
– ricorrenti contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro
tempore,

rappresentato

e

difeso,

per

pro

legge,

Data pubblicazione: 12/02/2014

dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso gli Uffici
di questa domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
– controricorrente

avverso il decreto della Corte d’appello di Salerno depo-

Udita

la relazione della causa svolta nella pubblica

udienza del 9 gennaio 2014 dal Consigliere relatore Dott.
Stefano Petitti.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 7 dicembre 2011 presso la
Corte d’appello di Messina, Gabriele Giosino, Palermo Rita, Savaia Mario e Altomare Gaetano chiedevano la condanna
del Ministero della giustizia al pagamento dell’equa riparazione, ai sensi della legge n. 89 del 2001, in relazione
ai danni non patrimoniali subiti a causa della irragionevole durata di un giudizio civile di appello, iniziato
dinnanzi alla Corte d’appello di Catanzaro con ricorso notificato il 2 febbraio 2005, e deciso con sentenza depositata il 26 aprile 2011.
L’adita Corte d’appello, con decreto depositato il 2
luglio 2012, dichiarava inammissibile la domanda, sul rilievo che non è consentito proporre domanda di equa riparazione con riferimento ad alcuni gradi soltanto del giudizio presupposto, senza mettere a corrente il giudice
competente delle vicende dell’intero giudizio presupposto.

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sitato il 2 luglio 2012.

I ricorrenti in epigrafe indicati hanno proposto ricorso per la cassazione di questo decreto affidato a due
motivi, illustrati da memoria.
L’intimato Ministero ha resistito con controricorso.

l. Il Collegio rileva preliminarmente che non è di
ostacolo alla trattazione del ricorso la mancata presenza,
alla odierna pubblica udienza, del rappresentante della
Procura generale presso questa Corte.
Invero, l’art. 70, comma secondo, cod. proc. civ.,
quale risultante dalle modifiche introdotte dall’art. 75
del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con
modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 98, prevede
che il pubblico ministero «deve intervenire nelle cause
davanti alla Corte di cassazione nei casi stabiliti dalla
legge». A sua volta l’art. 76 del r.d. 10 gennaio 1941, n.
12, come sostituito dall’art. 81 del citato decreto-legge
n 69, al primo comma dispone che «Il pubblico ministero
presso la Corte di cassazione interviene e conclude: a) in
tutte le udienze penali; b) in tutte le udienze dinanzi
alle Sezioni unite civili e nelle udienze pubbliche dinanzi alle sezioni semplici della Corte di cassazione, ad eccezione di quelle che si svolgono dinanzi alla sezione di
cui all’articolo 376, primo comma, primo periodo, del codice di procedura civile». L’art. 376, primo comma, cod.

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MOTIVI DELLA DECISIONE

proc. civ. stabilisce che «Il primo presidente, tranne
quando ricorrono le condizioni previste dall’articolo 374,
assegna i ricorsi ad apposita sezione che verifica se sussistono i presupposti per la pronunzia in camera di consi-

Infine, l’art. 75 del già citato decreto-legge n. 69
del 2013, quale risultante dalla legge di conversione n.
98 del 2013, dopo aver disposto, al primo comma, la sostituzione dell’art. 70, secondo comma, del codice di rito, e
la modificazione degli artt. 380-bis, secondo comma, e
390, primo comma, del medesimo codice, per adeguare la disciplina del rito camerale alla disposta esclusione della
partecipazione del pubblico ministero alle udienze che si
tengono dinnanzi alla sezione di cui all’art. 376, primo
comma, al secondo comma ha stabilito che «Le disposizioni
di cui al presente articolo si applicano ai giudizi dinanzi alla Corte di cassazione nei quali il decreto di fissazione dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio
sia adottato a partire dal giorno successivo alla data di
entrata in vigore della legge di conversione del presente
decreto», e cioè a far data dal 22 agosto 2013.
Orbene, il Collegio rileva che l’esplicito riferimento
contenuto sia nell’art. 76, comma primo, lett. b), del
r.d. n. 12 del 1941 (come modificato dall’art. 81 del decreto-legge n. 69 del 2013), sia nell’art. 75, comma 2,

glio».

citato, alle udienze che si tengano presso la Sesta sezione (e cioè quella di cui all’art. 376, primo comma, cod.
proc. civ.), consenta di ritenere non solo che la detta
sezione è abilitata a tenere oltre alle adunanze camerali

tengono presso la stessa sezione non è più obbligatoria la
partecipazione del pubblico ministero. Rimane impregiudicata, ovviamente, la facoltà dell’ufficio del pubblico ministero di intervenire ai sensi dell’art. 70, terzo comma,
cod. proc. civ., e cioè ove ravvisi un pubblico interesse.
Nel caso di specie, il decreto di fissazione
dell’udienza odierna è stato emesso in data 25 settembre
2013, sicché deve concludersi che l’udienza pubblica ben
può essere tenuta senza la partecipazione del rappresentante della Procura generale presso questa Corte, non avendo il detto ufficio, al quale pure copia integrale del
ruolo di udienza è stata trasmessa, ravvisato un interesse
pubblico che giustificasse la propria partecipazione ai
sensi dell’art. 70, terzo comma, cod. proc. civ.
2. Nel merito, con il primo motivo di ricorso i ricorrenti denunciano vizio di omessa motivazione, dolendosi
del fatto che la Corte d’appello non abbia esaminato attentamente le deduzioni contenute nell’atto introduttivo
del giudizio di equa riparazione, atteso che negli allegati erano contenute tutte le indicazioni necessarie per una

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anche udienze pubbliche, ma anche che alle udienze che si

completa ricostruzione dello svolgimento del giudizio presupposto, che si era articolato in un primo grado durato
oltre tre anni e dieci mesi e in un grado di appello protrattosi per circa sei anni e tre mesi.

zione o falsa applicazione dell’art. 738 cod. proc. civ.,
rilevando che, quand’anche nell’atto introduttivo non fosse stata contenuta una compiuta ricostruzione del giudizio
presupposto, la Corte d’appello avrebbe dovuto attivare i
propri poteri officiosi e acquisire i documenti necessari,
anche ai sensi dell’art. 3, comma 5, della legge n. 89 del
2001, essendone stata fatta esplicitamente richiesta
nell’atto introduttivo.
3. Il ricorso è fondato.
Invero, se può convenirsi con la Corte d’appello sul
principio che, «in tema di equa riparazione ai sensi della
legge 24 marzo 2001, n. 89, pur essendo astrattamente possibile individuare gli standard di durata ragionevole per
ogni fase e grado del processo, vale, comunque, il principio della unitarietà del procedimento. Ne consegue che, ai
fini della determinazione dell’indennizzo spettante a chi
abbia sofferto l’irragionevole durata di un processo, il
termine decorre dalla introduzione del giudizio presupposto fino alla proposizione della domanda di equa riparazione, non potendo la parte scegliere di esperire il rime-

Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano viola-

dio predisposto dalla legge n. 89 del 2001 limitatamente
ad una singola fase processuale che si sia protratta oltre
lo standard di durata ritenuto ragionevole» (Cass. n.
15974 del 2013; Cass. n. 23506 del 2008), è altrettanto

corrente non era formulata in modo tale da evitare che la
minor durata del giudizio di primo grado rispetto a quella
ragionevole non concorresse nella determinazione della durata complessiva del giudizio presupposto.
Infatti, come dedotto dai ricorrenti, nel giudizio di
equa riparazione erano stati indicati gli elementi identificativi del giudizio presupposto nella sua complessità;
elementi dai quali emergeva chiaramente che il giudizio
presupposto aveva avuto in primo grado una durata superiore a tre anni, sicché deve escludersi che la limitazione
della domanda di riparazione al grado di appello fosse orientata al fine di non ridurre il segmento di irragionevole durata per effetto della minor durata del giudizio di
primo grado.
Sussiste, dunque, il denunciato vizio di motivazione,
anche in considerazione del rilievo che i ricorrenti avevano nel giudizio di equa riparazione formulato istanza di
acquisizione ai sensi dell’art. 3, comma 5, della legge n.
89 del 2001.

vero che, nel caso di specie, la domanda della parte ri-

Il ricorso va quindi accolto e il decreto impugnato
cassato, con rinvio alla Corte d’appello di Salerno, la
quale, in diversa composizione, provvederà a nuovo esame
della domanda e alla regolamentazione delle spese del giu-

PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso;
gnato e rinvia,

cassa il decreto impu-

anche per le spese del giudizio di legit-

timità, alla Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
VI-2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il
9 gennaio 2014.

dizio di legittimità.

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